1996 giugno 2 Non siamo belli, né normali
1996 giugno 2 – Non siamo né belli, né normali
Un fantasma si aggira per il Nordest e si materializza attraverso una raccomandazione a prima vista più
che ragionevole: «Ciascuno faccia il suo mestiere». Imprenditori, sindaci, categorie, banche, ricercatori,
insomma quell’attivissimo e scomodo soggetto che qui si chiama opinione pubblica di massa sarebbe
consigliabile che restasse al suo posto. Tutti buoni, a cuccia, senza tanto smaniare nel nome del
cambiamento. In tempi normali, le cose dovrebbero funzionare proprio così, non c’è dubbio. Le imprese
che producono, i sindaci che amministrano, le categorie che lavorano, le banche a sostegno, la ricerca e
le università che favoriscono l’innovazione. Vietato invadere il campo altrui. In più, anzi in premessa, la
bella politica come direbbe Veltroni. Il parlamento davvero sovrano, il governo in grado di decidere, lo
Stato garante dell’amministrazione pubblica, il ceto dirigente consapevole di essere al servizio del
cittadino. Bello, no? Purtroppo le cose stanno molto diversamente. Non siamo né belli né normali, il
sistema è ingolfato e si regge su una burocrazia talmente ostile alle riforme da sembrare l’unica razza
padrona d’Italia. Padrona persino della politica che, almeno, non gode di impunità, di inamovibilità e di
ingiudicabilità da parte degli elettori. Nasce qui la necessità che ciascuno faccia il proprio mestiere, ma
anche qualcos’altro. Nelle fasi statiche della società, l’equilibrio dei poteri è indispensabile, un assioma
liberale. Nelle fasi accelerate, ritengo al contrario provvidenziale lo spiazzamento dei ruoli, come accade
ora a Nordest. Guai se così non fosse. I sindaci chiedono poteri e soprattutto riforme; gli imprenditori
servizi e a maggior ragione riforme; le categorie fisco radicalmente riformato. È come se già per proprio
conto il Nordest vivesse una sua particolarissima fase costituente, alimentata da istanze e rabbie,
diffidenze e attese. Il pendolo in moto già da cinque anni. Sono necessari molta lucidità, tenacia e tanto
coraggio per resistere al logoramento. In un Paese conservatore fino al midollo, il tempo ha sempre
lavorato contro le riforme.
2 giugno 1996