2002 marzo 10 Veneto e Friuli uniti
2002 marzo 10 – Veneto e Friuli uniti
Il Passante di Mestre è più veneto o più friulano e triestino? Secondo me, con l’Est europeo parte
integrante di noi, riguarda il Friuli-Venezia Giulia più dello stesso Veneto Uso il mitico Passante
nordestino come simbolo, per sostenere che gli interessi uniscono ciò che i confini dividono, e che
questi uniscono non per fare marmellata dei confini ma per ricavarne il meglio, al di qua e al di là.
In Friuli è questo il tema del giorno, soprattutto dopo che il quotidiano “Messaggero Veneto” ha fatto
incontrare nella sua sede i presidenti Giancarlo Galan e Renzo Tondo per parlare di 8 punti di
possibile intesa tra le due Regioni. Andando al sodo, gli imprenditori friulo-giuliani le stanno
tentando tutte per fare da locomotiva, senza vecchi equivoci: se qualcuno immaginasse macro-regioni
allo stato nascente o roba del genere, è fuori con la testa e, soprattutto, fuori della realtà. Per fortuna,
ciò che invece si vede ora sul tappeto mostra soltanto buon senso, proprio quel che ci vuole. Friulani
e veneti hanno una consolidata fama di concretezza, che viene dalla notte dei tempi e che resiste
intatta in pieno capitalismo local-globale, specialità appunto nostrana.
E’ anche una questione di linguaggio; ho ad esempio sempre notato che a un imprenditore o a un
operaio noi non chiediamo mai “che cosa produce?”, ma “che cosa fa?”.
Sedie, scarpe, trattori, maglioni, quel che “fa” fa.
Bene, allora parliamo della sola cosa seria: che cosa si può “fare” perché Veneto e Friuli-Venezia
Giulia ne ricavino qualcosa di necessario a entrambi i territori.
Tanto per cominciare vanno accuratamente evitati grandi strategie, grandi patti, grandi progettualità.
Alla larga, sono pericolosissimi.
In certi casi, il grande partorisce fatalmente il piccolo o addirittura il niente, come sperimentato da
decenni ogni volta che si tenta di fare astrattamente sistema. Proprio l’enfasi del “grande” accende
sospetti, malintesi, paure e mal di pancia di confine, in sostanza l’esatto contrario del realismo. No,
così non funzionerebbe. A mio sommesso parere, si può “lavorare insieme” come dicono i presidenti
di turno Galan e Tondo, soltanto a patto che le due Regioni scelgano liberamente di incatenarsi mani
e piedi a una piccola agenda di grandi problemi selezionati in base a un quiz molto terra terra, come
esige innanzitutto l’economia.
Mi spiego. Il quiz parallelo, da porre al Friuli-Venezia Giulia e al Veneto, è del seguente tipo: sulle
autostrade o sulle ferrovie, sui porti e sui maxi servizi, sulla finanza come sulla tecnologia, esiste un
“insieme” che aiuti tutti, rafforzi tutti, dia utili anche sociali a tutti, incentivi benessere per i cittadini
tagliando costi per i contribuenti?
Bene, si lavora “insieme” soltanto nel caso in cui le risposte delle due istituzioni siano senza
esitazione
due sì.
Non si fa nulla con materie che diano per risposta dei no o dei ni; è stupido cercar grane. Voglio dire
che troverei politicamente velleitario mettere sul fuoco una tonnellata di carne per la nevrosi di voler
forzare le novità. E fare qualcosa “insieme”, tra repubbliche policentriche, qui è già una rivoluzione
culturale: va dunque vissuta senza retorica e senza salire sul palco.
Personalmente, troverei molto bello un gesto simbolico.
Per esempio, farebbe molto piacere leggere sui giornali che il presidente del Friuli-Venezia Giulia
spiegherà quell'”insieme” nell’aula del consiglio regionale del Veneto e che la stessa spiegazione sarà
data dal presidente del Veneto al parlamentino del Friuli-Venezia Giulia. Entrambe le regioni
vantano formidabili e antiche tradizioni di democrazia.
E però, dal mio punto di vista, starei sempre con i piedi per terra. Un’agenda stretta, precisa,
dettagliata,
dove tutto risulti chiaro come il sole e, attenzione, poco o nulla di partito. Inevitabilmente, i partiti
hanno uno sguardo corto, al massimo medio. In queste cose, sono le istituzioni ad avere l’occhio più
lungo su interessi non di legislatura ma di generazioni: a proposito di concessioni autostradali del
Nordest, non per nulla ho sentito l’on. Ferruccio Saro, friulano, friulano, presidente della
commissione
paritetica Stato-Regione, parlare di scadenze al 2007 e al 2009 oltre che di prolungamenti al 2035.
Vogliamo invece vivere alla giornata? Benissimo, ma poi non si pretenda che figli e nipoti ricordino
questi come ceti politici regionali previdenti, qualunque sia il loro colore. Parlo di ceti, non di
maggioranze, oggi di centrodestra da Trieste a Venezia.
Non so se mi spiego. Mentre i pesci grossi stranieri e nazionali si mangiano dalla mattina alla sera i
pesci piccoli, diventa davvero patetica e logora la disputa tra presunto pesce grosso del Nordest (leggi
il Veneto) e presunto pesce piccolo (leggi Friuli-Venezia Giulia).
In questa fase del potere, dei mercati e dell’Europa, è un pesce piccolo anche il Veneto, esattamente
come il Friuli-Venezia Giulia.
Rappresentano tanti bocconi sparsi, a cominciare dalle banche: ho l’impressione che Dino De Poli,
da Treviso, sia in fondo l’ultimo… giapponese alla veneta che rifiuti la resa incondizionata.
Tutto insomma cambia attorno a noi, alla velocità della luce, e quest’area europea pensa forse di
difendere i suoi vecchi statu quo burocratici come se niente fosse? La partita si fa sempre più dura,
tra
soggetti sempre più aggressivi.
Tanto per chiarire, il Veneto ha come contropotere il gigante pubblico Eni sull’estrazione del gas a
ridosso di Venezia. Ha come competitore la stessa veneta Benetton sulle autostrade.
Quanto alle Aziende municipalizzate, le multinazionali tedesche e francesi sono sistematicamente in
prima linea a Nordest.
Una sola cosa è matematica, visto che ogni solitudine sarà sempre più perdente.
Dipenderà esclusivamente dal Friuli-Venezia Giulia e dal Veneto se fare assieme un pò di cose
comuni
e intelligenti oppure se intestardirsi a separare ciò che nei fatti è già problema vitale per entrambi. Il
destino cinico e baro non c’entra.