1987 novembre 26 Veneziani troppo pazienti
1987 novembre 26 – Veneziani troppo pazienti
Un metro e 37 centimetri, un’altra misura entra nella classifica a rischio di Venezia. L’acqua alta di
martedì è stata forse provocata dalla Provvidenza per ricordare agli smemorati quanto scandaloso sia il
dilemma tra disinquinamento e difesa dal mare, tra interventi di ricupero e opere fisse, come se la
salvezza fisica della Città non fosse l’unica condizione in grado di garantire tutte le altre. In questa Città
senza Governo, dove anche gli spiccioli di un’impresa pluriennale e ultramiliardaria vengono utilizzati
per condizionare il poco più che per accertare il molto, l’acqua alta ha una sua violenza trasversale,
politica. Perché disarma i bizantinismi; perché segnala storicamente la persistenza del «non fare». Gli
olandesi hanno vinto il loro mare, Londra ha imbrigliato il suo fiume: la sfida di Venezia a se stessa è la
più delicata al mondo, ma non può partire sconfitta. Perché la grande lezione di questa Città e di questo
popolo si chiama da secoli equilibrio, mediazione dei contrasti anche naturali, senso del nuovo. Anche il
suo eroe si esprime nel viaggio, nell’esplorazione, nell’orizzonte. Prima che una vocazione politica, un
istinto culturale a pensare in grande. L’acqua alta è il segno del pericolo, il ricorrente monito a porre
mano al genio dell’uomo e alla sua tecnologia per salvare la Città e trasformarla in una capitale dei beni
che non si pesano a tonnellate. Agli amministratori, che gestiscono per conto dei veneziani un progetto
italiano e per delega degli Italiani una speranza del mondo, non si chiede di trasformarsi dalla mattina
alla sera in tanti ingegneri del mare; si domanda di usare la stessa accanita abilità del ricupero di recenti
«tesori» per uscire dal fatalismo della mediocrità. Non basta una Legge speciale dello Stato; ci vuole un
patto speciale della Città per fermare il degrado della sua classe politica. In due anni cosa ha fatto la
Regione per disinquinare: poco, anzi nulla. Né è immaginabile che le acque alte si possano risolvere con
l’acqua pulita al posto dell’acqua sporca! Il problema è unitario e richiede il ripudio dell’egoismo di
partito o di corrente prima che lo Stato decida di fare da solo trasformando la Città in custode di cantieri.
L’acqua alta non è un problema solo idraulico. È un saccheggio umano, che umilia la casa, il lavoro,
l’igiene, la qualità del vivere soprattutto della gente socialmente più debole. O si pensa, con qualche
passerella da sud-est asiatico, di esorcizzare all’infinito la pazienza di Venezia e dei suoi fin troppo
pazienti abitanti?
26 novembre 1987