2001 giugno 16 La citazione

2001 giugno 16 – La citazione

Jorge Luis Borges da “L’invenzione della poesia”, Mondadori.

“I Vangeli possono essere letti in due modi. Dal credente vengono interpretati come la strana storia
di un uomo, di un dio, che redime l’umanità dal peccato. Un dio che accetta di soffrire, di morire
sull’ “amara” croce, come dice Shakespeare.

C’è un’interpretazione ancora più curiosa che ho trovato in William Langland: l’idea secondo cui
Dio voleva sapere tutto della sofferenza umana, non bastandogli di conoscerla intellettualmente, alla
stregua di un dio; voleva soffrire al pari di un uomo e con i limiti di un uomo. Invece, se non siete
credenti (molti di noi non lo saranno), potete leggere la storia in modo diverso. Potete pensare a un
uomo di genio, a un uomo che riteneva di essere dio e che infine scoprì di essere solo un uomo e
che dio – il suo dio – l’aveva abbandonato.

Si può dire che per molti secoli queste tre storie – il racconto di Troia (Iliade, ndr), quello di Ulisse
(Odissea, ndr), quello di Gesù – fossero sufficienti all’umanità. Sono state narrate di continuo, senza
tregue; sono state messe in musica; sono state dipinte. La gente le ha raccontate più volte, ma le
storie sono sempre lì, illimitate. Potete anche immaginare che qualcuno, tra mille anni o diecimila
anni, le riscriva di nuovo. Ma, nel caso dei Vangeli, c’è una differenza: credo che la storia di Cristo
non la si possa raccontare meglio”.