Giorgio Lago è stato un giornalista italiano molto noto nel Nord-Est d’Italia, nato a Vazzola il 1 settembre 1937, figlio di Abele Lago, segretario comunale originario di Tombolo, e di Emma Giovanna Francescon, maestra elementare originaria di Mel, sposati nel 1928. La professione del padre comportò alla famiglia diversi trasferimenti. Per questo i coniugi Lago con i due figli Sauro e Maria Grazia arrivarono a Vazzola da Cimadolmo il 30 novembre 1932. Qui sono nati Giorgio e Giuliana. Abele Lago ricoprì l’incarico di segretario comunale a Vazzola fino al successivo trasferimento a Paese l’11 maggio 1944 da dove passò a Motta di Livenza. Concluse la sua carriera professionale a Castelfranco Veneto dove la famiglia si stabilì definitivamente. Viene ricordato come un funzionario molto stimato per onestà e rettitudine, giusto e severo.
Giorgio Lago,
la vita le opere.
In questo clima famigliare è nato e cresciuto Giorgio Lago. Frequenta il Liceo classico Canova a Treviso e poi la facoltà di giurisprudenza all’Università a Padova. Lo attira la carriera politica ma il caso lo fa avvicinare al mondo del giornalismo e così nel 1963 approda alla redazione di Supersport a Milano, che in quegli anni era la capitale mondiale del calcio con il Milan di Rocco e l’ Inter di Herrera. Il mestiere gli riesce bene tanto che il Direttore Reif gli assegna quasi da subito le partite a San Siro; dopo poco più di due anni è come inviato speciale ai Mondiali di Calcio 1966 in Inghilterra. Corteggiato da diverse testate, decide di passare a Tuttosport. Resta a Milano fino al 1968. “Io sono fatto di due cose – diceva sempre Lago – del Liceo Canova di Treviso e dei sei anni trascorsi a Milano: anni che mi hanno insegnato tutto. Allora c’erano due scuole di giornalismo sportivo: quella padana di Gianni Brera e quella napoletana di Gino Palumbo. La prima era tecnica, la seconda più patriottarda, anima e cuore. Mi dicevano che io ero a metà strada”. Nel 1968, poco dopo il suo matrimonio con Emmina Chiavacci dal quale nascono i figli Paolo e Francesco, Lago ritorna in Veneto, a Venezia prima e poi a Mestre per fare l’inviato de “Il Gazzettino” dove scala la redazione sportiva del quotidiano veneziano fino ad assumere il ruolo di caporedattore. Dal 1963 al 1984 segue gli avvenimenti anche non sportivi in 50 paesi raccontando quattro olimpiadi e cinque campionati del Mondo di calcio e trascorrendo mesi all’estero come inviato speciale. E’ testimone di eventi storici come Italia-Germania 4-3 nel 1970, l’attentato terroristico alle Olimpiadi di Monaco nel 1972, la vittoria italiana della Coppa Davis nel 1976 nel Cile di Pinochet, le medaglie di Nadia Comaneci alle Olimpiadi di Montreal nel 1976 e il trionfo azzurro ai mondiali di Spagna del 1982. Il giornalismo sportivo, nel quale brilla per originalità di scrittura e capacità di raccontare storie di campioni, fa emergere le sue doti. La nuova proprietà del Gazzettino subentrata alla Dc se ne accorge puntualmente. Il 20 giugno 1984 subentra a Gustavo Selva alla direzione di un quotidiano vecchio e indebitato. In 12 anni di direzione “Il Gazzettino di Venezia” raddoppia le copie vendute e diventa il settimo quotidiano nazionale. Nel frattempo nasce in lui la necessità di approfondire la questione dell’identità veneta, della quale diventa uno dei massimi studiosi e divulgatori. Porta la sua idea di Nord-Est al giornale che “sarà sempre più impegnato a ogni livello nell’interpretare, in termini di spazio e di attenzione, la cultura veneta, friulana e trentina”. Lui è tra i primi ad individuarne il perimetro sociale, culturale ed economico e i contenuti che lo definiscono. Nel settembre 1995 scrive la famosa “Lettera aperta ad un Sindaco del Nord Est” e poco dopo lancia il Movimento dei Sindaci assieme a Massimo Cacciari, sindaco di Venezia, e Bepi Covre, sindaco di Oderzo. Lago, attraverso il Movimento, cerca di avvicinare il Paese al vero obiettivo: “Il federalismo che parte dal basso, dai sindaci di paese e città”. Laico e anti-ideologico, Giorgio Lago dava questa celebre definizione di sé: ”Sono liberal da sempre e federalista per sempre”. Nel 1996 lascia il Gazzettino e diventa editorialista del gruppo L’Espresso-Repubblica dove effettua interventi che spaziano ovunque, dallo sport alla politica, dalla cultura all’economia e che sono ampiamente gratificati dalla corrispondenza dei lettori. In quello stesso anno pubblica insieme a Gianni Montagni, il libro-intervista “Nordest chiama Italia”, scritto per l’editore Neri Pozza e giunto alla quarta edizione. Anche la politica lo corteggia ma lui preferisce sondare sempre più a fondo il tema dell’identità veneta, dalle origini fino al fenomeno del Nord-Est, analizzando le relazioni che intercorrono tra questi due momenti storici. Presiede numerosi premi letterari, giornalistici e fotografici ma più spesso è lui a ricevere premi e riconoscimenti. Sempre una vita in prima fila la sua, senza mai rinunciare ai suoi ideali. Muore a Castelfranco Veneto il 13 marzo 2005.