2002 maggio 19 Caro Direttore
Caro Direttore, stamattina ti ho inviato un fondo Cossiga/Nordest. Aggiungo un paio di cose della
mia rubrica, se ti possono servire oggi, domani,chissà. Ciao, grazie.
Nonni
Dopo la guerra mondiale e civile, la nostra Repubblica nasce in un paio d’anni allo stato bollente.
Nel 1946 il referendum popolare decide la fine della monarchia. Nel 1947 l’Assemblea Costituente,
appositamente eletta, approva dopo 170 sedute e 20 mesi di lavoro la nuova Costituzione, che nel
1948 entra in vigore.
La Carta è un patto, la regola delle regole. Quando oggi noi parliamo di riforme e/o di federalismo,
è sul suo corpo di norme che dobbiamo lavorare.
Classe 1919, Giulio Andreotti fece parte della Costituente, durante la quale teneva un diario con
appunti su una novantina di “padri” costituenti che adesso chiama “nonni” dedicando loro un libro
di ricordi da pochi giorni in libreria. ”I nonni della Repubblica” appunto (editore Rizzoli).
E’ la galleria di una certa Italia, compresi gli esponenti di un certo Triveneto allora ben lontano dal
tramutarsi in Nordest.Un ceto per così dire pre-politico, figlio di passioni temprate, che in molti
casi pare distante da noi secoli.
Di Giuseppe Bettiol, originario di Cervignano del Friuli, professore di diritto penale all’università di
Padova e giurista di fama internazionale, Andreotti annota che era vicino alle posizioni di Fanfani e
di Dossetti ma che non si schierò mai con le correnti democristiane. E che, anzi, non risparmiò a
nessuno la sua “fine ironia”; trasversale diremmo oggi.
Un avvocato trevigiano, Mario Cevolotto, si era fatto particolarmente notare per aver presenziato in
aeroporto alla solitaria partenza del Re per l’esilio di Cascais, in Portogallo. Ci teneva anche alle
commemorazioni funebri, da Gramsci a Turati.
Cipriano Facchinetti, patriota giuliano e gran oratore, era stato eletto alla Costituente come
repubblicano storico, laico tutto d’un pezzo. Dopo essersi convertito alla fede cattolica, avrebbe
accolto l’ultima comunione alzandosi dal letto per vestirsi a festa.
Deputato e giornalista veronese, Guido Gonella, dirigeva a Roma il quotidiano della Dc “Il popolo”,
che a quei tempi era un giornale vero . Una volta all’anno Gonella ritornava una settimana a Verona
“per respirare un po’ di nebbia”.
Tra i “nonni” della Repubblica, Andreotti rievoca non pochi socialisti.Tipi umani sanguigni che
,per contrasto anche caratteriale, forse colpivano il doppio un politico precocemente a sangue
freddo come lui.
Erano due i Matteotti eletti, Matteo e Carlo, figli di Giacomo leader socialista riformista di Fratta
Polesine ammazzato nel 1924 dai fascisti per aver denunciato in parlamento i brogli elettorali. Nel
giorno di apertura della Costituente, toccò proprio al ventisettenne Andreotti fare l’appello, cioè “la
chiama”in gergo parlamentare: quando pronunciò due volte il cognome Matteotti “vi fu un fremito
nell’aula”, riferisce il suo diario.
Un’altra socialista , la quasi sessantenne padovana Angelina Merlin, era implacabile nel denunciare
scuole e libri che conservassero fuori tempo massimo intitolazioni monarchiche o fasciste.Già allora
lei festeggiava l’8 marzo della donna portando le mimose in aula e, qualche anno dopo, avrebbe
chiuso di brutto le case di tolleranza. Andreotti segnala però che la Merlin votò poi contro il
divorzio, sempre nel nome della “dignità delle donne”.( E questa non l’ho proprio capita…)
C’è anche un vecchio socialista trevigiano classe 1870, Tommaso Tonello, che in piena Costituente
urlò “Vergogna,vergogna!” a Palmiro Togliatti, leader del Pci. Non sopportava che i comunisti
avessero accettato, per opportunismo, di infilare nella Costituzione repubblicana i Patti lateranensi
firmati tra la Chiesa e Benito Mussolini in persona.
Nelle pagine di Giulio Andreotti, 83 anni, ritornano così i “nonni” della Repubblica. O piuttosto, lui
compreso, bisnonni e trisavoli?
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Senato
Al voto per il rientro in Italia dei discendenti maschi degli ex re di Casa Savoia sono mancati
all’appello 98 senatori! Oltre che allungare i tempi di questa farsa nazionale, l’assenteismo del
Senato rischia adesso di causare, su un quesito oramai da Ridolini, un referendum popolare del
costo di 470 miliardi: a spese dei contribuenti italiani, naturalmente, non degli ignari prìncipi senza
arte né patria.
E pensare che ci fu un tempo in cui l’assenteismo del Senato era addiritura cronico, ma per tutt’altre
ragioni e non certo per distrazione o per noia istituzionale. Nel 1919, prima del fascismo, la carica
era del tutto gratuita e inoltre i senatori erano letteralmente “senatori”: 151 su 364 avevano più di 70
anni, con relativi malanni dell’età e senza la mobilità di oggi. Se ne stavano spesso a casa, anche per
curare la professione visto che la carica era in pratica una onorificenza .
Contrariamente a quanto si pensa, tra loro erano più numerosi i borghesi pensionati che i nobili
ricconi , come documentò il liberale Luigi Einaudi appena nominato senatore. Nella sala della
buvette venivano serviti gratuitamente il caffè e il caffè latte, ed Einaudi vide con i propri occhi che
un senatore arrivava con il pane sempre in tasca per rimediare alla chetichella una sorta di
pasto.Non era il solo spartano dell’alto consesso.
Ex presidente del Senato dal 1987 al 1994 , Giovanni Spadolini mi faceva notare che soltanto
all’inizio del fascismo fu introdotta una diaria di cento lire a seduta, che poi diventò un assegno
mensile di duemila lire. Ma ben presto il Senato fu soppresso dal regìme e agli umiliati “antichi
senatori”, come li chiamava Einaudi, tolsero anche il benefit della carta ferroviaria che di solito in
Italia non si nega mai a nessuno.
Nell’anno di grazia 2002, credo che ai 98 assenteisti del Senato repubblicano varrebbe forse la pena
di sospendere una tantum l’indennità e di restituire la memoria storica.
GIOVEDI’ 16
Fiat
Gianni Agnelli, 1990:” All’estero, l’immagine della Fiat si confonde con quella dell’Italia”. E
adesso?
VENERDI’ 17
Italia
L’agenzia internazionale Moody’s promuove l’Italia per la riduzione del deficit pubblico; l’istituto
di statistica, Istat, boccia l’economia italiana per la scarsa produzione. Berlusconi:”Il dato dell’Istat
è superato”. L’opposizione:”Moody’s promuove l’Ulivo esattamente come l’Istat boccia il
governo”.
Pace e bene.
SABATO 18
La citazione
Altan, Paolo Rumiz e Emilio Rigatti da “La strada per Istanbul”: in bici da Trieste a Istanbul
attraverso i Balcani. Ediciclo editore.
“Dopo cena ci sediamo su una panca all’aperto,a guardare il panorama e i resti della sera che si
spegne dietro il monte Nanos, che è diventato una massa informe che lievita nella penombra. Una
decina di cavalli stupendi si lancia al galoppo proprio sotto l’agriturismo: corrono a perdifiato, con
le criniere mobili, nella luce atona che segue il tramonto.
Rilke ( poeta austriaco, ndr) diceva a Balthus (pittore francese, ndr), allora poco più di un bambino,
che “tra il giorno che finisce e quello che inizia, si forma una minuscola fenditura”: chi riuscirà a
introdursi nel pertugio, uscirà “fuori dal tempo”, e potrà recuperare “tutte le cose che abbiamo
perduto”.
Viaggiare è uscire dal tempo abituale per entrare in un’altra dimensione, in un tempo sospeso e
strano, che scivola con un’altra velocità rispetto a quello quotidiano”.