1989 ottobre 29 Ma cè un limite
1989 ottobre 29 – Ma c’è un limite
Ha sostenuto che Shakespeare era arabo; si è offerto di salvare Venezia; due mesi fa a Belgrado ha
proposto di trasferire gli ebrei in Alsazia o in Lorena, in Alaska o a Mosca. «Al Qaid» il Capo di
Tripoli, è un caso tragico, non serio.
È tragico che rappresenti uno Stato in una delle aree più nervose del mondo. Non è serio che, per
opportunismo tipicamente occidentale, di tanto in tanto lo si consideri pentito. Il Colonnello è
inaffidabile, e i primi a saperlo sono gli arabi che da anni si sottraggono all’abbraccio mortale dei suoi
progetti di «unità».
C’è chi sostiene che il Colonnello non può credere a ciò che afferma, ma c’è chi teme che ci creda
davvero. Noi siamo propensi a immaginare che sia più irresponsabile che furbo: soltanto così si
possono inquadrare le sue dichiarazioni al Tg2.
Dell’italiano ammazzato perché italiano non ne sapeva nulla e, semmai, era una questione di pura
polizza. «Spero che sia assicurato sulla vita», ha detto con tono liquidatorio quello che si autoproclama
«il faro dell’Islam».
Forse, indignarsi è sbagliato perché si finisce con il dar peso alle parole di chi ha potere non autorità.
Forse, occorre ricordare Roland Barthes quando definisce il linguaggio un parassita degli uomini, che
lo usano secondo convenienza. Il fatto è che qui le parole nascondono fatti, e i fatti vite di persone in
carne e ossa, destini di gente che viaggia il mondo per lavoro, proprio come quei tremila italiani che
condividono in Libia quanto s’attendeva Roberto Ceccato.
Ha ragione Andreotti: la politica di Tripoli è «paradossale»; ha ragione De Michelis: non si mandano le
cannoniere come agli inizi del secolo. Ma non si può accettare che un Capo di Stato faccia dello spirito
su un omicidio: c’è un limite anche al cinismo della diplomazia.
ottobre 1989