2004 febbraio 9 Acli lavoro
2004 febbraio 9
Si potrebbe scegliere per i giovani d’oggi un mitico invito di qualche millennio fa che Gaetano
Mosca, definito da Angelo Panebianco “uno dei fondatori della moderna scienza politica”,
riproponeva tale e quale ai suoi studenti negli anni ’30 . Le parole citate dal professore erano quelle
di Ettore, l’eroe troiano di Omero che fece al giovanissimo figlio questo augurio:”Possano i tuoi
contemporanei, quando ti scorgeranno, esclamare: esso é più forte di suo padre.”
L’antica pagina dell’Iliade – che mi ricorda l’amato Liceo Canova di Treviso – sembra pensata e
scritta adesso, mentre discutiamo di futuro tecnologico, di ragazzi globali, di cambio generazionale,
di valori collassati o in gestazione, di un’Italia particolarmente alle prese con due giganteschi
problemi in conflitto e allo stesso tempo in relazione : mi riferisco a una società di anziani
chiamata a scommettere più che mai sui giovani. Nella speranza, proprio come diceva Ettore con tre
stupende righe, che i figli crescano “più forti” dei padri.
Non é retorica questa, e nemmeno allusione di giornata se solo si pensa che nel 2010 i veneti con
più di 65 anni saranno il 20,8 per 100 della popolazione come segnala il Programma Regionale di
Sviluppo. La speranza in figli “più forti” resta anzi il vero nocciolo etico della politica che intenda
stare a ruota dei cambiamenti a getto continuo e , ancora meglio, che punti a precederli di un passo
per guidarli almeno in parte.
Non si tratta di un monito paternalista o di una raccomandazione deamicisiana, né di una fuga nella
poesia via dall’eterno vivere degli uomini. Semmai il contrario della fuga; in altre parole un
richiamo alla realtà: cioè il faticoso regno del possibile. Il più impegnativo, infinitamente più delle
utopie.
Qui un altro grande poeta ci dà una mano con il saggio buon senso.Bisogna aprire la finestra ,
consiglia Andrea Zanzotto , che da Pieve di Soligo ci insegna attraverso i suoi versi, le sue prose, la
salda testimonianza a mettere a fuoco i temi del nostro concitato tempo. Non una finestra sul
cortile, dunque, ma una finestra sul mondo che nonostante tutto spinga a investire la testa, il cuore e
le leggi nel rinnovamento.
Viviamo dalla mattina alla sera questioni molte complicate, sistematicamente in sorpasso rispetto ai
ritmi decisionali. Le ricette facili svelano la propaganda, la demagogia. Ciò che servirebbe da destra
a sinistra é invece la visione d’assieme sommata alla disponibilità, innanzitutto politica ahimè, a
lavorare finalmente con spirito di servizio.(Quelli della Acli, ad esempio, capiscono al volo il
significato così espansivo di “servizio”).
Le difficoltà sono tante.Si sostiene da parte di molti che spesso la fiducia dei giovani é sotto le suole
delle loro scarpe; che la famiglia perde tenuta; che il lavoro sembra inquietare più che rassicurare; e
che anche l’istinto al risparmio si indebolisce sotto i doppi colpi del dio consumo e, all’opposto,
delle discusse ma ben visibili povertà d’acquisto . E’ tutto vero, non sono forzature sociologiche
provocate quasi da un misterioso e cattolico rimorso dell’opulenza.
Ma esiste anche l’altra faccia. Un’infinità di ragazzi che coltivano aspettative non sogni,
competenze non luoghi comuni; che non si arrendono alla precarietà dei riferimenti; che
giustamente difendono con i denti il benessere sudato da nonni e padri senza fare dei schèi i padroni
onnipotenti dell’esistenza ; che sono capaci di gesti volontari, non conformisti, innovativi, anche
gratuiti, spesso al riparo dall’esibizione e dalla cultura del “saranno famosi”. Sono ancora un
esercito questi ragazzi.
L’altro secolo fu decretata la morte di Dio. Il secolo scorso la fine del lavoro. Adesso, l’eclissi della
famiglia, il ripudio del matrimonio in chiesa, la morte dei valori tramandati. Viviamo una civiltà che
non sa più aspettarsi, e che tuttavia non fa morire nulla di davvero definitivo. Piuttosto, reinventa da
zero attraverso significati fino a ieri sconosciuti.
Anche l’associazionismo non é più lo stesso. Perfino Dio diventa un altro Dio nella rivoluzione
radicale dei concetti.
Il lavoro é oggi la dignità fatta persona, il primo welfare della società. E la famiglia rappresenta il
miglior bene-rifugio, come confessano gli stessi giovani nelle
loro gerarchie della
fiducia/sfiducia..Ha ragione il Papa, anche laicamente, anche politicamente: al centro deve stare la
famiglia.
Per fare un ottimo programma elettorale, sarebbe a mio parere sufficiente una parola cubitale:
donna. Una politica per la donna sarebbe una politica per l’intera società italiana , tenendo insieme
tutti i fili, ma proprio tutti, della nuova famiglia, del nuovo lavoro, della nuova natalità e del nuovo
welfare dei servizi.
Ho questa idea fissa. Sbaglio?
Giorgio Lago