2003 febbraio 3 Perlasca

2003 Febbraio 3 – Perlasca

La data della lettera è: “ Padova 22 aprile 1970.” La firma è di Giorgio Perlasca, il padovano di
famiglia originaria di Como che tra il 1944 e il 1945 salvò dallo sterminio nazista cinquemila ebrei
ungheresi spacciandosi a Budapest per console spagnolo. L’”impostore” più benemerito che si
conosca, al quale Israele ha riconosciuto il raro titolo di “Giusto”.
E’ una lettera inedita, ora pubblicata dallo studioso Alberto Indelicato sulla rivista “Storia
contemporanea”. Perlasca la indirizza a un ex ambasciatore italiano in Ungheria.
Nel 1970, quando prende carta e penna, Perlasca non se la passa bene a Padova. E, allora, la sua
storia di romanzesca umanità era ancora ignota all’opinione pubblica.
Ma lui non chiede vantaggi; non ha niente da rivendicare se non il ricordo. L’uomo che aveva
rischiato proprio tutto, compresa la vita, per strappare migliaia di persone alle camere a gas di
Eichmann è come se scrivesse a se stesso. Un uomo disilluso che portava sulle spalle il peso del
silenzio, l’iniquità dell’indifferenza, anche le durezze della vita quotidiana.
“Tutto il mio lavoro – scrive Giorgio Perlasca – che soddisfazioni mi ha dato? (lasciando da parte
quelle intime, personali, perché viviamo in un’epoca in cui solo le soddisfazioni procurate dal
denaro sono stimate e apprezzate dal prossimo)…Ho saputo fare tante cose buone nella mia vita ma
non sono capace di aiutare me stesso e allora chiedo aiuto a chi dovrebbe precipitarsi a darmelo. Io
farei così.”
Io farei così, dice. Lui, nel 1944, aveva fatto così.
A Budapest disponeva di ben 15 milioni di lire italiane; si ritrovò ben presto con tre monete d’oro e
spiccioli ungheresi. “Ero diventato un pezzente”, ricorda.
Aveva speso tutto in viveri, medicine, vestiario, gomme, benzina. Oppure, come precisa di suo
pugno, “per corrompere i fanatici.” Assisteva in tutto le vittime e dissuadeva come poteva i peggiori
persecutori, capaci di mettere in vendita la stessa pietà.
Ma quando alla fine della guerra aveva inviato gli appunti della sua storia al ministero degli Esteri,
sia italiano che spagnolo, Perlasca non aveva ricevuto nemmeno un cenno di risposta, né dall’uno
né dell’altro. La rivista “Storia contemporanea” spiega oggi che soprattutto in Italia nessuno aveva
voglia di tirare fuori dal cassetto un eroe così politicamente non corretto, un “eroe umanitario” del
tutto atipico per quei tempi.
Era stato fascista, poi non-fascista, ma mai anti-fascista. Era monarchico all’avvento della
Repubblica . Non bastasse, a Trieste aveva aderito all’”Uomo Qualunque”, il movimento più ostile
ai partiti.
Giorgio Perlasca rimase nel cassetto per più di 40 anni, chiuso nell’oblio assieme ai suoi 5.000 ebrei
tolti alle SS. A volte, nell’imbattersi in storie così, a me sembra che diventi striminzita perfino la
parola “memoria”.