2004 febbraio 24 Juventus
2004 febbraio 24 – Juve campionato
La Juventus guida da sola la classifica: sembra una notizia, ma non lo é. In questo momento non
potrebbe che essere così, se non altro per surplus di disinvoltura. Tatticamente parlando, ha quasi
distrutto l’idea stessa di squadra-base; di volta in volta costruisce la formazione secondo il principio
della giostra. A giro.
Roba da matti; anche le gerarchie tecniche sembrano un gioco da ragazzi a rovescio. Il suo
esemplare migliore, Del Piero, spreca perfino un calcio di rigore mentre le punte di riserva, Di Vaio
e/o Miccoli, lo sostituiscono facendo i gol migliori. La Juve ha per ora l’aria di divertirsi anche con
il cosiddetto “turn over”, rotazione di uomini che di solito crea grane a non finire in panchina.
Si sa che Lippi é un bravo tecnico; probabilmente é anche fortunato. Di sicuro sta sfruttando tutti i
giocatori al cento per cento, più del Milan e più dell’Inter di Cuper. Dico di Cuper perché, soltanto
da quando é stata affidata a Zaccheroni, l’Inter sembra avviata alla normalità: Ronaldo aveva
ragione da vendere, altro che.
A me Di Vaio piace un sacco, da sempre. Non è un attaccante alla Gigi Riva di trent’anni fa, però
sbuca fuori dalla stessa grande innata voglia di chiudere l’azione. Di Vaio, classe 1976, sta bene
soltanto quando ascolta il fruscio del gol scendergli lungo le tibie, destra o sinistra fa poca
differenza.
Funziona anche come personaggio, Di Vaio, proprio perché non lo é affatto. Mi ricorda certi tosti
tedeschi di Amburgo più che un romano dall’io ipertrofico in campo. Disciplinato, si fa i fatti suoi,
dà pochissima scena, bada al sodo, prende botte e se le porta a casa per mestiere. Ha il segreto di
segnare come un campione comportandosi come un giocatore qualunque.
Nel decidere ogni anno gli acquisti, ho quasi l’impressione che la Juve ricorra anche a uno
psicanalista in grado di interpretare i segni-guida, i gesti, i comportamenti, gli indizi caratteriali dei
giocatori da portare a casa. Leggo questo stesso stile da Bettega a Del Piero, non a caso giocatori-
bandiera eredi di Boniperti, fino a tipi umani come Trezeguet, Nedved, Di Vaio appunto.
Una grande squadra mette insieme prima uomini poi talenti. Vecchia legge , questa, sbattuta
volgarmente in prima pagina attraverso uno sputo in faccia, lo sputo televisivo in mondovisione di
Sinisa Mihajlovic, ahimè giocatore leader della Lazio.
E’ vero che gli studiosi fanno risalire le sfide dello sport moderno alle antiche e cruente scene di
caccia, ma come si fa a sputare in faccia all’avversario? Quando si é presi dal livore, la produzione
di saliva diminuisce in bocca per alterazione nervosa; in questo caso, l’aggressività si manifesta più
violenta persino delle reazioni chimiche.
La commissione disciplinare europea ha fatto benissimo a squalificarlo per otto partite, visto che
doveva colpire non soltanto Mihajlovic in carne e ossa ma anche il simbolo di una carriera tradita.
Formalmente é stata una sentenza individuale; in pratica, voleva essere una lezione per tutti.
Lui è un asso in difesa; ha numeri tecnici da manuale, vedi i calci di punizione più taglienti dei
coltelli. Oramai a fine carriera per limiti di età, si sarebbe potuto presto congedare come ieri un
Baresi o domani un Maldini: da campioni che lasciano traccia personale oltre che scuola tecnica.
Invece no. Mihajlovic diventa la bandiera negativa di tanti professionisti non all’altezza dei loro
miti popolari. Potrebbero dare esempi ma finiscono per diseducare, tanto che gli inglesi considerano
lo sputo l’insulto peggiore negli stadi.
Fa peggio che male. Colpisce l’immaginario del calcio, non una caviglia o un ginocchio. E’ lo sputo
al fair play.
Non so se sia meglio ricordare o dimenticare robaccia del genere. Perfino le biografie dei grandi
intellettuali del Novecento sono piene di storie poco eleganti. La terza moglie del grande Ernest
Hemingway, anch’essa giornalista e scrittrice, si prendeva fior di ceffoni quando lui era ubriaco, il
che gli accadeva spesso.
E noi del football siamo plebei, non intellettuali.