1992 ottobre 11 L’abiura
1992 ottobre 11 – L’abiura
E’ una bellissima domenica. I giudici continuano a mettere in galera i grandi ladri; i giovani non
smettono di credere nella politica. Altro che pessimismo.
In 55 minuti Mario Segni ha raccolto 56 applausi. Che cosa avrà mai detto di tanto straordinario
questo figlio della provincia italiana, un cattolico che rispetta la piena laicità dello Stato e che non si
piega al dogma dell’unità?
Ha detto che la Repubblica e gli stessi cattolici sono stati traditi. Che la riforma elettorale “cancellerà
l’attuale panorama dei partiti”. Che gran parte “della classe dirigente e dell’apparato sono
irrimediabilmente condannati”. Che Martinazzoli, neo-segretario di una Dc bacata, non ha più
alternative: deve rompere “nettamente e inequivocabilmente con il passato, con la sua linea politica
e istituzionale, con i suoi uomini”.
Più duro e chiaro di così non si può. Segni non ha deluso, proprio perché ha ratificato la svolta. I
“Popolari per la riforma” parlano sul serio: promettono di non farsi né deroteizzare né caramellare
dalla sinistra democristiana.
Per noi, questa è musica. Dimostra che si può. Si può sfruttare la fatica della libertà, finalmente
piovutaci addosso dal 1989, per mandare a casa le sanguisughe del potere. Qui lo si è detto più volte:
un processo durissimo, ma già delineato.
A patto che nella Dc come a sinistra, tutti si rendano conto che il voto li attende inesorabilmente al
varco. Chi si ferma è davvero perduto. Non per nulla Segni, a costo di tuffarsi nella retorica, ha sentito
il bisogno di lanciare quel perentorio “ non ci fermeremo e non ci fermeranno”.
Perciò l’unanimità con la quale la Dc ha candidato Martinazzoli alla segreteria rappresenta un
inganno, non una prova di forza. Una palla al piede di cui Martinazzoli dovrà liberarsi alla svelta. La
Dc di Gava, Pomicino, Forlani, De Mita non può essere la stessa di Segni. Né quella confraternita di
riformatori che escluse proprio Segni dalla commissione bicamerale per le riforme!, può guidare
l’abiura del passato.
I De Gaulle non li abbiamo. Questo Parlamento sa di rappresentare l’ultimo atto del sistema. Per un
eccesso di distinzione rispetto a Cossiga, Scalfaro ha ammutolito il Quirinale. Mai l’Italia ha disposto
di così esigue risorse per dominare una crisi che è prima politica poi sociale, infine economica.
Finora Bossi ha vissuto di rendita sulla protesta e, forse, nemmeno lui conosce il fenomeno Lega! Un
sacco di voti li ha presi per quanto rappresenta, non per quel che dice e pensa. Sulla paralisi dei partiti
Bossi ha potuto costruire il monopolio della “rottura totale” con il sistema, quella che ieri a Roma
Segni ha lanciato ma nel nome della responsabilità e di una alleanza tra quanti vogliono tenere
assieme questo Paese. Con autonomie molto forti, ma assieme.
Purtroppo il Nordest è la roccaforte sia di Segni che della Lega. Non si potrà mai dire che questa sia
un’area rassegnata; qui, nel confronto tra Lega e Segni, si gioca la prima, vera grande partita del
cambiamento. La sinistra lo sa?