1993 maggio 28 Il vecchio che non muore
1993 maggio 28 – Il vecchio che non muore
A Roma non fu strage per puro miracolo; a Firenze lo è stata forse oltre il calcolo. Ci ha detto il giudice
Ivano Nelson Salvarani: «Non è terrorismo di destra o di sinistra, ma stragismo delle istituzioni
inquinate». Lo pensiamo in tanti e allora la domanda cruciale diventa proprio questa: dove nasce la
diffusa convinzione che i poteri criminali trovino alleati nel sistema o, addirittura, si identifichino con
esso? Nasce dall’esperienza, e dalla posta oggi in gioco; dalla storia degli ultimi vent’anni, e dal
travaglio che il nostro Paese sta vivendo negli anni ‘90. Una miscela che mette a durissima prova il
futuro non essendo mai riusciti a decifrare quel passato di misteri. Convivono un’Italia decrepita e
un’Italia allo stato nascente. Quell’Italia alla mercé di poteri senza volto e questa Italia che ha una
voglia pazzesca di ritornare all’aria aperta. Continuano con le bombe per una ragione molto semplice:
finora gli è sempre andata bene. Sono riusciti a farla franca; hanno depistato l’opinione pubblica; hanno
giocato sulla paura con la razionalità di chi non bada alla conta né dei morti né dei traumi civili. A
Roma, è tutt’altro che chiaro se l’obiettivo dell’attentato fosse o no Maurizio Costanzo. Ma a Firenze è
chiarissimo che il bersaglio non era certo quella povera famiglia colta nel sonno di una camera
qualunque. La bomba di Firenze non si domandava nemmeno il chi e il quanto delle possibili vittime.
Era una bomba contro tutti, dunque contro la città, contro il tessuto dell’intero Paese. Negli ultimi anni
sono cresciuti i poteri forti dell’illegalità. Hanno trafficato con tutto e su tutto, dalle armi alla droga ai
voti. Si sono messi con le varie mafie; hanno speculato e si sono arricchiti, trovando sempre e a buon
mercato anche pezzi di Stato pronti a coprirli. Non è fantapolitica, né dietrologia, né teorema, ritenere
che questa Italia deviata sia l’unica a sperare nelle bombe per fermare il tempo.
28 maggio 1993