2003 gennaio 10 Donne Sharon Stone
2003 gennaio10
LUNEDI’ 6
Donne
Sharon Stone, 44 anni, attrice americana:” Non puoi essere mia amica se non hai la cellulite.” ( da
“Il Foglio”)
Elsa Morante, 1912-1985, scrittrice:”La mia vita diventa ogni giorno più stupida, una schiavitù e
un’ansia dei bisogni fisici: materiali e sessuali. Me ne accorgo dai miei sogni. Voglio altri sogni,
un’altra vita.” (dal “ Diario 1938”)
Marguerite Duras, 1914-1996, scrittrice francese:”Qualche volta, durante il giorno, riesco a
immaginarmi senza di te; ti conosco lo stesso, ma non ci sei più, anche tu scomparso; non faccio
sciocchezze, passeggio, dormo benissimo. Mi sento bene senza di te da quando ti conosco.” ( da “ Il
rapimento di Lol V. Stein”, Feltrinelli)
MARTEDI’ 7
Lingue
Una ricerca rivela che l’età ideale per imparare le lingue straniere è da 0 a 9 anni. E me lo vengono
a dire a 65.
MERCOLEDI’ 8
Sos strada
Le feste di fine anno hanno portato 232 morti per incidenti stradali, più dell’anno scorso. Sembra
che non possa mai cambiare nulla sulle strade; ogni anno muoiono in Italia tra le 6.500 e le 8.000
persone.
Provincia tragicamente in prima linea, Treviso ad esempio ha contato nel 2002 gli stessi morti del
1988, e cioè 156. Nel segno della stabilità del lutto.
Anche in Francia è un disastro, tanto che il governo ha messo la sicurezza stradale fra le prime tre
cose di cui occuparsi subito. Partendo dal presupposto che più dell’80 per 100 degli incidenti
dipende da chi guida, Parigi punta quasi tutto sulla repressione.
Da noi vige l’attesa. Si aspetta il codice. Si aspettano le mappe dell’Anas e gli studi provinciali.
Che il nuovo codice stradale sia in ritardo non fa notizia, è la regola. Colpisce invece questa infinita
ricerca su cause e concause.
Saranno almeno venti anni che sento parlare di censimento dei “punti neri”, delle strade a rischio,
dei luoghi tendenzialmente mortali. Trovo sensato fare la mappa dei nuovi rischi, ma i vecchi
dovrebbero essere archiviati da un pezzo.
In Veneto, ho invece la precisa sensazione che almeno la metà dei sanguinari punti neri degli anni
Ottanta stia invecchiando con me. Sarei molto grato se qualcuno, dati alla mano, mi dimostrasse che
la mia è un’impressione finalmente infondata.
La sicurezza stradale è fatta di tante cose. Conta la mentalità più del codice. Faccio il caso più
quotidiano: per imporre le cinture di sicurezza occorre forse un codice nuovo di zecca? Perfino tanti
vigili urbani, solitamente sensibilissimi ai divieti di sosta, si mostrano insensibili alle cinture.
Del resto lo stesso ingegnere Pietro Lunardi, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha
confessato al “Corriere” di essere poco concentrato su questo problema salendo nella sua Bmw
540i.” Quando entro in macchina – ha dichiarato – io sono il primo a non avere l’istinto di mettere
la cintura.”
Se è per questo, non avremmo nemmeno l’istinto di pagare le assicurazioni. Ma si deve e si fa.
Insisto da sempre sulle cinture perché è una misura immediata, concreta e a costo zero, che non ha
bisogno di nulla. Né di codici, mappe, studi; né di scuole speciali o campagne progresso.
Basta dire sì al buon senso. Basta scambiare l’istinto sciattone con l’istinto di sopravvivenza.
Non riusciremo mai a disciplinare la velocità e, soprattutto, a limitare le micidiali distrazioni della
guida finché non passa almeno la cultura della cintura. La cintura é il salvavita più familiare in una
guerra da 8.000 caduti all’anno.
A volte sento dire che le cinture servirebbero poco o, peggio, che sarebbero in certi casi dannose. E’
un po’ come sei anni fa in America, quando scoppiò la polemica sugli air bag, i palloni di plastica
protettiva che esplodono fuori dallo sterzo e dal cruscotto.
Le statistiche dimostravano che l’air bag, obbligatorio negli Usa dal 1988, aveva già salvato 1.700
vite umane ma che, sparato fuori a 300 all’ora dall’esplosione, la sua bolla si era invece rivelata
mortale per alcune decine di bambini o per gente bassa di statura. L’allarme servì a perfezionare la
protezione, informare di più gli automobilisti e sistemare meglio i bimbi in macchina, non per
rinunciare all’air bag.
Oggi le auto sono più sicure ma, su strade urbane pessime, troppi ragazzi passano con un solo colpo
di acceleratore dalla scuola guida alla guida senza scuola. Senza contare che, con una migliore
organizzazione dei soccorsi e della traumatologia, si potrebbero evitare tanti morti.
C’è ancora un sacco di roba da fare.
GIOVEDI’ 9
Malinconia
Con la regia di “Striscia la notizia” (canale 5), i sindaci di Asiago e Roana smascherano tre
spacciatori di televisione, piazzisti della cialtroneria a pagamento, abusivi dell’informazione.
Confido le mie reazioni di giornalista: 1) bravissimi i sindaci; 2) molto brava Striscia; 3) il resto è
tanta malinconia professionale.
VENERDI’ 10
Felicità
Una psicologa inglese svela la formula della contentezza: “ Felicità = P + (5 x E) + (3 x H).” Non
ho avuto la pazienza di andarmi a leggere che cosa intendesse dire. Ho solo ripensato a Silvio
Ceccato, geniale studioso vicentino, che considerava la felicità una parola “terribile” avendone
sperimentato sia la presenza che l’assenza.
SABATO 11
Veneti 1951
Mario Fazio, giornalista e scrittore, vive nella sua Liguria. E’ stato anche presidente di Italia Nostra.
Negli anni Cinquanta, quand’era giovanissimo reporter in giro per il mondo, raccontò le storie degli
emigrati italiani, particolarmente in Australia, Argentina e Venezuela.
Le ricerche più puntigliose dicono che in Australia gli italiani sono più di 600.000, seconda
comunità straniera dopo i dieci milioni di inglesi, mentre 135 mila risiedono in Venezuela.
L’Argentina è un caso a sé visto che in tre ondate, dal 1876 al 1950, accolse tre milioni di italiani,
quasi pari alla popolazione dell’intera Albania di oggi o alla metà di quella di Israele.
Sulla “Stampa” di Torino, Fazio ha rievocato le sue esperienze dirette. Correva l’anno 1951,
all’arrivo in Australia.
“Dopo le visite mediche e doganali – ricorda – avveniva una tacita selezione:da una parte veneti,
trentini, friulani, alti e robusti, vestiti con cura. Non cercavano un pane ma un lavoro migliore.
Dall’altra i meridionali, dei quali venivano subito distrutti i fagotti contenenti salsicce piccanti,
provoloni, capicolli, ritenuti possibili veicoli di infezioni. Per i nostri calabresi e siciliani,
provenienti da zone poverissime, privi di ogni nozione di inglese, l’inserimento era difficile.”
A Melbourne conosce fra i tanti Angelo Menegazzo, sbarcato povero in canna prima della guerra
ma già diventato ricco. “Classico contadino veneto, capelli bianchi, sobrio e dignitoso – racconta
Fazio – mi accompagnò a visitare la sua tenuta di Werribee, dove vivevano quattro fratelli con
sorelle e cognati, una cinquantina di nipoti. Era orgoglioso della sua villa ma soprattutto
dell’enorme frigorifero e del radiogrammofono che cambiava i dischi automaticamente. C’è in
Italia?, mi chiese.”
In piazza Bolivar a Caracas, capitale del Venezuela, gli emigrati si ritrovavano vicino alla
cattedrale, lungo un muraglione. Lo chiamavano “il muro del pianto”, sito della nostalgia comune.
In Atlantico, sulla rotta per l’Argentina, si incrociarono molto da vicino due navi, una che andava,
l’altra che veniva. Tra saluti e reciproci sventolii , uno degli emigranti sulla via del ritorno urlò:”
Che cosa andate a fare? E’ meglio starsene in Italia.”
1951, delusioni, fatiche e grandi speranze.
DOMENICA 12
Il consiglio
L’ex capo dello Stato Cossiga va a cena con Berlusconi avvertendolo di fidarsi di D’Alema e anche
di Rutelli ma di “guardarsi dal suo unico vero nemico” cioè da Prodi. E’ dal 1996 che Berlusconi lo
sa.
—————- (citazione)————–
Gian Giacomo Cappellaro da “Porta Altinia”, Centro grafica di Venezia.
“Quando il papà si trovò a dover usare per la prima volta l’apparecchio del telefono, fu un’impresa
tale da provocare il suo turbamento. Non fu emozione di fronte a quel meraviglioso ritrovato della
tecnica. Si trattò piuttosto di scrupoli.Come si può entrare in casa altrui così, senza essere invitati,
contro ogni buona regola di discrezione? Perché in fondo è un modo di entrare in casa d’altri, sia
pure con la voce. Così il papà sollevò la cornetta non senza esitazione, chiese con cortesia alla
signorina telefonista il numero desiderato e , stabilito il contatto, mentre dall’altra parte un vocione
ruvido e imperioso urlava “Prontoo!”, il papà esitando domandò: “E’ permesso?”.