2001 Febbraio 26 Il becchino di Novi

2001 Febbraio 26 – Il becchino di Novi

Il becchino di Novi Ligure ha deciso di cambiare lavoro: “Dopo quello che ho visto in quella casa
non ce la faccio più”, ha spiegato. Diciamo spesso: ci si abitua a tutto, ma non è sempre vero.

No. Non ci si abitua a tutto, e adesso assomigliamo a quell’addetto della polizia mortuaria,
attraversato da immagini come coltellate.

Ho sentito dire in televisione che ora serve soltanto il silenzio. Ma dove sta scritto che il silenzio
guarisce? Smettetela con queste frasi da Baci Perugina.

Al contrario, credo proprio che sia il momento delle parole anche se condivido in pieno la cautela di
Vittorino Andreoli, psichiatra e indagatore di giovani, quando avverte sul Corriere di volerne sapere
di più prima di provare a capire. Siamo circondati dai sentenziatori di giornata.

Sento storcere il naso sull’overdose presunta di informazione. Onestamente, a me pare che giornali e
tv non abbiano invaso un bel nulla né esagerato. Oltre tutto, di fronte a un delitto di tutto sangue, era
impossibile “esagerare”: in certi casi, il vocabolario diventa striminzito.

I cronisti hanno fatto il loro nobile mestiere, che si chiama cronaca, e se il delitto non è cronaca non
saprei dire che cosa sia: forse le vite parallele di Casini e Mastella? Siamo alle solite.

A volte sembra che a uccidere non siano gli assassini di turno, ma telegiornali e prime pagine. Ora,
l’informazione ha tanti difetti, il primo dei quali è semmai di raccontare poche storie e di ospitare
troppa spazzatura, anche politica.

Ho visto il padre di Erika guardare male le telecamere, come se fosse un occhio indiscreto, intrusivo,
alieno, e non l’occhio dell’opinione pubblica. Il termine “gente” passa per populista, “popolo” per
demagogico: ci resta l’”opinione pubblica” come azionista di riferimento dell’informazione, piaccia
o no.

Con quel che è capitato al padre, va bene tutto, ci mancherebbe. A ciglio asciutto, trovo però ben
strana la privacy all’italiana.

Per apparire in televisione, faremmo tutti carte false, tranne i grandi solitari alla Enrico Cuccia.
Davanti al teatro di Maurizio Costanzo si fa a Roma ogni giorno la coda e ormai sono davvero rari i
programmi senza pubblico in studio. Ogni rete che si rispetti mette in palinsesto almeno una
trasmissione dove la gente fa la gara nello smutandarsi, raccontando cose che nemmeno in
confessionale.

Soltanto il delitto pretende la privacy e il silenzio. Allora, quando la cronaca si fa nera e il dramma le
passa accanto, l’informazione dovrebbe di colpo togliere il disturbo. O quasi.

Tra cronaca e rispetto, non riusciamo ancora a trovare una tecnica buona per tutti. Non ci riusciremo
mai.