1999 Giugno 17 Sos doping
1999 Giugno 17 – Sos doping
Il Tour de France è la più antica corsa a tappe del mondo: per un ciclista, il palcoscenico del “Parco
dei Principi” a Parigi equivale a Metropolitan, Scala e Bolscioi messi assieme. Il suo fascino resta
tale che un intellettuale come Massimo Cacciari, noto ciclofilo, sogna di raccontarlo prima o poi da
inviato speciale, e proprio per questo si è già accordato con “Repubblica”.
Il Tour appartiene a una società privata che, gestendolo in totale autonomia, ha deciso di dare una
mazzata al doping e ai suoi dintorni. Senza batter ciglio, il Tour ’99 ha escluso, dichiarandoli
indesiderabili, il corridore più amato dai francesi (Virenque), la squadra più forte e il presidente dei
direttori sportivi. Rinuncia tecnicamente masochista, dunque doppiamente rispettabile.
La “Gazzetta dello Sport” è il giornale che, con crescente bravura, organizza da parte sua il gemello
Giro d’Italia: il Giro vale trenta miliardi, la metà circa in diritti televisivi, un’altra bella fetta dagli
sponsor, il resto dagli arrivi di tappa, tenuto conto che un traguardo in Veneto costa 200/250 milioni.
Bene. La “Gazzetta” ha commentato in prima pagina le decisioni prese dal Tour: vi segnalo come.
Primo commento. Il Tour cercherebbe di non sporcarsi “deviando l’attenzione dall’evento che macina
miliardi e audience”.
Domanda n.1: il Giro cosa macina, forse il pane dei poveri e la clausura mediatica?
Secondo commento. “Se il Tour avesse fondato le scelte sui principi morali, allora avrebbe dovuto
invitare soltanto i bambini della fascia di età dei Giochi della Gioventù, visto che i problemi del
doping sono di tutto questo ciclismo, e quanto meno appartengono alla metà delle squadre iscritte”.
Domanda n.2: se così stanno le cose, perché non lo fa il Giro invece di sfottere il Tour? E perché mai,
ad evitare che tutti i gatti sembrino colpevolmente neri, non si pubblica nome, cognome, indirizzo ed
ematocrito, l’elenco della “metà delle squadre iscritte” in odore di doping?
Viva il Tour repressivo, dico io.
Viva i magistrati francesi e italiani che stanno smascherando il bubbone di tanti medici (si fa per dire)
sportivi (si fa per dire).
Viva Silvio Martinello, padovano, 36 anni ancora sulla breccia, che in queste ore dichiara: “I corridori
che barano devono essere licenziati. E Pantani aveva il dovere di ammettere di aver sbagliato e, su
quello sbaglio, dare una ventata nuova a tutto il ciclismo. Non lo ha fatto”.
Il doping rovina la cultura dei ragazzi, la salute degli atleti e la lealtà della competizione. Falsa i
risultati e la stessa informazione che sui risultati si poggia per celebrare i suoi eroi senza macchia e
senza paura: è come se la notizia in sé presentasse l’ematocrito alto.
Hanno appena beccato perfino un olimpionico, che costa al Coni 60 milioni all’anno, e che aveva
firmato
beffa.
No, no, meno male che il Tour dà l’esempio a sue spese. Viva il Tour, classe 1903, vive la France!
Allons enfants…
campagna
rischio
la
salute”.
La
la
“IO
non