1995 gennaio 2 Via dal ring

1995 gennaio 2 – Via dal ring

Più energico, meno predicatorio. Non ha fatto il pesce in barile; ha affrontato tutte le questioni a
viso aperto. Da quando sta al Quirinale, il miglior Scalfaro, l’ultimo garante in bilico tra la prima e
la seconda Repubblica.

Adesso, tanto per cambiare, gli metteranno cappello da tutte le parti. Visto da destra e da sinistra,
ciascuno sottolineando soltanto ciò che gli conviene.

Lasciamo questa incombenza agli specialisti della disinformazione e restiamo ai fatti. Quella di
Scalfaro è stata una lezione di diritto costituzionale, alla mano, comprensibile a tutti.

Finchè non la si cambia, questa Costituzione va rispettata “fedelmente e totalmente”, a cominciare
dal ruolo del Parlamento e dai compiti del Capo dello Stato. Il Presidente non può inventarsi
politicamente nulla né proporre alcunchè: lo può fare Berlusconi, non lui.

Il Quirinale si deve limitare a verificare la volontà del Parlamento. Se il Parlamento è contrario alle
elezioni, esprima un Governo; ma se non ce la fa, il voto diventa obbligatorio.

A Berlusconi, Scalfaro manda a dire: togliti dalla testa che il Parlamento sia delegittimato soltanto
perché la Lega Nord ha ripudiato la tua maggioranza. Alle opposizioni, dice chiaro e tondo: siete
dei matti se pensate che tocchi a me togliervi le castagne dal fuoco con un Governo senza capo né
coda, mandato allo sbaraglio.

Al Governo Berlusconi non può succedere Scalfaro, questo il punto. Se il Palamento fa cilecca, a
Scalfaro non rimarrebbe che dare la parola al popolo: qui, soltanto qui, la verifica (istituzionale) di
Scalfaro e la proposta (politica) di Berlusconi finirebbero col coincidere.

E’ tutt’altro che una discussione sul sesso degli angeli. Scalfaro ha buttato nella pattumiera del 1994
la tesi di destra secondo cui rispetterebbe la Costituzione solo votando alla svelta, ma ha ricordato a
sinistra che non basta dire no a Berlusconi. Occorre, nel giro di qualche giorno, disporre in
Parlamento di un’altra maggioranza se si vuol governare senza Berlusconi.

Scalfaro tiene duro, anzi durissimo, sulla questione della “par condicio”, che equivale ad affrontare
le elezioni “a pari forze”. Parità che oggi non esiste dopo che alla Fininvest si è sommata in gran
parte la Rainvest. Come in tutte le democrazie occidentali, la televisione va regolata a tutela degli
elettori. E questo s’ha da fare in ogni caso, adesso, subito.

Ma Scalfaro è stato abile nell’evitare a tutti i costi lo scontro. A Berlusconi invece ha rivolto un
robusto appello a lavorare “insieme” per il bene comune, chiedendogli senza mezzi termini “grandi
rinunzie, “momenti di tregua”, “qualche sacrifizio”.

Sinceramente, non sappiamo se basti un messaggio a ridare un minimo di compostezza alla crisi. Se
l’invocazione della Patria possa significare ancora qualcosa per qualcuno. Se il richiamo ai cittadini
d’Italia e ai giovani isolerà i troppi tribuni di serie C. Di sicuro, il Capo dello Stato ha tolto il
Quirinale dal ring, ne ha fatto un luogo di tenuta e di equilibrio in mezzo a tanti tarantolati.

Eravamo scettici sull’impresa. Ci siamo molto volentieri ricreduti.