2002 febbraio 28 Un centrodestra Galan-dipendente
2002 febbraio 28 – Un centrodestra Galan-dipendente
Giancarlo Galan ha vinto o perso? È la vera domanda del giorno dopo, dopo il voto amministrativo in
Veneto, e già il fatto che ci si possa porre tranquillamente la domanda dimostra che il presidente della
Regione ha partecipato in pieno alle elezioni. In questo senso l’indizio più eloquente riguarda le
elezioni comunali di Verona, il cui risultato Galan confessa ora di avere atteso con “angoscia”, come
dire in prima persona: le cronache di questi mesi dimostrano per l’appunto che ha giocato la partita a
tutto campo, senza tregua e dovunque, cominciando da Verona e Treviso, sia nel determinare
candidature sia nel fare campagna elettorale in senso stretto. Tanto interventismo di Galan nel voto
comunale e/o provinciale può essere visto da due angolazioni del tutto diverse. Da Palazzo Balbi,
dunque dalla sua postazione istituzionale di governatore veneto; oppure da tutt’altra visuale, e cioè da
quella politica di partito (Forza Italia) e di coalizione (centrodestra). Premesso che non c’è nulla di
stupefacente in questo doppio binario, il paradosso di Galan a me pare sintetizzabile così: da un lato ha
fatto troppo; dall’altro avrebbe dovuto fare persino di più. Provo a fotografare la situazione con la
massima neutralità possibile, senza giudizi di merito, che qui non m’interessano un fico secco. Allora:
da governatore, Galan ha fatto troppo. Si è sovraesposto, ha personalizzato, si è speso come leader di
parte, ha girato come una trottola dalle città ai paesini nel tentativo di dare la propria impronta all’intera
campagna. Visto che l’on. Berlusconi risiedeva in televisione, in Veneto Galan ha fatto il Berlusconi o,
meglio, ha lavorato da spot unificante della campagna veneta di Forza Italia e, in seconda battuta, del
centrodestra. Insomma, il governatore regionale si è materializzato sul territorio come un vero e proprio
candidato omnibus. D’altra parte, e qui sta il paradosso, Galan era condannato a fare esattamente ciò
che ha fatto. Nel senso che il voto amministrativo tende a dimostrare che soprattutto Forza Italia è non
soltanto poco strutturata, poco partito e ancora poco capillare, ma ha tuttora scarsa personalità in
Veneto. E quando dico personalità, mi riferisco in senso letterale alla carenza di personaggi davvero
visibili anche su base locale. Sicché, se ce ne fosse stato ancora bisogno, queste elezioni dimostrano
che il centrodestra è oggi più di ieri Galan-dipendente, non avendo né alternative né controfigure al
governatore leader. Curiosamente, un voto molto amministrativo ha caricato su di lui una responsabilità
molto politica. In parole povere, gli piacesse o no, gli convenisse o no, Galan s’è dovuto buttare per
forza in mischia nonostante i rischi. Se questa mia impressione ha fondamento, come leader di parte ha
dimostrato un coraggio da leone ma come governatore della Regione corre rischi non di poco conto. La
ragione pare evidente vista la fase che attraversa proprio in questo momento il Veneto, in un certo
senso la sua fase più istituzionale, più super partes e meno di parte dell’ultimo decennio. A scanso di
equivoci, è bene ricordare che il centrodestra ha stravinto le elezioni regionali del 2000 e che Galan ha
il diritto-dovere di governare con tutti i numeri e con tutte le prerogative della maggioranza. Su questo
non ci piove. Tuttavia, questo è anche un momento costituente come si dice; il momento dello Statuto
nuovo di zecca da costruire, delle nuove leggi cosiddette “federaliste” da disboscare e da applicare, del
sacrosanto decentramento di responsabilità dalla regione agli enti locali (comuni e province) ma, anche,
di un ruolo molto forte e inedito della Regione Veneto. Senza questo ruolo centrale/non/centralista,
soprattutto un territorio come il Veneto soffrirebbe via via di anarchia. Può darsi che mi sbagli di
grosso, eppure temo che l’eccezionale sovra esposizione elettorale di Galan in questi ultimi mesi – se è
servita al centrodestra – non servirà al suo ruolo di governatore alle prese con temi di ampio respiro e
da ampio consenso, che riguardano il Veneto futuro più che l’ordinario governo del Veneto. Sento già
parlare di “ricadute” di questo voto locale sul governo regionale. Ma quali mai ricadute?! I comuni
sono comuni, le province province e la regione è la regione, punto e a capo. Il centrosinistra non
s’illuda, se per caso s’illude. La sola ricaduta non riguarda gli “equilibri” di vecchio stile doroteo
all’interno del centrodestra, ma semmai la qualità del rapporto, in Consiglio regionale e fuori, tra Galan
e le opposizioni: probabilmente, un rapporto ancora più schierato e ancora meno istituzionale. Voglio
dire che le oggettive urgenze elettorali di Forza Italia hanno condannato Galan a un surplus di
appartenenza che in Regione non gli sarà affatto utile, semmai l’esatto contrario: soltanto in questo
senso i risultati dell’altro ieri non saranno neutri. Ciascuno sarà un po’ più “contro” di prima, questo il
punto, con la Lega Nord in un passaggio non semplice da leggere. A Chioggia, città di 56.000 abitanti,
è al due per cento; perde centri importanti come Feltre o Montebelluna, a volte sparendo addirittura da
ballottaggi fino a un paio di anni fa scontati. Ma la Lega si conferma formidabile alle provinciali,
restando la forza più visibile nell’ente locale meno visibile. Stravince con il centrodestra a Vicenza e da
sola si piazza benissimo a Treviso. Del caso Treviso vale la pena di riparlare con più calma,
analizzando a fondo i dati, perché è straordinariamente interessante per tanti motivi. Il candidato di
centrodestra, Giacomin, non va al ballottaggio nonostante fosse l’uomo degli imprenditori e degli
artigiani, e ciò accade nella provincia per antonomasia del “piccolo è bello”, delle partite Iva e del
capitalismo in miniatura, mentre tiene robustamente il presidente uscente Zaia, nonostante la solitudine
della Lega Nord, ma una Lega bene organizzata ed efficiente pur a fronte di due ottimi competitori
come Bottacin (centrosinistra) e appunto Giacomin (Forza Italia). Gli imprenditori contano meno e
tiene di più la società? Il vento trasversale dell’articolo 18 ha soffiato qualche refolo su un voto così
tipicamente locale? Non so rispondere, anche se sospetto che ci sia del vero. Senza contare che Zaia, 35
anni, ha mobilitato i sindaci, gli amministratori, il tessuto provinciale, condensando su di sé i Gentilini,
i Covre, la Lega più orizzontale e dal basso. Treviso dice che, dopo lo sposalizio tra Berlusconi e Bossi,
la Lega non si può permettere il minimo errore. Sono finiti i tempi del voto alla Lega per votare contro
tutti: o funziona tutto sul territorio o smagrisce.
28 febbraio 2002