2003 gennaio 19 Casini
2003 Gennaio 19 – Casini
Classe 1955, Pierferdinando Casini è giovane per essere la terza carica dello Stato italiano, con
vent’anni buoni di differenza rispetto alla generazione politica di Bettino Craxi sulla cui tomba in
Tunisia ha portato l’altro ieri un mazzo di fiori. E’ anche emiliano, il che non guasta quando si
tratta di metterci una pietra sopra o, come usavano gli indimenticabili Peppone e don Camillo del
corregionale Guareschi, di riconoscersi reciprocamente nel meglio degli uomini invece che nel
peggio delle loro azioni.
Dal punto di vista umano, la visita al cimitero di Hammamet è stato un buon gesto. Vorrei proprio
vedere che qualcuno avesse da ridire sul fatto che un politico cristiano in carica sia andato a fare il
segno della croce dove riposa un politico laico che nel bene e nel male ha fatto un pezzo importante
della storia recente d’Italia. Fra l’altro una storia comune a entrambi, sia al potente Craxi che
all’apprendista Casini di quegli anni.
Ma si farebbe torto al saper fare istituzionale del presidente della Camera se, reso durante la sua
visita ufficiale in Tunisia, l’omaggio a Craxi a due anni dalla morte venisse rubricato dal protocollo
come privato, da uomo a uomo della prima Repubblica. Non per nulla i figli del leader socialista
hanno più che legittimamente dichiarato di considerare il gesto come una restituzione di “onore da
parte dello Stato italiano” al padre.
Se così è e così appare, l’episodio riguarda l’opinione pubblica oltre che l’on. Casini. E’ vero che il
presidente della Camera dei deputati ha fatto ad Hammamet una precisazione:” Non sono venuto a
fare politica” , ma è altrettanto vero che a volte si fa politica più tacendo che evocandola: i gesti
simbolici parlano da soli, senza bisogno di discorsi d’accompagnamento.
Diciamo allora le cose come stanno. Riconoscere il ruolo e anche il peso politico di Craxi sarà per
gli storici di domani come scoprire l’acqua calda. Fu lui a piantare il pugnale dell’autonomia
(socialista) nel cuore dell’egemonia (comunista).
La patente di riformista della sinistra italiana non gliela può più levare nessuno, nemmeno chi lo
vedeva come la clonazione di tutti i vizi cumulati da una sfilza di decisionisti, da Crispi a
Mussolini, da Tambroni fino alla Thatcher e a Reagan. Prima che franasse da solo il Muro di
Berlino, Craxi aveva buttato giù in Italia qualche muretto non da poco nei dintorni di Botteghe
Oscure, tradizionale sede del Pci, il Partito comunista italiano di Togliatti e di Berlinguer.
Neanche tre Bertinotti avrebbero intimidito Craxi, e lo dimostrò con il referendum sui tre punti di
scala mobile. Ma nemmeno Ronald Reagan, pur fornito di ben altri argomenti di pressione, riuscì a
mettergli i piedi in testa nel 1985 dopo il sequestro della nave da crociera Achille Lauro da parte di
terroristi palestinesi.
Per ricordare ai reparti speciali della Delta Force americana che sul territorio italiano comandava
l’Italia non la Casa Bianca, Craxi mandò a tenerli a bada i carabinieri in tenuta da combattimento.
Un gesto che guastò i rapporti con gli Usa ma tutto da “hombre vertical”, da uomo con la schiena
dritta, avrebbe riconosciuto Giampaolo Pansa nonostante la sua intransigente critica al craxismo
come stile politico.
Questo Craxi è Craxi, ha voluto certificare ad Hammamet il mazzo di fiori di Casini. Il fatto è che
Craxi è anche il leader dei 41 capi di imputazione nell’inchiesta di Mani Pulite, soprattutto per
finanziamento illegale ai partiti e per corruzione.
Uno storico esponente socialista, Giacomo Mancini, confessava allora di non avere la minima
incertezza: “ Craxi ha distrutto il partito socialista.” Al portone della federazione socialista di La
Spezia fu affisso il cartello:” Chiuso per tangenti.”
Troppo tardi Craxi ricordò solennemente a se stesso e al Parlamento che soltanto gli spergiuri
avrebbero potuto negare nell’aula della Camera che l’intero ceto politico vivesse nell’irregolarità o
nell’illegalità. Troppo tardi; Tangentopoli era già in moto e avrebbe provato il Grande Saccheggio
della partitocrazia a spese dei cittadini e dei contribuenti.
Certe opere pubbliche finivano per costare da anni il doppio, compresi gli stadi dei Mondiali 1990.
Conti alla mano, gli economisti calcolarono che tra il 1980 e il 1990 la corruzione del sistema
politico si era fatta fuori almeno 80 mila miliardi. Un pagatore di tangenti reo confesso , l’architetto
De Mico, aveva brevettato addirittura una valigetta fatta per contenere esattamente mezzo miliardo
in contanti, né una banconota in più né una in meno.
Le due forze politiche più giustizialiste in campo erano allora il partito di Fini e la Lega di Bossi. I
ragazzi dell’Msi scandivano cori da levare la pelle davanti a Montecitorio mentre Bossi, subito
dopo il voto parlamentare che negava a Mani Pulite l’autorizzazione a procedere contro Craxi,
concluse così:” I democristiani sono tutti porci. Ma noi abbiamo guadagnato un altro cinque per
cento.”
Il centrodestra, che adesso ha una gran fretta di processare con un’inchiesta chi processò
Tangentopoli, potrebbe strada facendo incontrare qualche imbarazzante ricordo. Tempo al tempo.
In ogni caso, è escluso che l’omaggio di Pierferdinando Casini ad Hammamet possa essere
comprensivo anche della smemoratezza. Questa mai.