1999 Dicembre Olimpiadi a Cortina
1999 Dicembre – Olimpiadi invernali ancora in Italia 50 anni dopo Cortina
Ci si potrebbe anche chiedere che cosa centri Torino con il “circo bianco” e con gli slalom: fra sette
anni le olimpiadi della neve pattineranno in Piazza San Carlo e scenderanno con il trampolino della
Mole? Non scherziamo, i giochi invernali che fanno perno su una grande città europea
rappresentano l’ultima “evoluzione della specie”. Modello terzo millennio, l’evento prima dello
sport.
Una olimpiade come questa vale quattromila miliardi di investimenti, non ha più una dimensione
valliggiana. Le gare dureranno pochi giorni, le infrastrutture dell’indotto per sempre, sicchè
l’industria turistica festeggia molto più rumorosamente degli stessi appassionati di sci, Agnelli
compreso.
Ha vinto anche la Fiat. Le candidature dello sport globale misurano il potere, le influenze, il jet-set
economico, il carisma, un blocco solidale di interessi. Ne sa qualcosa il Veneto “sazio e disperato”
come direbbe il poeta Andrea Zanzotto, che a suo tempo perse il ballottaggio con Torino proprio
perché più sbrindellato, meno compatto e meno abile.
A Seul, Torino non ha poi sbagliato nulla. Si è mostrata per quel che è, una candidatura italiana,
italian style, per niente neutra, e però con il taglio della tecnologia, della ricerca, di chi conosce il
mondo e ci sa stare. “Una efficienza metalmeccanica”, l’ha chiamata Livio Berrutti, che correva i
200 come i grandi neri americani ma con lo stile di un Nureyev.
Certo, ce le hanno fatte attendere queste olimpiadi, dal lontanissimo 1956, quando toccarono a
Cortina d’Ampezzo. Fu l’Olimpiade dei simboli, non dei computer.
Amatissima riserva di caccia al camoscio per gli arciduchi d’Austria, poi annessa al terzo Reich
nazista con l’intera provincia di Belluno, Cortina stava allora buttandosi alle spalle una stagione
romantica del turismo, con i suoi “villeggianti”, la sua ordinata borghesia, le escursioni alpinistiche
tanto amate da Guido Piovene. Su quella Cortina, che a Giovanni Comisso procurava una
“allegrezza infantile” , le olimpiadi del ’56 stabilirono un confine come un cippo tra passato e
futuro. Il prima e il dopo ’56 che in fondo voleva dire tante cose ulteriori. Era l’Italia ,che via via
riacquistava reputazione internazionale. Era il Veneto, ancora povero, ancora migratorio, ancora
“sud del nord”, che però guardava a Cortina e a Venezia come ai suoi sogni proibiti. La “perla delle
Dolomiti”, con i mitici alberghi Cristallo, Miramonti, Posta, usciva dall’ottocento e inaugurava il
turismo di massa. Ricco sfondato, ma già “di massa”.
Più che Olimpiadi, erano un biglietto da visita nazionale. Non a caso, al trampolino del salto, lungo
90 metri e alto 54, tutto in cemento armato fu abbinato il nome “Italia”. Provvide poi il bob di
Monti il “diavolo rosso”, rosso come i suoi capelli a darci l’eroe che ci mancava.
No, tra quella Cortina e questa Torino è impossibile fare confronti. Come se fosse passato sopra di
noi un secolo, non mezzo.
Ma forse, a guardar meglio, non cambia poi l’essenza, un mix di business e di eroi, di millesimi di
secondo e di promozioni.
Sarà morta la lira nel 2001, faremo i conti in Euro.