1989 luglio 16 L’ultima tentazione
1989 luglio 16 – L’ultima tentazione
Un mondo ridicolo, vanesio, senza dignità. Parigi spende 400 miliardi per celebrare l’insopportabile
“grandezza” dei francesi e invita al banchetto i poveracci del Terzo Mondo. I quali accorrono per
racimolare qualche briciola della società opulenta e perché oggi fa immagine anche la fame. Alla festa,
alla festa! La qualità delle cose si misura in miliardi; i Vip vanno e vengono come chincaglieria
dell’“evento”; la smania della mondovisione coinvolge anche le più lucide coscienze. Non fa eccezione
nemmeno Venezia, che eccezione invece è e che, anzi, dovrebbe fare di tutto pur di trasformarsi in un
laboratorio di nuova cultura, simbolo di equilibrio ecologico, di tecnologia piegata all’armonia, di idee
misurate sull’uomo. No, questa non è utopia; chi ci crede non s’imparenta con i ruderi del passato. Il
futuro sarà rispettoso o non sarà; da questa parte stanno i progressisti veri mentre i finti progressisti
della “promozione”, del “look”, dell’affarismo e del “c’ero anch’io” sono reazionari della specie più
raffinata. E il caso-Venezia supera le nostre angustie provinciali o regionali; rappresenta molto di più
perché ha forza esemplare, può aiutarci a capire un sacco di cose che riguardano, contemporaneamente,
il destino di intere generazioni e la qualità del vivere quotidiano. Ma che razza di… post-moderno
stiamo mai organizzando se non siamo capaci di piegare nemmeno un carnevale o un concerto rock alle
pietre che durano con noi? I Pink Floyd sono bravissimi e ogni volta che una telecamera s’accende su
Venezia non può che trasmettere magia. Ma non è questo il punto, e giorno per giorno abbiamo tentato
di ricordarlo a noi stessi, a chi amministra, a chi tutela la sicurezza. Occorrono misure eccezionali
sennò è meglio rinunciare (Roberto Pugliese); non esiste un congegno di gestione della città (Sandro
Meccoli); non ha senso caricare di un’overdose di pubblico la festa popolare del Redentore (Massimo
Cacciari). Ma il tam tam delle “date storiche” ha ridicolizzato la riflessione e la domanda di ferree
garanzie. Vicepresidente del consiglio, il venezianissimo De Michelis ritiene che qualsiasi innovazione
sia di per sé commendevole; l’azienda veneziana di promozione turistica ignora che i Pink Floyd
traggono da Venezia soltanto vantaggi mentre Venezia ha raccolto soltanto panico; la giunta comunale
veneziana prima approva, poi obietta a titolo personale, quindi se ne lava pilatescamente le mani
scaricando ogni responsabilità su prefettura e questura; infine, la sovrintendenza ai beni culturali di
Venezia inchioda per quattro giorni le nostre cronache e i resoconti degli inviati di tutta Italia su una
questione di qualche decibel, dimostrando per la prima volta al mondo che persino una asettica unità di
misura di intensità sonora può essere politicamente strumentalizzata. Questa è la Venezia che conta.
Ventitré Paesi d’Europa hanno televisto qualcosa di unico; la Rai ha investito benissimo un milione di
dollari; il poeta futurista Marinetti avrebbe scagliato nel cielo un’ode per cantare tralicci e suoni, quel
rock metafisico miracolosamente emerso dalla laguna più fragile del pianeta. Ciò che la Mondovisione
non ha potuto mostrare è l’altra Venezia, “il lato oscuro della luna” direbbero i Pink Floyd, una città
sgovernata, smarrita, espropriata e abusata, che per imprevidenza è costretta a vedere nemici anche nei
giovani. Questo è il tempo dell’ambiente, e Venezia sperimenta uno straordinario ecosistema; è tempo
della cultura, e Venezia la custodisce. Quando i Signori di Venezia cominceranno ad amministrare le
vocazioni della città invece di solleticarne le lucrose tentazioni?
16 luglio 1989