2001 Gennaio- Luglio Pelè: dio del pallone più grande di Maradona
2001 Gennaio – Luglio – Pelè, dio del pallone più grande di Maradona
L’importante è passare alla storia, sostiene uno scrittore spagnolo che ama il football, tra venti giorni
finisce il secolo e , mentre si congeda finalmente il secondo millennio, noi viziosi del calcio vorremmo
sapere chi è. Chi è il più grande giocatore di oggi, di ieri, di ogni tempo, sulla base di referendum,
classifiche , sondaggi, trofei e palloni d’oro zecchino anche un po’ sfottenti per noi italiani. Le
graduatorie in ballo in questi giorni sono piene di assi stranieri ingaggiati in Italia, da Maradona a
Van Basten, da Zidane a Shevchenko, ma risultano totalmente prive di nostri compatrioti.
Oddio, ieri non era proprio giornata per i beneamati: Totti ha sbagliato il rigore, Del Piero si è
infortunato, Inzaghi ha fatto panchina. Ci va male con la cronaca, ci va peggio con la storia:
nonostante tre mondiali vinti, gli italiani sembrano non esistere.
Faccio un esempio. Gli inglesi, inventori del calcio, hanno preferito Van Basten perfino a Pelè ma,
per trovare un italiano nella loro selezione dei primi cento di tutti i tempi, bisogna scendere al posto
numero 24, riservato a Gigi Riva il “Rombo di tuono” di Giuan Brera.
Sarà perché sono innamorato del football inglese, e in particolare del Manchester, però sabato ho
capito perché ci considerano poco.
Loro: pubblico competente, che applaude di gusto anche la squadra avversaria; arbitri tutti due spanne
sopra i nostri Braschi di turno; falli onesti, simulazioni praticamente zero, schemi ariosi, intenzioni
offensive, cross come Dio comanda.
Noi; pubblico da sommossa, ululati razzisti; arbitri del tipo specchio delle mie brame chi è il più bello
del reame; falli truffaldini, simulazione continua, maglie prese come maniglie, terreni da arare,
schemi stressati, geometria poca, casino tano, come sostiene giustamente il petulante Arrigo Sacchi.
Lasciamo perdere, tanto al tifoso medio importa poco. Chi tifa all’italiana è di bocca buona, si
accontenta anche di niente a patto che quel niente penda dalla parte della “sua” squadra. (Anch’io,
pur vergognandomi, confesso di essere un dissociato nel senso che, quando tifo, dissocio
sciaguratamente lo spettacolo dal risultato. Dovrei andare, per almeno un anno, a disintossicarmi a
Rio, Manchester, Amsterdam).
Il miglior calciatore di tutti i tempi non esiste, perché tutti i tempi sono diversi tra loro.
E’ la solita storia, come confrontare Nuvolari con Senna oppure Binda con Coppi, lo stacco aereo di
Piola con le incornate di Vieri. Non solo, perché adesso c’è di mezzo la televisione, come dire che
non esiste par condicio d’immagine né di conoscenza.
I fenomeni del passato, come Meazza, sembrano tanti Ridolini con i mezzi documentali di allora
mentre le moviole di oggi sublimano anche un pelo sul pallone. Come sempre succede, i nuovi miti
tendono a scacciare i vecchi miti, soprattutto d’ora in poi, con 18 telecamere addosso alla partita, otto
delle quali dedicate esclusivamente al dettaglio, dunque all’invisibile all’occhio nudo.
Noi però, siamo fortunati perché disponiamo nell’immaginario, di Pelè e Maradona. Per l’idea che
mi sono fatto io, con cinque mondiali visti da vicino, nessuno ha mai superato quei due, nemmeno
Cruyff, nemmeno Zico, nemmeno Van Basten, o l’immenso Alfredo Di Stefano e il leggendario
Puskas.
Oh, naturalmente occorre intendersi. Se tu devi erigere un monumento al calciatore simbolo del
calcio, devi scolpire Pelè non Maradona. Trascuro i gol di Pelè, che sono qualcosa come 1.281 in
1.364 partite, con 95 reti in 110 partite della nazionale!
Roba da pazzi, ma il resto è ancora meglio.
Pelè è il calcio, tutto l’abc, dalla a alla z. Più che un calciatore era un sillabario, la figurina Panini per
antonomasia, il sinonimo del football.
Insomma, Pelè si pronuncia anche pallone.
Nessuno completo quanto lui, quasi fosse stato disegnato da Leonardo da Vinci. Destro, sinistro, testa,
tutto. Nel ‘66 a Londra un bulgaro lo massacrò per non farlo giocare; nel ’70 in Messico il nostro
Burnich lo guardò salire in cielo e mettere in rete un colpo di testa mondiale, da Bronzo di Riace nero.
Pelè era sempre Pelè.
Maradona è un Pelè sprecato. Aveva solo il sinistro, ma gli bastava e avanzava. Con quel piede,
poteva anche radersi la barba.
Questo il punto: ho visto inventare a Maradona cose che nemmeno Pelè. Posso sbagliarmi di grosso,
e non insisto, ma con la disciplina umana di Pelè sarebbe più grande Maradona, perfino di Pelè.
L’uomo Maradona ha dimezzato il Maradona calciatore; l’uomo Pelè ha accompagnato il Pelè del
gol, Per questo, nessuna classifica potrà mai abbattere il monumento di Pelè: soltanto il suo è
pedagogico, insegna tutto il calcio, diventa paradigma.
Diego Armando Maradona ha un altro compito nel nostro Pantheon plebeo: soltanto il suo è
pedagogico, insegna tutto il calcio, diventa paradigma.
Diego Armando Maradona ha un altro compito nel nostro Pantheon plebeo: lui rappresenta il lato
oscuro del successo, il talento troppo spesso tradito dal più bel piede di tutti i tempi.
Altare e polvere, un eroe manzoniano.