2002 giugno 2 Tangentopoli non è passata invano

2002 giugno 2 – Tangentopoli non è passata invano
Tangentopoli è ancora tra noi esattamente come prima? La domanda viene abbinata in queste ore
all’inchiesta di Potenza e trova da più parti una risposta affermativa che non so se più puerile, più
disinformata o più interessata. In ogni caso, qualunquismo allo stato puro, in base al quale niente
sarebbe cambiato negli ultimi dieci anni e dunque i magistrati delle varie ex “Mani Pulite” non
avrebbero combinato un tubo. Tanto rumore per nulla in parole povere, scoprendo alla fine che oggi in
Italia si corromperebbe come ieri o addirittura di più. Vediamo se le cose stanno proprio così,
nonostante le apparenze penali e ambientali. Gli arresti e le accuse della Procura di Potenza hanno
indubbiamente a che fare con la corruzione, le tangenti, i fondi neri, gli immancabili “nomi eccellenti”,
le intercettazioni della solita fauna (imprenditoriale) e del solito indotto (politico). Sulla carta è un già
visto da manuale, con tutti gli ingredienti tipici e presunti della vecchia sfangata Tangentopoli dei primi
anni Novanta. Sennonché a una qualunque nuova inchiesta sulla corruzione, che pure sia dello stesso
tipo di allora, non corrisponde adesso lo stesso sistema di corruzione. Questa la differenza
fondamentale, che regge tuttora nonostante il crescente lassismo delle regole. Un decennio fa la
situazione si poteva fotografare con un passo di Shakespeare: “Un cielo così sporco – stava scritto –
che non si pulisce se non dopo una tempesta”. Tornando a noi, quel cielo era il sistema, la sporcizia era
l’illegalità, la tempesta fu Mani Pulite. Nel sistema, tutto si teneva ad occhi chiusi come in un
matrimonio d’interesse. La visibilità era del potere politico, la cassa era del potere economico, gli
strumenti erano soprattutto del potere burocratico, il solo quest’ultimo in grado di imboscarsi anche nel
mezzo della tempesta: una volta a Milano, su 84 funzionari sentenziati corrotti soltanto uno perse il suo
posto pubblico, uno. Quanto ai controlli, intesi come deterrente dei fondi neri, un magistrato
preparatissimo come Piercamillo Davigo mi faceva notare un paio d’anni fa che ognuno degli 800mila
soggetti fiscali di Milano rischiava in pratica un’ispezione ogni duemila anni! Gli organici tributari non
permettevano di più. Il fatto è che il sistema dell’illegalità era ovunque vissuto come legale o quasi, a
Roma quanto in periferia, alla pari. Il pubblico ministero Carlo Nordio, che sostenne l’accusa al
processo contro gli ex ministri veneti Carlo Bernini e Gianni De Michelis, lo definiva così: ”È un
fenomeno uniforme e omogeneo che parte dalle vessazioni del burocrate e arriva agli appalti delle
ferrovie. È un fenomeno di massa”. Soprattutto De Michelis, pur respingendo radicalmente qualsiasi
accusa di corruzione, classificò bene il sistema del finanziamento illegale: “Era una prassi – rispose in
aula al giudice – condivisa da tutte le forze politiche…nell’arco di vent’anni, dal 1974 al 1992”. Lui
che, rispetto a Venezia, si definiva un politico “contestato e abrasivo”, almeno non fece l’ipocrita come
tanti. È una fesseria sostenere che tutto sia rimasto come allora. Basti pensare alle strutture dei partiti,
che sono andate in pezzi come cartapesta dopo la chiusura dei rubinetti della doppia illegalità, cioè del
finanziamento occulto e/o della corruzione. Di colpo, la politica ha dovuto dare l’addio a una montagna
di lire sottobanco, il che ha comportato smagrimento di partiti, scomparsa di correnti, tramonto di
notabili, chiusure di sedi, licenziamenti di funzionari, cancellazione di pseudo centri culturali, la fine di
un certo sottobosco e di una bella fetta di propaganda elettorale. Gli esperti hanno calcolato in decine di
migliaia di miliardi il buco della peggior partitocrazia. Non per nulla sono di molto aumentati negli
ultimissimi anni sia il finanziamento diretto della politica da parte dello Stato sia le indennità di carica
per l’intero ceto politico e amministrativo. Prima di Tangentopoli i contribuenti italiani pagavano di
tasca propria anche gli enormi costi della illegalità attraverso gli appalti pubblici maggiorati dalle
tangenti o dai fondi neri; adesso, dopo Mani Pulite, per quanto costosa la politica costa ai contribuenti
sempre molto meno che nel recente passato. Oggi i partiti sono tutti un po’ americani, nel senso che si
mobilitano sotto elezioni e praticamente scompaiono in attesa delle successive. Ieri la politica viveva

illegalmente al di sopra dei propri mezzi finanziari; oggi un sistema più leggero ha abbandonato tante
postazioni sul territorio puntando tutto sulla televisione: la tv rappresenta il vero denaro politico. Non è
insomma cambiato tutto, ma è cambiato molto. Come ovvio, la corruzione c’è e sempre troppa, ma in
questa fase non rappresenta la fisiologia e la prassi del sistema politico. Tangentopoli non è passata
invano. Nonostante tutto, meglio il 2002 che il 1992.
2 giugno 2002