1991 gennaio 21 La guerra dei cattolici
1991 gennaio 21 – La guerra dei cattolici
La guerra espone le coscienze, mette allo scoperto il sottosuolo di un Paese. È quanto sta accadendo in
Italia, clamorosamente, soprattutto tra i cattolici. Ai benpensanti della politica e ai guerrafondai
dell’informazione fa comodo credere che il pacifismo sia tutto comunista o verde. Fingono di non
vedere che alla testa del no alla guerra camminano il Papa, i vescovi, i preti, l’associazionismo
cattolico. Persino il grido profetico – così poeticamente turoldiano – di David Maria Turoldo viene
scavalcato dagli appelli in senso stretto politici del mondo cattolico. Contro la guerra si afferma una
neutralità di pace. Prelati sfilano assieme a cartelli di un frusto anti-americanismo del tipo: «Né con
Saddam né con Bush». Si rifiuta la teologia della «guerra giusta»; si alimenta l’obiezione militare.
Nelle chiese, a cominciare dal Veneto e dal Friuli, vengono distribuiti volantini contro lo
«sfruttamento» dei Paesi poveri da parte del mondo industrializzato; dai pulpiti prende corpo, sui tema
della guerra, il documento che in questi anni il Papa polacco ha lanciato per il superamento tanto del
marxismo quanto del capitalismo, sia dello schiavismo comunista sia dello sviluppo occidentale.
Odioso il primo, egoista il secondo. È una vera rottura con il passato; la fine della moderazione; il
Vangelo interpretato alla lettera. Una concezione della pace che, per radicalismo, non si scosta molto
dalla «teologia della liberazione» di tanto clero sudamericano di fronte alla guerriglia contro regimi
autoritari, di destra. Dopo avere incalzato la politica sul fronte etico, la Chiesa scuote ora i cattolici
sulla pace, a costo di provocare in non pochi imbarazzo e sbandamento. Quei cattolici che ritenevano la
guerra e la pace un territorio della politica, cui destinare soltanto la preghiera, avvertono di colpo una
chiamata diretta, scomoda, coinvolgente, di fede applicata. Il governo a guida democristiana si
barcamena non a caso tra mille ambiguità, con i Mastella e i Forlani in prima linea a confondere le
acque nel maldestro e patetico tentativo di evitare la parola «guerra» fino a parlare dei nostri soldati nel
Golfo come se si trattasse di vigili urbani. In Parlamento, il sì al nostro intervento militare ha registrato
nel partito dei cattolici significative astensioni di coscienza e soprattutto un malcelato malessere. Il
leader del Movimento Popolare, Formigoni, usa sistematicamente toni sprezzanti nei confronti del
ministro degli Esteri, il «falco» socialista De Michelis. Il settimanale vicino a Comunione e
Liberazione, il «Sabato», pubblica la sua prima intervista a Occhetto che vi ratifica la totale adesione
alle tesi del Papa. Sul terreno dei valori, la Chiesa trasforma l’Italia in un avamposto. E ciò avviene nel
momento di disagio istituzionale, di frantumazione politica, di usura delle parole alle quali ha fatto
riferimento l’intero nostro dopoguerra. Oggi è più importante segnalare il fenomeno che trarre
conclusioni. Fin d’ora si può affermare che la guerra ha chiuso anche una stagione del consenso
cattolico e che l’ecumenismo della Chiesa accelera l’autonomia dei cattolici dai giochi di partito.
Quando la Chiesa impugna il Vangelo come un’arma, più che come un breviario di pie opere e di
perbenismo, tutto diventa drammaticamente scomodo e apre ferite. Una svolta che non lascia
indifferenti nemmeno i laici e che produrrà effetti anche dopo la conclusione della crisi del Golfo.
21 gennaio 1991