1999 luglio La miccia leghista
1999 luglio ?- La miccia leghista
Doveva essere straordinario il Congresso della Lega Nord perché straordinaria era stata la sconfitta
elettorale: due milioni e mezzo di voti andati in fumo in soli tre anni. Ora, con la sospensione del sindaco
leghista di Lazzate da parte del prefetto di Milano, diventa straordinario anche il clima. Umberto Bossi
è fortunato visto che così dispone della «polveriera» invocata alla vigilia del Congresso più tormentato.
La Lega è un movimento, non un partito; Bossi un leader plebiscitario anche se convenzionalmente eletto.
La Lega Nord non può fare a meno né di Bossi né di un’identità che vada oltre la politica. Ha sempre
bisogno di una miccia. Dichiarato il fallimento della «Padania subito», Bossi se l’è presa comoda con la
«Padania sempre», senza tempo né scadenze, che ricorda certe stelle morte delle quali continua a
giungere l’ultima luce. No, nemmeno l’abilità di Bossi sarebbe bastata a ormeggiare il Congresso su
«Padania sempre». Ha puntato sulla «Questione settentrionale», che fu per anni il laboratorio del
professor Diamanti nel nome del «male del Nord». La questione settentrionale non è il programma della
Lega; piuttosto, è la questione settentrionale che ha generato la Lega. Ritornare ad essa equivale a
riprendere in mano l’atto di nascita, abbandonando con la «Padania» non tanto la fase rivoluzionaria
della Lega quanto la sua fuga nella retorica del Nord. Il sole delle Alpi era «o’ sole mio» di Bossi. Ma la
questione settentrionale rischiava di ripresentarsi come una parola consumata, un sogno nel cassetto.
L’Euro aveva privato Bossi del suo pezzo forte, la doppia moneta, mentre il voto europeo ha più che
dimezzato il popolo leghista. È chiaro che, per fermare il declino, non basta a Bossi dire «questione
settentrionale»: deve a tutti i costi riempirla di contenuti, di segni, di territorio. In altre parole, tornare a
casa dopo la grande fuga dalla realtà del suo stesso Nord. Il prefetto di Milano ha fatto il suo mestiere,
applicando le leggi cui è probabilmente tenuto, anche se la stupefacente macchinosità della burocrazia di
Stato arriva a sanzionare a luglio 1999 un concorso comunale bandito a luglio 1998. Di sicuro, e con
tempismo da manuale, Bossi ritrova di colpo un grumo di contenuti in grado di togliere la questione
settentrionale dalle «biblioteche» (parola sua) e di rianimarla nelle parole d’ordine. I prefetti, il
centralismo, la persecuzione, la sfida al localismo, l’amministrazione statale come longa manus della
politica romana, questo è il suo pane preferito. Ha un grosso problema Bossi, che non si esaurirà con il
Congresso di oggi. La Lega ha perso il voto moderato, i ceti medi per dirla con il professor Miglio. Ha
radiato i berluscones, Gnutti in Lombardia, Comencini in Veneto, Comino in Piemonte. Sulla carta, è per
così dire una Lega più «di sinistra», per quanto sia alternativa alla sinistra «statalista», che sta dando la
caccia agli «zio Tom» del Polo, come promesso ieri da Bossi. Dalla secessione a Milosevic, ha frastornato
e spaventato i moderati ma non può fare la moderata, temendo di finire via via erosa da Forza Italia che
punta tutto sul popolo delle partite Iva. Escluso che diventi governativa di complemento, con il rischio
di giocarsi l’intero zoccolo duro di Pontida. Vietato rituffarsi nella «rivoluzione» quando si è pronti ad
allearsi nel 2000 in Lombardia e in Veneto per conquistare le regioni del paradigma leghista. Si è cacciato
in un guaio Umberto Bossi, sintetizzabile nell’invito rivoltogli dal deputato veneto Giuseppe Covre,
sindaco leghista di Oderzo nel Trevigiano: «Smettila di andare a farfalle», ha detto. Quando avrà
concluso la caccia ai traditori, ai pantofolai e ai cacciatori di poltrone, il leader della Lega Nord dovrà
inventarsi una politica, perché politica è la questione settentrionale. Oggi a Varese forse sì, ma da domani
non potrà vivere di rendita su una intimazione prefettizia. Troppo poco per una Lega al 4,5 per cento.
Luglio 1999