2002 luglio 10 Veneto
2002 Luglio 10 – Veneto
La Regione Veneto vive la sua seconda nascita istituzionale, in un’Italia pre-federalistica e in
un’Europa a crescente sviluppo comunitario. Costituita in ente autonomo nel 1970, da qui al 2005 la
Regione si pone l’obbiettivo di fissare il futuro certo e forte di un’autonomia mai compiuta e della
transizione nel federalismo a tappe.
Nel reinventarsi, la Regione Veneto intende diventare motore di rinnovamento diffuso, con un ruolo
di protagonista nell’affrontare l’esperienza matura del “modello veneto” oramai approdato, dopo gli
anni dello spontaneismo economico e del travaglio riformista, all’ambito della concreta innovazione
istituzionale.
Oltre alle tecnologie di servizio, di comunicazione, di informazione e di rete che oggi definiscono la
qualità di un governo regionale adeguato , emerge primaria la necessità di una tecnologia
istituzionale rivolta alla modernizzazione dello spirito originario delle Regioni , che gli stessi padri
costituenti vollero storicamente di “impulso”. Come non ricordare inoltre che, nel bel mezzo
dell’autunno sindacale caldo, l’avvio delle Regioni a statuto ordinario rappresentò anche il tentativo
di dare risposta a una società italiana che mostrava crescente insofferenza verso un sistema
istituzionale statico,incapace di sostenere la domanda diffusa di democrazia e di aderenza
decisionale .
Allo spirito di impulso costituzionale della regione si accompagnò allora la nascente urgenza di
modernizzazione. In un quadro culturale e normativo profondamente in evoluzione, l’ordinamento
regionale è ora chiamato a portare a compimento tutte le vecchie e nuove potenzialità dando anima,
corpo e istituzione all’autogoverno.
Questa è la prima, vera fase evolutiva, statutale e neo-costituente della Regione Veneto a fronte di
fenomeni di massa mai prima sperimentati, quali
la net-società
dell’informazione, l’immigrazione strutturale, il lavoro individuale, la formazione continua,
l’invecchiamento della popolazione, il radicamento di nuove forme di sovranità e di potere.
Storicamente, si passa dalla fase del progetto a quella del cantiere, dal momento della transizione di
processo a quello della transizione di scopo.
Nel 1970 la Regione nacque formalmente dall’alto; oggi si rifonda anche per comune sentire.
Secondo parametri popolari del consenso e della rappresentanza, mira a ristrutturarsi
consapevolmente dal basso. L’occasione è portentosa e, allo stesso tempo, labirintica.
Il portento consiste nel potenziare al massimo gli strumenti di governo del territorio stabilendo,
accanto alla nozione di “interesse nazionale”, l’ inedita valenza costituzionale di ”interesse veneto”,
il quale tanto esclude la caricatura localistica dei vetero-nazionalismi quanto rifiuta il suo
esaurimento nel mero decentramento .
Il labirinto si manifesta di fronte all’urgenza di coordinare leggi costituzionali, tempi di attuazione,
riforme costituzionali e statuto regionale, che si presentano per lo più scoordinati rispetto a un
coerente disegno di riforma federalistica .
L’obbiettivo è di garantire l’innovazione istituzionale come valore permanente della Regione
Veneto e come settore strategico dei suoi programmi di governo. La finalità è di mobilitare ogni
risorsa riformista al solo scopo di fare della Regione il palazzo della società veneta e di mettere al
centro identitario della politica regionale la vicinanza tra cittadini e Istituzione.
Sarà questa la sfida della sussidiarietà secondo la genetica vocazione orizzontale del Veneto.
Sussidiarietà che responsabilizza, quale primo titolare dell’autonomia, il cittadino assieme ad ogni
suo reticolo sociale. Che attua fino in fondo ogni possibile processo di decentramento
amministrativo. Che esalta il ruolo territoriale del Comune e che asseconda il processo in atto di
sinergia locale delle Province.
Sussidiarietà che favorisce il sistema produttivo veneto, fondato sulla piccola e media impresa. Che
mette in atto tutte le competenze per far incontrare le risorse pubbliche con gli attori privati.Che
, dopo averlo vissuto all’inizio come risorsa ma in seguito come fatica, riutilizza il policentrismo
come plus valore della rete dei poteri.
l’economia globale,
Il Veneto è già in natura una rete di centri, senza un centro definito e senza periferie marginali,
dunque un patrimonio da utilizzare al massimo proprio nel momento in cui i sistemi rovesciano la
gerarchia di governo: dall’unità nella diversità alle diversità nell’unità, dove è la diversità a farsi
prima pietra della costruzione istituzionale. Il Veneto è uno e multiplo.
Nel realizzare sul campo la storica occasione e per vanificare i rischi di ingorgo istituzionale
comune oggi a tutte le Regioni, tanto a statuto ordinario quanto a statuto speciale, le istituzioni
venete sono chiamate a un surplus di responsabilità, di lungimiranza e , soprattutto, di coraggio
generazionale.
Lo esige prima di tutto l’ordine del giorno, da qui ai prossimi quattro anni.
E’ aperto il capitolo dell’applicazione integrale delle Leggi Bassanini.
E’ aperto il capitolo dell’attuazione della Legge costituzionale del 2001 intitolata alle modifiche del
titolo V della seconda parte della Carta.
E’ aperto il capitolo parlamentare del Disegno di legge di devoluzione della potestà legislativa
esclusiva in materia di sanità, di scuola e di polizia locale per la sicurezza.
E’ aperto il capitolo dello Statuto costituzionale del Veneto.
E’ aperto il capitolo delle compatibilità tra norme che già prefigurano incongruenze, ambiguità,
incertezze del diritto, conflitti di attribuzione, dunque l’emergente contenzioso costituzionale, fonte
di inefficienza di governo e di discredito sul territorio.
E’ aperto il capitolo dell’autonomia finanziaria ma soprattutto del cosiddetto “federalismo fiscale”,
alla luce delle enunciazioni di principio del modificato articolo 117 della Costituzione.
In una fase come questa, progressiva e accelerata, la Regione Veneto avrà una funzione centrale,
dove centrale è l’esatto contrario di centralistico ma anche il perfetto sinonimo di forte. Il Veneto
poli-centrico detta a sua immagine e somiglianza una Regione leggera, la cui organizzazione
centrale mira non a occupare spazi amministrativi sussidiari ma a colmare il cronico divario di
velocità tra i bisogni della società contemporanea e gli apparati decisionali della politica.
Centrale perché forte e forte perché centrale, la Regione leggera garantisce il punto di coesione, di
controllo,di dinamica delle risorse, di servizio sussidiario nei confronti dei Comuni, ora titolari di
ogni potere amministrativo, e delle Province, prima in odore di estinzione ma oggi uscite rafforzate
sia dalle modifiche costituzionali sia dalla prassi del decentramento.
Se mai le istituzioni sono neutre rispetto al territorio di riferimento, a maggior ragione è vietata
qualsiasi forma di neutralità dell’istituzione Regione rispetto al Veneto.
Il Veneto è uno spazio metropolitano senza metropoli.
Il Veneto conta su un’identità solidale ma plurale.
Il Veneto dei cinquecento Comuni si ramifica attraverso il capitalismo dell’uomo qualunque,
personale, familiare, micro-imprenditoriale, comunale. Reticolare in parallelo alla società e senza
baricentro per simmetria con il territorio.
Il Veneto del benessere socializzato e della competizione totale avrà sempre meno bisogno di
conservare una Regione standard, cioè a parametro costituzionale invariato, e sempre più necessità
di sviluppare una istituzione regionale al cento per cento su misura, statutariamente e
operativamente. Vale a dire una Regione Veneto speciale di fatto se non di diritto, nel nome di una
peculiarità veneta che attende senza riserve di codificarsi ad ogni passo costituzionale, statutario,
normativo e/o applicativo.
Ciò comporta una graduale battaglia per il federalismo come espressione più innovativa di
responsabilità e di libertà, radicalmente al riparo dai rischi dell’egoismo istituzionale. E’ un
cammino lungo, che tuttavia incontra, da subito al 2005, anni e passaggi che influenzeranno
decenni.
La gradualità del federalismo è rivoluzionaria.
Il federalismo entra nel bilancio della Regione Veneto alla voce investimenti. Per questa
motivazione di fondo, la sburocratizzazione della macchina regionale diventa lo snodo numero uno,
quasi una pre-condizione politica.
E’invece puro costo il centralismo burocratico dello Stato. E sarebbe puro costo, sussidiario in
negativo, ogni centralismo riproduttivo sul territorio; oltretutto su un territorio come il Veneto dove
la storia della Venezia dei dogi e la cronaca dell’economia del fai da te s’incontrano nella comune
repulsione per le procedure di ostacolo alla cultura del fare.
Il federalismo tendenziale attiva la personalità internazionale della Regione senza fughe in avanti e
nei limiti costituzionali, ma anzi a tutela piena della vocazione europea del Veneto.
Il federalismo è sussidiario e orizzontalmente cooperativo verso il basso, negoziale e verticalmente
cooperativo verso l’alto, leggi lo Stato. La Regione Veneto negozia con lo Stato spazi, funzioni,
poteri, risorse, competenze, avendo tre traguardi di esercizio, l’uno civile,l’altro amministrativo, il
terzo culturale.
E’ civile la incessante domanda di vitalità democratica, di formazione di ceto dirigente territoriale,
di responsabilità regionale e di sovranità sempre più effettive nella programmazione, nell’indirizzo
e nel controllo.
E’ amministrativo il traguardo del rafforzamento dell’offerta dei servizi ai cittadini.
E’ culturale un processo sempre più stringente di affermazione di ambiti legislativi e operativi
esclusivi a tutela della rappresentanza popolare.
L’istanza federalista cammina su tante gambe, su un percorso tutt’altro che esente da rischi. La
Regione Veneto si fa carico di utilizzare ogni opportunità per favorirne il passo, consapevole sia
delle opportunità che dei vincoli, delle compatibilità come delle variabili interpretative,a cominciare
da quelle sulla potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni secondo il dettato del nuovo 117,
articolo che pur rappresenta un’opportunità.
Le stesse modifiche al Titolo V della Costituzione lasciano inalterato il bicameralismo, che
impedisce alla riforma federalista un passo essenziale quale sarebbe la Camera delle autonomie,
specchio dell’Italia delle regioni, dei municipi, degli enti locali e delle diversità. L’Italia dal basso,
la più vitale per la qualità della democrazia e in prima linea con i diritti del cittadino, la più
aderente al futuro anche europeo.
Il federalismo conta su una Regione sentinella rispetto al presente e propulsore rispetto alle
prospettive. Compiti questi del tutto coerenti con la funzione di laboratorio da tempo esercitata dal
Veneto e con l’intatta domanda riformista.
L’ispirazione federalistica lavora sul possibile anche con la conferenza Stato-Regioni. L’obbiettivo
fondamentale sta nel dare contenuto effettivo al “federalismo fiscale” senza il quale perfino il
regionalismo e il decentramento risulterebbero oggi depotenziati, impoveriti o, peggio, forieri di
disillusioni di massa.Termini pseudo-istituzionali ma di ampio uso comune come “governatori”
regionali finirebbero parimenti per creare confusione e infondate aspettative nella pubblica
opinione.
La realizzazione di tale strategia presuppone una Regione Veneto che disincentivi con la stessa
determinazione tanto il centralismo burocratico quanto l’anarchia localista. Né, né.
E’ cruciale che il sistema istituzionale veneto si attrezzi secondo criteri di pura efficienza
territoriale, la sola valida erga omnes e al riparo dalle contingenze per quanto legittime della
politica.
La Regione Veneto, come epicentro di poteri diffusivi, tende a realizzare istituzionalmente e
statutariamente il testo unico del suo originale federalismo circolare.
Proprio in quanto centrale ma aperta, la Regione Veneto progetta un ruolo mai così intenso e
stimolatore.
Un modello di Regione forte per un’idea forte di Veneto, realistica rispetto all’immenso lavoro
umano di intere generazioni di veneti, lontano dal Veneto e in Veneto.
Un modello di Regione forte, in linea con il crescente peso economico e umano di quest’area.
Un modello di Regione forte, funzionale a liberare energie e ricchezze del policentrismo senza
pagare i danni collaterali della polverizzazione orizzontale delle decisioni.
Il miglior sviluppo del Veneto è il Veneto. “Un système vivant” per usare un’espressione veneziana
dello storico Fernand Braudel.
Giorgio Lago