1992 gennaio 10 Era ora
1992 gennaio 10 – Era ora
Dopo aver mandato giù rospi grossi come buoi; abusato del voto di fiducia; tirato per la giacca quel
po’ di Parlamento, Giulio Andreotti si è arreso. Ha finalmente chiesto di uccidere una legislatura già
morta, da mesi impegnata nei saldi di stagione.
Per non esorbitare dai poteri costituzionali, il Capo dello Stato aveva preteso da Andreotti la pezza
giustificativa dello scioglimento delle Camere. Ora che l’ha ottenuta, può indire senza indugio le
elezioni.
Perdere altro tempo sarebbe disastroso in un clima di fuggi fuggi generale dalle responsabilità. Con
ministri (Ruffolo e Conte) che non sanno nemmeno cosa decide il Governo su problemi di loro
primaria competenza e ministri (Di Lorenzo) che senza battere ciglio incassano accuse di falso in Tv.
Le elezioni possono addirittura complicare la crisi e render ancora più ingestibile il Parlamento, ma
non abbiamo scelta. Non resta che accelerare la strada verso le riforme; procedere a marce forzate
verso la resa dei conti con chi saprà cambiare e chi no. Forse, prepareremo con il voto di primavera
una legislatura destinata a durare pochissimo: una ragione in più per riflettere, per non arrendersi al
risentimento, per difendere la democrazia dalla partitocrazia e dai mestatori dello sfascio.
“Governare non è asfaltare” si diceva; in questa Italia sta diventando proibitiva anche l’ordinaria
amministrazione. All’apertura dell’anno giudiziario, il procuratore generale della Cassazione ha
affermato ieri che la giustizia non soltanto non ce la fa ad affrontare il fenomeno della delinquenza
ma manifesta la paralisi pressoché totale perfino del processo civile. E il Tribunale di Venezia,
capoluogo del Veneto, è costretto a chiudere per lo stato di disperante abbandono da parte delle
Istituzioni.
Prepariamoci a un voto quasi eroico, di resistenza civile.