1993 maggio 30 Quando tutto è fermo
1993 maggio 30 – Quando tutto è fermo
Gli osservatori più attenti temevano il colpo di coda del sistema, gli investigatori, le alleanze
criminali. Tutto si è puntualmente verificato confermando che, pur non avendo nulla da spartire con
il separatismo di tipo irlandese o basco, l’Italia resta un paese a rischio terroristico.
Dal 1969 ad oggi, è stata una mattanza. Ieri sembravamo l’Uruguay dei tupamaros, oggi ricordiamo
la Colombia dei narcos. Con la peculiarità tutta nostrana dei misteri durissimi a morire.
Ci siamo abituati a vivere con l’indeterminatezza dei fatti nel Paese delle mezze verità. Non possiamo
non ricordare che due orrori degli anni ’80, stazione di Bologna e Dc9 dell’Itavia, fecero scrivere ai
giudici che la disinformazione e il depistaggio erano in entrambi i casi riconducibili al Sismi (Servizio
per le informazioni e la sicurezza militari), anzi al cosiddetto “Super-Sismi”, cioè al suo
inquinatissimo vertice, allora monopolio della loggia segreta P2.
Per capire fino in fondo quel grado di interferenza, basta un episodio. In una circolare del 1978, Licio
Gelli scriveva ai suoi aspiranti piduisti: “Qualora ella dovesse aver interesse a ricevere più ampie e
dettagliate notizie sulla nostra situazione, potrà – a decorrere dal 10 settembre dalle 15 alle 19 di ogni
giorno – telefonare al numero 49.59.347 di Roma, dove una persona le fornirà ogni altra
delucidazione che elle intendesse ricevere”. Ebbene, il numero corrispondeva nel 1978 al Ministero
della Difesa. Raggruppamento Unità difesa del Sismi, in piazza Barberini 5.
Veniamo da una storia che non ha paragoni in Europa, perché in Italia l’ossidazione del potere e degli
apparati ha superato ogni livello di guardia. Quando tutto resta immobile, le complicità tendono a
perpetuarsi nonostante l’abnegazione delle forze dell’ordine e di tanti magistrati.
Contro Cosa Nostra serve investigare anche in casa nostra: lo Stato. La perversione di chi sceglie gli
Uffizi come bersaglio può ripetersi altrove. Dobbiamo saperlo.