2002 febbraio 24 Calcio anni 50

2002 febbraio 24 – Calcio anni 50

Avevo 17 anni quando la fotografia di Arne Selmosson , con la maglia dell’Udinese, entrò nella mia
camera e trovò posto vicino al letto, a fianco di quelle di Skoglund, svedese come lui, di Wilkes
l’olandese e dell’ungherese Nyers, tutti dell’Inter, la squadra che già amavo di un tifo sconfinato ed
estremo.
In mezzo ai miei Santi e Beati nerazzurri, fu Selmosson ad accendere in me la prima simpatia per
l’Udinese, laggiù, a est, in Friuli.
Tu pensa che tempi. Avevo ritagliato la foto da un settimanale, credo “Lo sport” diretto da Emilio
De Martino, che costava 50 lire. Un campione come Selmosson fu acquistato per una ventina di
milioni perché la Svezia era terra di assoluto dilettantismo, dove uno come lui poteva portare a casa
centomila lire al mese, non di più.
Gli svedesi ci detestavano, considerando l’Italia un paese che andava a corrompere mezza Europa a
colpi di milioni, come cacciatori di frodo. Avevamo perso la guerra, ma nel giro di qualche anno
eravamo già diventati l’Eldorado del calcio. Nessuno resisteva alle nostre quotazioni, nemmeno
Selmosson, anche se il sottosegretario Giulio Andreotti, sì proprio lui, tentò inutilmente di mettere i
bastoni tra le ruote del mercato.
Mai soprannome fu più poetico :”raggio di luna”, un interno di punta visibile a un chilometro di
distanza per il ciuffo biondo e la riga ben pettinata. La televisione italiana cominciava a trasmettere
proprio allora , a metà degli anni Cinquanta, ma il suo era un mondo ancora tutto in bianco e nero,
con un solo canale e con poche ore di programmi al giorno: un ragazzo di oggi non può nemmeno
immaginare la differenza.
Era tutt’altra vita, tutt’altra informazione, e lo sport vi entrava timidamente, senza zoom, senza
colore, senza moviole, senza primi piani. L’Udinese di Selmosson fece anche un memorabile
secondo posto, se non sbaglio alle spalle del Milan, ma restava sempre una icona del calcio di
provincia, attorno a un presidente industriale (Bruseschi) e a un tecnico dal fiuto artigiano
(Bigogno).Li ricordo come una coppia elegante : più che allo stadio, sembrava che fossero sempre
diretti al teatro o al golf.
Di Selmosson, la mia memoria di ragazzo è netta. Alto, ben messo, un bel fisico, un gioco
essenziale e gol mai fureghini, invece balistici, come Dio comanda, da attaccante con un destro
nordico, che non sente la pesantezza dei campi. A detta di Liedholm, monumento di Svezia, era uno
che calamitava gioco.
Penso una cosa. L’Udinese ha una bella storia, che via via ha fatto un tutt’uno con il Friuli, tanto
che è forse un caso unico in Italia questa totale identificazione tra il calcio e la sua terra. Una sorta
di vitigno doc da stadio.
Incredibilmente, è un po’ come se anche la tradizionale legione straniera del “Moretti” prima e dello
“Stadio Friuli” poi avesse assorbito nei decenni qualcosa di locale alla radice. Selmosson ne
rappresenta un esempio lampante se, in pochissimo tempo, fu capace di lasciare nella bacheca dei
ricordi il suo immortale “raggio di luna”.Come fosse ieri, non quasi mezzo secolo fa, e non lo
diciamo adesso che ci manca : lo abbiamo sempre saputo.
Da Selmosson a Zico, mi dice l’amico Ido Cibischino, e trovo che ha ragione da vendere. Udine ha
una sfilza di campioni in archivio,e però qualche simbolo che da solo ha fatto epoca,come lo
svedese dalla pelle chiarissima e, più tardi, il brasiliano più popolare dopo Pelé. Zico, appunto.
Quanta fatica far venire Zico a Udine! La Federcalcio avrebbe preteso che Cerezo andasse alla
Roma ma non Zico all’Udinese, applicando due pesi e due misure, secondo la prassi dei poteri forti
all’italiana. In Piazza XX settembre, un po’ ironici e un po’ incazzati, i friulani si inventarono quel
giorno di protesta la più divertente minaccia secessionistica della storia d’Italia :” O Zico o
Austria!” Altro che Bossi…
In mezzo agli infiniti casini del calcio, certi campioni sono sempre capaci di un miracolo di
purificazione dei ricordi, da Arne Selmosson fino a Zico. Stasera, mentre buttavo giù queste

righe, mi veniva voglia di andare in terrazza a cercare la luna. Forse, un ultimo raggio biondo, come
in quella vecchia fotografia…