2002 febbraio 24 Il centralismo necessario

2002 febbraio 24 – Il centralismo necessario. L’unica metropoli del Veneto è il Veneto
Caro Presidente della Regione, caro Giancarlo Galan, da veneto e da cittadino ho bisogno di rivolgerti
un appello nero su bianco, precisando che in questo caso, me ne frego altamente degli schieramenti
politici mentre mi dichiaro interessato soltanto all’Istituzione che tu governi. Bando alle premesse e
vengo subito all’appello: nel mio piccolo, ti chiedo di difendere con ogni mezzo un sano centralismo
regionale! Non fare l’agnostico sulla sfilza di Città metropolitane grandi e piccole di gran moda in
queste settimane da Venezia a Padova, ma fa per ruolo tutto ciò che puoi al fine di impedire che
facciano a pezzi, con danni irreversibili, il nostro Veneto. Perché, a mio parere, proprio di questo si
tratta, della disintegrazione scientifica del Veneto. Provo a spiegarmi. Sul “policentrismo” del Veneto è
stata scritta un’intera biblioteca, per dimostrare che questa regione è geneticamente decentrata, a tal
punto plurale da sembrare quasi acefala: non una sola testa direzionale, bensì un sacco di città medie, di
storiche cittadine e di comuni anche infinitesimali. Persino il suo capitalismo è per definizione
“diffuso”. Studiosi,
intellettuali, politici, amministratori, casalinghe, sondaggi e soprattutto
imprenditori, sostengono da decenni che il policentrismo alla veneta è certamente un ben di Dio, cioè
una ricchezza culturale, ma che funziona con tantissima fatica. E che, anzi, a volte non funziona affatto
per troppa dispersione dei progetti, delle risorse e degli interessi, anche elettorali. Altre regioni
potrebbero permettersi un governo regionale debole, di facciata: il vero presidente della Campania,
faccio un esempio, è più che altro il sindaco di Napoli, perché la Grande Napoli rappresenta da sola
mezza regione e passa. È tassativamente escluso che il Veneto si possa prendere lussi di questo genere:
sarebbe una follia; peggio, un karakiri amministrativo. Tutt’altro che a caso il territorio veneto invoca
dalla mattina alla sera patti, reti, cabine di regìa, luoghi di sintesi, accordi, politica d’area e indirizzi che
superino l’iper localismo. Qui ti voglio, caro presidente Galan, con il tipo di Regione Veneto che
salterà fuori dal nuovo Statuto regionale. Secondo me, si sente in giro una grande urgenza di Regione
forte e compatta, non di un’area ulteriormente frammentata e complicata dall’aggiunta di marchingegni
qui senza capo né coda. Sai qual è la sola, autentica area metropolitana veneta? L’intero Veneto, che va
governato in Regione premiando al massimo il decentramento ma tenendo ben fermo al centro un
punto di unione a pieno titolo, senza complessi centralistici. Altro che SuperVenezia metropolitana
prima, ottava provincia veneta a est poi, infine SuperVeneto metropolitano centrale (Padova-Treviso-
Venezia) anticamera della spartizione finale con una SuperVerona a ovest. Ma vogliamo scherzare col
fuoco polverizzando anche quel poco che faticosamente tiene? Qui “in progress”, come ama dire il
sindaco di Venezia prof. Costa, non c’è nulla. Questa faccenda è tutta “in regress”. Da federalista
radicale, so che il centralismo è come il colesterolo: c’è quello buono e quello cattivo. Il cattivo è
micidiale per burocrazia, per irresponsabilità, per scippo di democrazia e, anche, perché mortifica le
diversità. Ma senza un buon centralismo residuo, finalmente sburocratizzato e leggerissimo,
distruggiamo anche la Regione, fabbrichiamo enti inutili, produciamo ulteriore anarchia in una fase
molto delicata: con il neo-Statuto tutto da inventare, con una competizione economica sempre più dura
e, non ultima, con la necessità di ragionare a fondo sul nostro “essere Veneto” oggi. Oltretutto, sono
della stessa saggia opinione di Carlo Alberto Tesserin, presidente della prima commissione del
Consiglio regionale, quando osserva che tanto accanimento del Comune di Venezia a sostegno della
SuperVenezia metropolitana finirà per “aggiungere ulteriore separatezza” tra i veneti e il loro
capoluogo. Non per nulla, Treviso si defila, Padova si fa più prudente mentre Vicenza viene
dimenticata in un imprecisato limbo. Osservo un dato. Fino all’altro ieri la Lega Nord sognava di farsi
due Province del tutto autonome a Vicenza e a Treviso, sue storiche roccaforti. Oggi il centrosinistra
immagina di ristrutturare l’intero Veneto, partendo dalla sua roccaforte Venezia. A titolo del tutto

personale, mi domando: erano e sono urgenze di nuova architettura territoriale oppure ci sarà un
retropensiero politico nello scombinare in questa maniera il Veneto? Caro presidente Galan, ho finito
con una domanda che non rivolgo a lei, beninteso. Spero soltanto, da cittadino, che faccia tutto il suo
dovere per evitare al Veneto questa sciagurata diaspora. Le confesso che la clamorosa confusione e la
tardività dei progetti mi lasciano ben sperare, nel senso che a mio avviso la Città metropolitana in
Veneto nasce morta. Però le precauzioni non sono mai troppe, ed è meglio vigilare. A costo di fare il
centralista per la prima volta in vita mia, mi auguro che la Regione decentri al massimo attraverso gli
enti locali, ma non avalli la dissoluzione del Veneto. Ci manca soltanto questo.
24 febbraio 2002