1994 marzo 6 Ma non è una cosa seria
1994 marzo 6 – Ma non è una cosa seria
Esattamente due anni fa ci capitò di scrivere che, in vista delle elezioni politiche del 5 aprile, Umberto
Bossi si sarebbe potuto concedere una vacanza alle isole Maldive. Tanto, la campagna elettorale
gliel’avrebbero servita su un piatto d’oro massiccio i suoi stessi avversari. Più parlavano le maschere del
vecchio regime e più la Lega Nord incamerava giustamente voti: un travaso automatico, dove la protesta
popolare coincideva con la legittima difesa. Adesso succede il contrario. Come spesso – anche se non
sempre – accade, le rivoluzioni divorano i rivoluzionari. Soprattutto quelli che patiscono la sindrome da
palco: quando non trovano un “nemico” contro cui puntare il dito, soffrono di vertigini, perdono
l’appoggio. Nati per reazione, falliscono l’azione. Nello smuovere montagne di macerie, a volte ci
restano sotto. È il caso di Bossi, che oggi rappresenta una autentica pacchia per il polo progressista. Se
Bossi stesse a Berlusconi come Bertinotti od Orlando stanno a Occhetto, il conto delle lacerazioni
finirebbe pari tra moderati e sinistra. Il fatto è che più il 27 marzo si avvicina, più il leader leghista
sbrindella il “polo della libertà” a tutto vantaggio dei progressisti. L’accordo con Segni non gli andava a
genio, e va bene. Il collateralismo, sia pure a distanza, con Alleanza Nazionale di Fini lo ha spinto a
evocare l’eredità dei partigiani, come non avrebbe fatto nemmeno Cossutta. Ma adesso Bossi, a freddo,
di suo pugno, intima a tutti i segretari di sezione della Lega Nord il “divieto assoluto” di mescolarsi con
Forza Italia. Non solo. Nemmeno i più faziosi e biliosi tra gli avversari di Berlusconi, gli hanno attribuito
una patacca tanto sprezzante: di rubasoldi del Nord al servizio del Sud e del vecchio regime. Questo
scrive Bossi di Forza Italia, l’«alleato». In campagna elettorale, è vero, bisogna saper fare la tara a tutto,
persino agli ordini di servizio. Le parole si gonfiano come zucchero; i febbroni vanno e vengono. E
tuttavia l’opinione pubblica ha il diritto di capire almeno se un “polo” è tale oppure no, se un’«alleanza»
significa qualcosa anche il giorno dopo il voto o se si trasformerà in un duello rusticano appena un minuto
dopo la chiusura delle urne. La questione riguarda tutti, sinistra, destra e centro, anche se i rapporti di
forza mutano a velocità supersonica. Tre mesi fa aveva già vinto Occhetto, un mese fa la partita era in
mano a Berlusconi, fra tre settimane chissà. Oggi sono tutti federalisti: qui la Lega Nord ha già la partita
in tasca. Ma sul liberismo siamo all’abc. Il liberismo è una cosa seria, non il fai da te senza regole. Un
sacco di gente parla di liberismo senza saper nulla né di capitalismo né di socialdemocrazia né di
benessere diffuso quanto la giustizia sociale. Questa resta la vera grande questione in ballo, che richiede
il meglio da tutte le forze in campo, non la piccola, angusta trincea degli egoismi di destra e sinistra.
Occhetto e Fini lo hanno capito benissimo, Bossi no.
6 marzo 1994