2004 giugno 30 Bossi
2004 giugno 30
Hanno ucciso nelle urne Max Weber, il sociologo tedesco che diede senso politico al termine
carisma. Nel covare altri voti della verità per il 2005 e/o per il 2006, questo doppio voto europeo e
amministrativo del 2004 colpisce al cuore soprattutto la suggestione del leader carismatico. In
parole povere fare a meno della forma-partito per accendere il consenso popolare attraverso un
infinito referendum o con me o contro di me, rivolto tanto agli alleati quanto agli oppositori, sia ai
“comunisti” che ai “piccoli partiti”.
Il noi di coalizione spegne l’io dei patti televisivi con gli italiani. Si cambia canale con maggior
disincanto; il Signore non unge più nessuno a destra né a sinistra, e meno che meno Silvio
Berlusconi. “Fine della monarchia e della passerella”, sintetizza ora il post- Dc Follini.
Il carisma di Berlusconi si dimostra compromesso a tal punto che la Lega Nord continua a
intimargli a nove colonne sul quotidiano la Padania:”O torni a fare il leader o si torna a votare”,
come se il ruolo di guida riconosciuta e indiscussa fosse già vacante. Mai turno elettorale ha reso
così difficile il bipolarismo tarato sugli indici d’ascolto più che su alleanze di programma, riforme
e ceto politico di qualità. Non é un giudizio di merito; soltanto un dato di fatto.
Fino all’altro ieri Berlusconi confidava nei sondaggi; adesso si attiene ai numeri, brutali per lui da
Milano al Sud. Basti ricordare che alle politiche di tre anni fa il centrodestra aveva ottenuto in
Sicilia il record di 61 parlamentari su 61 lasciando incredibilmente a zero tutte le opposizioni
mentre oggi Forza Italia perde mezzo milione di voti siciliani e, al Nord, consegna la provincia di
Milano al centrosinistra.
Nulla assomiglia più a prima. Sono in crisi gli spot, le lettere di massa, i manifesti, gli slogan, il
presenzialismo televisivo, i sorrisi planetari, le parole d’ordine usate come precetti di fedeltà. La
folla mediatica tace, per overdose di comunicazione.
Contano di più buoni candidati locali. Il ceto medio cerca stabilità; il popolo delle partite Iva aspetta
disilluso la rivincita sulla burocrazia. Contesa tra Berlusconi e Bossi, anche la cosiddetta “questione
settentrionale” si ritrova un po’ figlia di nessuno e, soprattutto, in crisi di rappresentanza tra Forza
Italia e Lega Nord. Il collasso di Milano insegna.
A caccia di effetti simbolici, molti osservano a ragione che proprio Milano diede vita dieci anni fa
al berlusconismo. Pochi ricordano che madre della Lega Nord fu la Lega Lombarda e che Milano
rappresentava per Bossi il duomo padano del fare contro la palude romana dell’assistenza.” Io ho
una cultura della strada”, raccontava da lumbard, probabilmente per dichiararsi subito allergico a
fare anticamera con il vecchio potere.
Da sempre Milano divide e unisce Berlusconi e Bossi. La sconfitta di domenica lascia più che mai
la Casa “in” Libertà, quasi acefala di entrambi, senza contare che lo smacco politico di Berlusconi
aggiunge alla lenta ripresa fisica di Bossi una precarietà non decifrabile fino in fondo.
La Lega in particolare é un cantiere aperto; ha perso Milano per aver indebolito da parte sua il
centrodestra e Bergamo per essere stata rifiutata dal centrodestra! Risultati da psicanalisi del voto.
Nata come movimento, la Lega attraversa in queste ore la fase più movimentista . Creatura di
Bossi, vive come propria la convalescenza del capo, ne riflette le assenze, i silenzi, i rari e
riservatissimi messaggi, la convinzione che “ ci si gioca tutto in due mesi” secondo lo stesso stile
ultimativo del Bossi in piena salute. Per intenderci, il capopopolo delle piazze unanimi di ieri più
che il ministro delle riforme oggi insidiate, a cominciare dal federalismo sotto forma di emendabile
devoluzione.
Lega e Forza Italia si sono di volta in volta odiate, detestate, insultate, sopportate o alleate. Amate
mai. Il movimento territoriale di Bossi sta molto a fatica con il partito senza territorio di Berlusconi.
Non a caso entrambi hanno avuto bisogno di due garanti in servizio permanente come il
visibilissimo ministro Tremonti e l’invisibile sottosegretario Brancher, per evitare le tentazioni più
velenose. Di Berlusconi, nel considerare Bossi non indispensabile (numericamente) alla
maggioranza di governo. Di Bossi, nel rifiutare le mani (politicamente) legate da Fini e da Follini,
figli naturali della tradizionale storia dei partiti italiani.
Con il carisma di Berlusconi in panne, AN e Udc puntano a un centrodestra a guida plurale che la
Lega sospetta sul modello della prima repubblica, riconsegnato alla mediazione delle segreterie e
pigro anche su un federalismo in modica quantità. Tra verifica e rimpasto, surplace delle riforme e
debolezza di Berlusconi, qui la Lega riscopre tutto il suo vecchio amore della solitudine.
Anche se la secessione tombale del Nord é ovviamente scomparsa nella notte dei tempi, la forza
“popolana” della Lega dà sul suo federalismo di bandiera gli otto giorni al centrodestra e minaccia
la via catalana, come dire l’uscita dal governo con la libertà di scegliere domani fra destra e sinistra
soltanto in base a ciò che danno non a ciò che sono.
Forse Umberto Bossi non é poi così assente come sembrerebbe in un 2004 che evoca atmosfere da
1994. Altro che anti-politica; la Lega Nord sta facendo politica nella coalizione impossibile:”Io
sono indispensabile – parola di Silvio Berlusconi – perché sono l’unico che riesce a tenerli
assieme.”
Ma il centrodestra non era una grande famiglia con un solo plebiscitario pater familias?