1995 luglio 30 Sempre sulla difensiva

1995 luglio 30 – Sempre sulla difensiva

Un italiano su cinque vota Pds. L’unico partito che si misura alla pari con Forza Italia.

Il Pds non fa parte della sinistra, nel senso che partendo dal Pds si ottiene una sinistra, non viceversa.
Né l’Ulivo né cespugli vari, né Rifondazione né Ppi potrebbero aggregare una qualche forza politica
senza il Pds.

Tutti lo sanno, non tutti lo riconoscono. E D’Alema non la manda giù, un po’ perché gli rode
caratterialmente, molto di più perché il Pds sente che o prende in mano la situazione oppure
Berlusconi non avrà avversari in grado di competere con lui.

L’Ulivo è moscio, una bella idea che cammina su troppe gambe. Senza contare che il Prof. Prodi
sembra più impegnato a giustificare la sua carriera nella prima repubblica che il programma per
governare la seconda. Il tempo gli toglie smalto.

Un dubbio di fondo inquieta a nostro parere il Pds: se gli convenga lavorare più per sè stesso o per la
coalizione. Per chiarire meglio: se gli renda di più tenere ben salda l’egemonia del Pds sul centro-
sinistra o se, in termini elettorali, funzioni meglio un Pds che quasi si annulla sul gioco di squadra.
Dubbio non da poco, che D’Alema ha risolto a vantaggio della prima ipotesi.

D’Alema di cose ne ha fatte, sul piano simbolico e politico. Ha annunciato la vendita di Botteghe
Oscure, la dismissione della falce e martello, il cambio del nome del partito. Si è proposto come forza
“tranquilla” di governo, ha scelto il federalismo, sostituito Gramsci con Gobetti, imboccato la via
liberal.

A forza di marciare verso il centro, il Pds se ne sente quasi titolare, pensa di aver già meritato tutto.
Ma qui mostra il lato debole.

Berlusconi stracciò la sinistra di Occhetto, che aveva come unico punto del programma la
criminalizzazione di Berlusconi. Quindi un non-programma.

La sinistra ha poi fatto suo il governo presieduto da Dini, ministro inventato da Berlusconi. Ha
candidato come premier Prodi, che fu anche uomo di consolidati potere Dc. In altre parole, la sinistra
ha sempre giocato sulla difensiva.

Soffre di tattica, a scapito della strategia. E questa deve legarsi alle risposte da dare all’elettorato,
punto per punto.

Il centro-sinistra è privo tuttora di confini dunque di programmi definitivi. I primi condizionano i
secondi: ci sarà Bossi? Come conciliare Segni con Rifondazione? Quale patto e con chi farà il Pds?
Il dramma della sinistra resta più che mai la sua indeterminatezza.

Gli italiani hanno fame di soluzioni, di riforme, di misure urgenti. Dobbiamo inventare il mercato,
rivoluzionare lo Stato, aiutare i sindaci, gli imprenditori, i cittadini a ritrovare velocità per
amministrare, produrre ricchezza, tutelare diritti. Abbiamo bisogno di scuola, di formazione, di
investimenti. Necessità di fare giustizia giusta senza favorire la mafia che vuole uccidere la nostra
vita civile e sociale. Necessità di dare fisco giusto, ma finchè il potenziale ministro delle Finanze del
Pds, Vincenzo Visco, rimpiange quello degli anni ’70, quando mai la sinistra risulterà credibile?

Questi sono i veri cespugli che intralciano ancora il Pds. Gli altri sono oramai alibi.