1991 dicembre 1 Miliardi & Padrini. Meno male! Archiviata l’area metropolitana

Testata: GAZZETTINO
Edizione: PG
Pagina: 1
Data: 01/12/1991
Autore: Giorgio Lago
Tipo:
Argomento: AREA METROPOLITANA, AREA METROPOLITANA
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Descrizione:
Titolo: MILIARDI & PADRINI. Meno Male! Archiviata l’area metropolitana
di Giorgio Lago

Il Veneto voleva l’Esposizione Universale del 2000, Venezia no; Venezia voleva un’area metropolitana
tutta sua, il Veneto no. Quando il Veneto e il capoluogo di Regione non si raccordano, i progetti vanno
in fumo: la constatazione vale a prescindere dai giudizi di merito sia sull’Expo che sull’area. L’Expo
poteva essere un’ottima idea soltanto a due ferree condizioni, nessuna delle quali fu garantita. La
prima: non doveva essere gestita come una questione personale di Gianni & Cesare De Michelis; la
seconda: doveva fare serenamente i conti con la diffidenza di un’orda di progettisti sempre riluttanti a
spiegare fino in fondo il come e il quanto degli interventi sulla città più impalpabile del mondo. L’area
metropolitana, con 1.0001.200 miliardi d’investimento in base alla legge, poteva avere un senso se
corretta e forzata fino a coincidere con il Veneto triangolare di VeneziaPadovaTreviso. Se esiste
un’area singolarmente «metropolitana» nel Veneto, questa è soltanto Verona, come osservò un
socialista di Padova, l’on. Testa; l’unica alternativa a Verona era dunque la città diffusa, tre province
centrali fisicamente interconnesse. Nossignori. Dopo due anni di dibattiti, convegni, tavole rotonde di
eccezionale vigore masturbatorio, l’area metropolitana si rintanò nella sua versione microveneziana,
cioè il comune di Venezia e qualche comune della gronda lagunare, un po’ per concentrare nuove
risorse dove meno si fa; un po’ per dare il contentino a Mestre (quasi 200 mila abitanti, con il 42% di
«separatisti» rispetto alla Venezia insulare) attraverso nuove burocrazie. Nel fallimento generale della
legge sulle aree metropolitane, è un buon segno che il Veneto – da Cremonese a Carraro – si distingua
ora per aver fatto il vuoto attorno all’ipotesi microveneziana. Anche se il problema numero uno sarà a
questo punto di ricuperare quelle decine di migliaia di miliardi, e altre, alle finanze dei Comuni italiani.
«Nelle nostre città medie – sostiene il sindaco di Padova Giaretta – ogni lira investita ha un ritorno
immediato, che può essere verificato. Come sono stati utilizzati invece 4.000 miliardi nella grande
Palermo? Metà mai spesi, metà mal spesi: risultato zero». Nel Nordest sono radicatissimi il
policentrismo e l’autonomia di regioni, province e città, ma «oggi si rischia – come avverte il prof.
Ettore Bentsik, presidente della Cassa di risparmio di Padova e Rovigo – di vivere tutti peggio perché

ogni città tende a rinchiudersi in se stessa e riduce il nostro policentrismo alla vecchia teoria secondo la
quale la cosa più importante è trovare un padrino politico a Roma». Altro che meschine baruffe
metropolitane per arraffare qua e là i miliardi del sottogoverno, con il solo assillo di scoprire chi conta
di più tra Bernini e De Michelis nel Palazzo romano o se conterà presto quanto loro anche Biasutti,
emergente dal FriuliVenezia Giulia. Se aspirano a diventare un sistema integrato, il Veneto e l’intero
Nordest hanno bisogno di liberarsi dall’insopportabile campanilismo. Nel momento in cui nessuno
può più fare da solo, e mentre lo Stato non ha più una lira o quasi, gli egoismi sono costosissimi per la
collettività e lucrosi soltanto per i ceti parassitari. Smettiamola di dare in appalto a un pugno di piccoli
ras la società e il resto.
dicembre 1991