Edoardo Pittalis – 15 anni senza Giorgio

15 anni senza Giorgio Lago

Giorgio Lago è morto 15 anni fa, ma è rimasto nel suo Veneto con il testamento civile e culturale che ha lasciato.
Quelle pagine ne fanno ancora un protagonista di una regione oggi particolarmente confusa e impaurita.

La storia di Giorgio
Lago ha attraversato mezzo secolo di giornalismo dagli Anni ’60 al Duemila, sempre in prima pagina: da inviato sportivo a commentatore della politica, da cronista a direttore. Ha conservato negli anni la curiosità e la freschezza, uno stile mai banale e sempre alla portata del lettore; la voglia di aggiornarsi costantemente, di studiare, di conoscere uomini e storie, soprattutto di ascoltare per capire. Non sono qualità comuni, i giornalisti sono più portati a parlare, meglio se di se stessi; fanno domande e non attendono le risposte. Molti sono convinti di sapere tutto. Lago aveva l’umiltà di chi sapeva che si doveva sempre imparare, andava a cercare i protagonisti della nostra storia contadina e industriale, sapeva come far parlare i “giganti” di questa terra e come conservarne la lezione, la lingua e il dialetto, la fede e la rabbia.

Giorgio tra giornalismo e sguardo in avanti
Lago aveva intuizioni non comuni e questo ne ha fatto il grande direttore di un giornale, “Il Gazzettino”, capace negli ultimi vent’anni del secolo scorso di interpretare il Veneto come raramente era riuscito a qualcuno. Inventandosi quel riferimento al Nordest, che non era soltanto un’entità geografica, Lago ha dato un’identità che mancava a una macroregione che si affermava in quegli anni come la “locomotiva” dell’Italia e un po’ anche della stessa Europa. Il tutto in un momento di enorme trasformazione economica e politica. Era un altro “miracolo economico”, inatteso e violento, capace di stravolgere una mentalità e una cultura. Lago è stato capace di reggere lo scontro, di controllarlo, di creare qualcosa che mancava e che poteva ridefinire il Veneto della novità che si sistemava in un panorama mutato. Ci vuole talento e Lago lo aveva, assieme al fiuto del grande giornalista e a un pizzico di fortuna per essere pronti a cogliere il momento.

Giorgio Lago e la storia del giornalismo veneto
La sua è stata una bella stagione del giornalismo e non soltanto veneto. Certo caduta anche in una fase fortunata, quando i giornali si vendevano e bastava un “Bingo” , concorso a premi, per far crescere le vendite. Quando in edicola con un quotidiano ti davano settimanali e videocassette che portavi a casa. Era un’altra Italia, è vero, ma bisognava saperla gestire e Lago sapeva come fare. Così come ha saputo gestire a fase che ha portato alla fine della Prima Repubblica, la caduta di tanti idoli spesso falsi con lo scandalo immenso di “Tangentopoli”.

La capacità di capire il futuro
Aveva saputo prevedere molte cose, soprattutto la paura di una società convinta di avere tutto e che si scopre d’improvviso indifesa. Ci sono articoli sulla Sars, la pandemia di una ventina d’anni fa, che potrebbero essere letti oggi con la stessa forza. Diceva, riprendendo un grande Presidente americano, che bisogna avere paura soltanto della paura. Diceva anche che il vaccino contro la paura doveva ancora essere scoperto. Rievocava in un colpo solo la saggezza di una terra che era stata contadina e non aveva mai scordato di esserlo. Non è mai entrato a gamba tesa, non ha mai giocato sporco, sapeva ammettere gli sbagli e ricominciare.

L’eredità da ricordare
Se un giovane volesse conoscere quel Veneto che è cambiato per capirne le radici potrebbe farlo semplicemente rileggendo Giorgio Lago. Un’associazione a suo nome ha raccolto 1500 articoli dal 1963 al 2005, dallo sport al nuovo mondo, dalle grandi squadre ai Mondiali di calcio alle Olimpiadi, passando per eroi e per piccoli uomini. Fino alle ultime cose raccontate che spiegano molto bene tutto ciò che accade oggi.  Il figlio Francesco cura il ricordo, ne continua l’opera: adesso c’è anche un “Premio Giorgio Lago juniores” dedicato ai nuovi talenti del giornalismo. Sono coinvolti gli studenti dei licei veneti. Forse i cronisti di domani ci sono già. E’ il modo migliore di raccogliere l’eredità.

di Edoardo Pittalis, editorialista ed ex vicepresidente de Il Gazzettino