Pierluigi Tagliaferro – La sua grande capacità di ascoltare La sua straordinaria capacità di scrittura (2005)

La sua grande capacità di ascoltare La sua straordinaria capacità di scrittura

È stata una lezione, la sua. Di giornalismo? Certo. Ma, soprattutto, di fascino personale come elemento costitutivo di una leadership che ha segnato un decennio tra i più fruttuosi dell’ultrasecolare storia del Gazzettino. Credo che pochi siano sfuggiti, anche nella professione, a quella sua straordinaria capacità seduttiva. Giorgio Lago sapeva smussare con il sorriso ogni contrasto, riusciva a governare situazioni e uomini con serenità disarmante. Era autentica o frutto di un autocontrollo severo, quasi feroce? In un giornale il direttore è sovrano assoluto; eppure, Giorgio seppe coinvolgere nel suo potere ogni sia pur minima scheggia di contributo che gli venisse dalla “sua” redazione. Riconducendo alla ragionevolezza anche gli spiriti più impulsivi (lo posso testimoniare di persona) che talora lo rimproveravano, amichevolmente, di cercare sempre e comunque un punto di incontro. Lo trovava. Aveva ragione lui. Cosicché gli si perdonava tutto, anche i suoi ritardi leggendari. Credo fosse arrivato puntuale soltanto al ricevimento sullo yacht del principe Carlo d’Inghilterra.

Insomma, ha “governato” per dodici anni con la democrazia del fascino o, se volete, con il fascino della democrazia. Che sapeva trasfondere in ogni suo atto. Nella vita e nel lavoro. Nei confronti del potere politico di cui non è stato mai succube come con ogni dipendente, La sua familiarità con tutti noi, dalla redazione alla tipografia, è stata quanto di più informale si sia visto in un quotidiano. La sua disponibilità con i lettori, unita a una rara capacità affabulatoria che nel telefono aveva lo strumento d’elezione, tocco punte proverbiali. Come il giorno in cui, raggiunto durante una riunione di redazione da una telefonata che per errore era finita nel suo apparecchio, intrattenne per almeno un quarto d’ora l’interlocutore che, se ben ricordo, voleva parlare con l’Inps.

Al di là dell’aneddotica, ben altra era la sostanza. Come quando, a dieci giorni dalla sua nomina alla direzione, nel corso di una riunione con il vice direttore Sergio Gervasutti e con me, cui aveva affidato il compito di sovrintendere alle redazioni esterne, decise una serie di assunzioni e di nomine che oggi – sono passati oltre vent’anni – costituiscono l’asse portante del giornale. Ascolto, valutò le proposte e decise. Dando totale fiducia ai suoi collaboratori. Ecco, la capacità di ascoltare. Il che gli permise di captare ogni segnale che provenisse dall’interno dell’azienda, come dalla realtà veneta, interpretandolo e trasformandolo in un elemento di crescita del giornale.

Giorgio, non credere che abbia dimenticato la cosa più importante, la tua straordinaria capacità di scrittura, il tuo amore per lo sport. Un ricordo soltanto. Quando l’Italia di Bearzot vinse il Mondiale in Spagna credo tu abbia trasmesso per telefono nel cuore della notte (non c’erano i pc portatili, allora) l’equivalente in cartelle dell’intera produzione degli inviati di un paio di altri giornali. Vincendo da par tuo, degno amico e discepolo di Gianni Brera, il tuo titolo mondiale di qualità. Chissà se, dove sei adesso, ne parlerai con Scirea.

di Pierluigi Tagliaferro