1999 Maggio 25 Pluriomicidio
1999 Maggio 25 – Pluriomicidio
Papà Michele, Mamma Gianna e i tre figli Francesco, Vincenzo e Gianluca sono già precipitati, da
un tornante del Grappa, dentro le statistiche. Il prossimo anno, la Polstrada ci dirà il numero dei morti
del 1999 sulle strade del Veneto ma, nonostante tutta la diligenza e l’efficienza, nessuna conferenza
stampa userà il termine giusto: pluriomicidio. Quei cinque poveri morti è come se fossero stati uccisi
premeditatamente.
So benissimo quel che dico e me ne assumo la responsabilità. Era soltanto questione di tempo, prima
o poi sarebbe capitato e tutti erano tenuti a saperlo.
L’auto è volata per 250-300 metri in uno strapiombo, uscendo da una curva. I due segni di frenata
stanno a indicare che fatale non è stata la velocità. L’auto si è fatalmente infilata in uno stretto
pertugio, dove mancava un paracarro in pietra e dove, soprattutto, sarebbe dovuto esserci il guard-
rail in acciaio.
Un metro di guard-rail costa centomila lire; un paracarro di quel tipo sulle 600-700 mila lire. Cinque
vite non costano niente, zero, sottozero in bilancio. Amen.
L’ispettore Battocchio, comandante della Polstrada di Bassano, ha stilato il rapporto. L’ho chiamato;
ha definito “priva di senso” la sistemazione di alcuni paracarri, posti all’interno dello spiazzo, senza
alcuna apparente razionalità. “Quello è uno dei tanti punti in cui – ha aggiunto – minimo minimo è
necessaria una barriera”. Dove non servono, i paracarri ci sono; dove sarebbero stati la salvezza per
cinque persone, mancavano.
La Polstrada ha esperienza e nel Veneto, più che altrove, si fa guidare da senso fortemente sociale,
provando ad allertare, a consigliare, a informare, a diffondere prevenzione. A Bassano, tanto per
restare in zona montana, tutti ricordano la lunga battaglia, durata anni, per separare in alcuni tratti i
due sensi di marcia della Valsugana. Nell’attesa, fu una mattanza, morti e feriti.
Al famigerato Km 69, uno dei punti più neri dell’intero Veneto, non passava letteralmente giorno
senza incidenti. Gli infiniti appelli dell’opinione pubblica, Polstrada di Bassano in testa, furono
accolti soltanto un paio d’anni fa. Bene: da quando è stato montato il guard-rail, fine, nessun incidente
si è più verificato. Nessuno!
Che non vengano a tirar fuori la storia dei costi, e delle lire statali che non esistono. I costi sociali,
economici e, per primi, umani sono superiori ad ogni spesa per la manutenzione e la sicurezza. Ogni
lira spesa per prevenire viene restituita come denaro investito, che rende alla comunità e al bilancio
complessivo dello Stato.
Levigare un metro quadrato di strada costa diecimila lire, ma in quel metro quadrato può giocarsi il
destino , la vita, l’handicap di un ragazzo. Ne ricordo uno in provincia di Venezia, piombato col
motorino dentro un buco dell’asfalto; il colpo secco lo fece sbandare al centro della carreggiata dove
lo colse un’auto in arrivo. E’ da criminali di Stato lasciare le strade in quello stato.
Mi dice il tecnico di un Comune che persino per sfalciare una strada, ad esempio la statale 53 da
Treviso a Vicenza, ci vuole una lunga, estenuante trafila di appalti. Di un metro d’erba che toglie la
visuale a chi guida si può morire o far morire. Anche di burocrazia e di tante Anas si può morire in
questo nostro Paese che piagnucola per mesi con Fede e Cucciolone ma incassa senza batter ciglio
una montagna di morti, feriti e invalidi dovuti a cinismo dei bilanci, a lentezze della macchina statale,
a incultura e inefficienza che infestano il territorio.
Mi dice sconsolato il sindaco di Crespano del Grappa, Capovilla: “Sono andato a Roma, a Venezia,
ho mandato lettere, appelli, ti ascoltano, ti assicurano, ma non succede niente. Cambiano ministri, ma
non cambia nulla, il Grappa è abbandonato, da ogni punto di vista, forse perché sul Grappa non c’è
gente che vota. Abbiamo muretti, guard-rail e paracarri danneggiati e dissestati, ma sarà già un bel
colpo se per la festa del primo agosto ci avranno liberato dei rovi! La manutenzione spetta all’Anas
ma, a volte, ho l’impressione che parlare con l’Anas sia come parlare alla luna”.
Nell’Agosto del 1955, a un incrocio di Motta di Livenza, morirono papà e mamma con un bimbo in
grembo: ennesimo tributo di sangue a un mancato semaforo, da undici anni dichiarato indispensabile
ma da undici anni sepolto tra le scartoffie e i conflitti di miserabili competenze. Nacque da
quell’incidente un moto di insopportabilità verso la burocrazia assassina che sfociò, partendo da
Oderzo, nel movimento dei sindaci del Nordest.
E ben prima, ancora nei primissimi anni ’90, la Regione Veneto aveva aumentato la tassa del bollo
auto per eliminare via via i trecento “buchi meri” della viabilità regionale, luoghi dove – ricordo le
parole di Lia Sartori – “si muore non perché l’autista è ubriaco, ma perché l’incrocio è mal segnalato,
perché c’è la strettoia in piena curva, perché la circonvallazione è ormai invasa dall’abitato”.
Aggiungo: perché mancano dieci metri di guard-rail sulla strada del Grappa, lungo uno strapiombo
di trecento metri. Dieci metri di guard-rail, costo un milione.
Prima che voli giù un pullman di austriaci, ungheresi o ceki, sempre più numerosi lassù; prima che la
memoria storica di Cima Grappa finisca diroccata quanto i nostri mediocri valori di giornata; prima
che al “monte sacro” venga saranno capaci, assieme ai sindaci, i presidenti delle Provincie?
Se almeno quei poveri cinque ammazzati nel burrone servissero tragicamente a suscitare scandalo, e
a non seppellirlo in due e due quattro.
Come di solito accade.