1995 dicembre 3 Di cinismo la democrazia può morire
1995 dicembre 3 Di cinismo la democrazia può morire
L’Italia si trova in questa situazione. Ha un presidente della Repubblica che non appartiene a “questa”
Repubblica, ma alla prima, con alle spalle 40 anni di militanza in un partito che non esiste nemmeno
più. Senza dare giudizi di merito, è un dato di fatto che accompagna la transazione.
Il governo è tecnico, e lo è perché la politica non ce la faceva a mettere in piedi un esecutivo. Oltre
che il tecnico, Dini rappresenta un ibrido: ministro di Berlusconi, si trasforma in presidente del
Consiglio mandato giù come un rospo proprio dal Polo che gli diede l’imprimatur in politica.
Il Parlamento assiste. Il presidente della Camera ha precisato con i numeri ciò che sapevamo nella
sostanza: il 98% dell’attività parlamentare consiste nel convertire decreti. Come dire che il Governo
fa anche le leggi, contro ogni regola costituzionale e democratica sulla divisione dei poteri.
In questo delirio di sistema, il Capo dello Stato è diventato troppo importante, il Parlamento troppo
marginale, il governo troppo compromesso. Quando troppi poteri risultano spiazzati, qualunque cosa
faccia anche il potere giudiziario finisce con l’apparire di volta in volta o eccessivo o strumentale.
Il bello è che la magistratura non può ne deve fermarsi. Come potremmo permetterci il lusso di
sbaraccare le inchieste quando ogni pezzo di Stato, da ultimissime le Forze Armate, celano catacombe
di vandalismo pubblico?
La tenuta dell’Italia viene per ora garantita non dalle Istituzioni ma dal lavoro. La maggioranza degli
italiani continua imperterrita a fare il proprio dovere. Nonostante tutto, tiene, lavora, paga le tasse,
spera nell’Europa e in uno scatto di nobiltà della politica