1990 ottobre 21 E le Br colpiscono ancora

1990 ottobre 21 – E le Br colpiscono ancora

Un grande poeta spagnolo, Miguel Hernandez, fatto morire dal regime
franchista in un carcere di Alicante, scrisse che gli avevano portato via tutto, la
libertà, la felicità, la vita. Una sola cosa non sarebbero riusciti a carpirgli: «la
terrazza dei pensieri», quell’ultimo segreto atollo che salva la dignità dell’uomo
dalle angherie del potere.
Dodici anni dopo l’assassinio di Aldo Moro, questa Italia malata continua a
rovistare tra i «pensieri» di un uomo di potere in cattività, segregato e umiliato,
lucidamente terrorizzato. E li utilizza non con spirito memorialista, per capire;
la lettura postuma serve esclusivamente ad alludere, insinuare, confondere,
intimidire. Per paradosso da mettere i brividi, le Br che persero la guerra armata
riescono a vincere la battaglia ideologica: il Palazzo affonda nella melma da
esso stesso frullata, e vi si nutre.
C’è del vampirismo, anche nell’informazione, attorno alle lettere di Moro quasi
che quei pensieri fossero documenti politici, non il frutto di una pena, questa sì
politica oltre che umana. Moro non svela fatti; confessa giudizi all’ombra di
uno solo, per lui inesplicabile interrogativo: «Perché mai debbo morire?». Non
se ne diede mai ragione, non poteva.
Il politico della mediazione, del compromesso, della prolissità – il campione
della distanza tra linguaggio politico e società – non poteva comprendere una Dc
trasformatasi di colpo in partito di ferro, impermeabile alla trattativa,
infrangibile sui principi, guardiano del senso dello Stato in uno Stato al quale il
solidarismo cattolico aveva da sempre guardato con diffidenza.
«Finora mi hai sempre ascoltato, perché adesso vuoi fare di testa tua?» scrive
Moro a Zaccagnini dopo che nella Dc della fermezza scopre un partito
sconosciuto, non più suo. L’ira di Moro, fino al livore, assomiglia al
disconoscimento di paternità verso una Dc cui Moro ha per anni insegnato a far
convergere persino le parallele ma che, nemmeno per salvargli la vita, riesce più
a essere morotea.
Estraniato dalle Br e angosciato dalla morte, Moro perde il contatto con la
realtà. Non si rende conto che la stessa Dc è prigioniera quanto lui e condannata
a non cedere al terrorismo almeno quanto il Pci.
É umanamente vile e politicamente sudicio usare un morto ammazzato, 12 anni

dopo. Ma da tempo la lupa di Roma capitale è diventata una iena.