1988 giugno 29 Una nuova cultura

1988 giugno 29 – Una nuova cultura
Da Udine a Trieste i movimenti escono a pezzi
Il Friuli – Venezia Giulia ha fatto le cose più in fretta che altrove: i socialisti sono il secondo partito,
hanno superato il Pci. Meno di dieci anni fa, nel 1979, i comunisti erano al 23,6% mentre il Psi
otteneva il suo minimo con il 7,6%. La sinistra non è più quella.
I socialisti diranno ora che non sta scritto da nessuna parte che la guida della Regione debba per diritto
appartenere alla Dc, ma ci sono altri elementi da non trascurare: la «balena bianca» ha ricuperato ogni
stanchezza con un balzo di quattro punti rispetto all’amaro 1987. Senza contare che il suo giovane
leader, il quarantottenne della Bassa, Adriano Biasutti – più vicino a Goria che a De Mita – ha
polverizzato ogni record con 37 mila preferenze.
Con queste premesse, è forse più realistico ipotizzare un maxi-accordo per governare alla grande,
piuttosto che una forzatura di mero potere. Psi e Dc hanno ottenuto la fiducia degli elettori; adesso se la
meritino. Anche perché del «quarto polo» laico non s’intravede per ora nemmeno l’ombra; anzi, a
ridosso di quest’area progressista, si fa largo l’istanza verde: tirare le somme delle due liste, gli
ambientalisti sono oramai il quarto partito, con punte del 9,3% a Udine città.
Il Friuli – Venezia Giulia si è praticamente liberato anche di un’anomalia: il voto fortemente
autonomista, sia friulano che triestino. Alcune domande dei «movimenti» hanno avuto risposta, vedi
l’Università per Udine o il riconoscimento della condizione di «particolare sfavore» per l’area di
Trieste.
E, soprattutto, sta prendendo coscienza anche tra la gente la «cultura Alpe-Adria», un’istituzione che –
dai tempi del veneto Tomelleri e del friulano Comelli – ha via via rovesciato il senso
dell’emarginazione.
Già approvata dalla Commissione Bilancio, la legge sulle aree di confine ribadisce la specificità della
Regione ma per abbatterli i confini, non certo per enfatizzarli. A tre ore di autostrada da Monaco,
puntando sugli accordi bilaterali con Slovenia, Carinzia, soltanto qualche tardigrado può immaginare
tanto il Friuli quanto Trieste come corpi separati o separabili, ognuno chiuso all’altro, manipolando
politicamente il sentimento della «piccola patria» o della «mitteleuropa».
Il voto ha detto sì alla continuità e all’attenzione al nuovo; ha detto no agli ultimi fuochi dell’isolamento
e alla linea cifrata di un Partito Comunista ex-comunista e non ancora socialista. Erano attese queste
elezioni, non a torto.
giugno 1988