1987 dicembre 6 C’è già chi si arrende

1987 dicembre 6 – C’è già chi si arrende
Corrotti d’Italia, l’Italia s’è desta. Non se ne può più di pubbliche tangenti, di appalti truccati, di
finanziamenti occulti ai partiti, di una vita economica letteralmente taglieggiata al sud come al nord,
nei santuari mafiosi come nelle opulente città del Nordest. Un tributo clandestino, una manomorta di
stampo feudale inflitta all’era tecnologica. Non è una questione soltanto morale, né tantomeno
moralistica. È un problema politico che va al cuore della democrazia. Certo, non si tratta di un male
esclusivamente italiano, ma ha assunto nel nostro Paese dimensioni di eccezionale portata, come
risulterà dall’inchiesta che pubblichiamo da oggi. Di fronte al quotidiano scandalo, si avvertono qua e
là rischi di assuefazione o di resa. Si sostiene che la società ha i politici che merita, se si ruba in privato
perché no in pubblico? Altri avallano la curiosa tesi secondo la quale chi incalza i politici per un
maggiore senso dello Stato e una minore libido di denaro farebbe del qualunquismo. Primo. Se i codici
distinguono tra pubblico ufficiale e cittadino, chi raccoglie la delega popolare ha potere di
rappresentanza pari al dovere di gestirla correttamente. Secondo. Proprio il qualunquismo è il migliore
alleato dei corrotti, ai quali sta benissimo che si generalizzi, che si faccia di ogni erba un fascio, che
non si precisi la denuncia, perché sono queste le premesse dell’impunità personale. Quando tutti sono
colpevoli, nessuno pagherà. Ministro in carica, Signorile propose di legalizzare la tangente. E si chiede
anche di portare a 14 milioni netti l’indennità mensile ai parlamentari per toglier loro la tentazione di
imporre la cresta sugli affari. Le due proposte, spregiudicata la prima rassegnata la seconda, finiscono
con il dichiarare l’ineluttabilità della tangente, dando per provata la morte fino a ieri presunta dell’etica.
C’è una corruzione capillare e diffusa, che s’intreccia dalla periferia, contro la quale hanno finora fatto
argine soltanto i giudici, che oggi rischiano di pagare anche per il disturbo arrecato al manovratore. È
tempo che, accanto alla repressione colpo su colpo e alla denuncia dei ricattati dal sistema, si attivino
moderni meccanismi di sutura in grado di rendere la vita tecnicamente più difficile alla corruzione. Le
Istituzioni si riformano a cominciare da qui, snidando la compravendita del potere.
6 dicembre 1987