2002 novembre 25 Calcio in crisi
2002 Novembre 25 – Calcio in crisi
Nego che ci sia la crisi del calcio! Dicendo questo so che rischio di passare per matto, ma ne sono
convinto e lo sostengo con dati di fatto oltre che con buonumore.
Il buonumore mi viene dall’arbitro Moreno, finalmente definito “ladro” e “corrotto” anche nel
suo Ecuador dove domenica scorsa ne ha combinate di tutti i colori pur di far vincere la squadra
di Quito, città in cui si è candidato alle elezioni comunali. Per la malafede che lasciò trasparire al
Mondiale contro la nostra Nazionale, un Paese europeo appena decente lo avrebbe perseguito nei
tribunali penali e sportivi di mezzo mondo ma siccome noi italiani siamo tanto masochisti quanto
inutilmente petulanti abbiamo finito invece per processare Trapattoni e per dimenticare Moreno,
un “miserabile” come viene chiamato in queste ore a casa sua.
Non è mica roba da poco. Senza Moreno, l’Italia sarebbe andata dritta in finale con il Brasile e
adesso anche il campionato si porterebbe dietro meno frustrazioni tecniche.
La crisi del calcio non è una novità; più che altro ne è la regola. Il calcio italiano sta da sempre
in crisi, tanto che il marchio di “ricchi scemi” affibbiato ai presidenti di serie A dal presidente del
Coni Giulio Onesti risale a una quarantina di anni fa, super giù come l’etichetta di “nababbi”
riservata ai calciatori dagli ingaggi temerari.
Nessuno ricorda che nel 1975 i Club di A e B decisero di bloccare la compilazione dei calendari
per boicottare la schedina del Totocalcio. Quel luglio, i giornali titolarono con un “Clamoroso”
alto una spanna, e volete proprio sapere quali erano allora le richieste delle società
professionistiche? Sgravi fiscali, più soldi dal Toto, più soldi dalla Rai-Tv, meno Iva sulla
cessione dei calciatori.
Non è cambiato niente, tanto meno Franco Carraro, un uomo chiamato poltrona. Oggi presiede
la Federazione, mentre allora faceva il Galliani della Lega e diceva: ”Quest’anno abbiamo dato
allo Stato 110 miliardi e vorremmo sapere se il governo è interessato alla nostra sopravvivenza.”
Sembra oggi, sillaba su sillaba.
Ma è soltanto in quest’ultimo mese che il calcio, per la prima volta in 50 anni, sta tentando
seriamente di uscire dal cronico stato di crisi senza raccontarsi le solite barzellette dell’estate. In
questo senso sostengo che la crisi non c’è più; per la semplice ragione che “ricchi scemi” e
“nababbi” cominciano finalmente a sospettare di esserlo per davvero. E quando si conoscono le
ragioni della propria crisi, in genere vuol dire che si è cominciato a uscirne.
Il settimanale parigino “France Football” ha dimostrato che in Spagna e Francia le società pagano
in salari il 60 per cento del bilancio, il 55 in Germania e il 45 in Inghilterra. In Italia 70, settanta
per cento.
In un bel libro-inchiesta (“Fenomeno Chievo” del prof. Marco Vitale e del giornalista Gian Paolo
Ormezzano, editore Scheiwiller), si fa la radiografia comparata dei bilanci dei Club, dai quali
risulta già nel 2000 un dato abnorme: il guadagno medio annuo di un professionista di serie A è
di 1.586 milioni di lire, molto più alto in confronto alla Germania.
Il baratro italiano tra costi/ricavi mai come oggi è diventato comune sentire, a tutti i livelli.
Oltretutto con l’inedita certezza che, più che nelle punte d’ingaggio delle15-20 stelle alla Vieri o
del Piero, il bubbone risalta nella media diffusa degli organici, con panchine lunghe un
chilometro.
Meglio tardi che mai, il calcio sembra capire le sberle in faccia. Il fallimento della Fiorentina;
l’austerità della Rai; l’affanno delle tv a pagamento massacrate da un’ignobile pirateria
all’italiana.
Ricomincia a parlare di vivaio. E questa estate il saldo della bilancia commerciale dei calciatori
risulta per la prima volta attivo, perché gli euro del mercato sono stati scambiati in Italia e anzi
si è incassato qualcosa dall’estero. Vedi Ronaldo.
Per grande merito di Fabio Capello, è stato poi sbattuto sul tappeto il tema del doping nelle Coppe
europee. Il Nandrolone facilita il ricupero muscolare; l’Epo migliora la prestazione aerobica. “Ma
senza incrocio dei controlli sangue/urine – mi ricorda un giovane medico sportivo- il doping
ematico ha via libera.”
E’ pazzesco riuscire a tenere squadre come Juve, Inter, Milan e Roma, che sono in competizione
con il Real Madrid o il Manchester, assieme a squadre provinciali che hanno un solo avversario:
la serie B. Eppure, da tempo l’Udinese dà buon esempio di bilancio mentre il Chievo ha fatto
scuola negli schemi.
Leggo qua e là indizi da dopo-crisi, inclusi i 50 mila abbonati a testa di Milan e Inter. E peggio
di quello dell’ultimo campionato il gioco non potrà essere.
Che il Gol assista, in pace, noi catecumeni dell’ultima fede.