2000 dicembre 21 Lettera di Turoldo
Da “La settimana con i lettori” di giovedì 21 dicembre 2000
La lettera
“Caro Gesù, anch’ io ti voglio scrivere quest’ anno una lettera di Natale. Spero di non
bamboleggiare, e anzi, il proposito è di dirti cose molto serie. A parlare con te non si può non
intenderci: è come parlare con la propria coscienza.
Del resto tutta la vita e tutti i miei scritti sono stati un colloquio ininterrotto con qualcuno; ho scritto
che lo stesso Dio per me è “il Tu necessario e inevitabile”: magari il Tu senza risposta. Ma forse
questo che ora ti dico, è il motivo principale della lettera: è che sono giunto a un’ età da sentirmi
finalmente fanciullo.
A invecchiare bene, a saper invecchiare, si entra in uno stato tale di infanzia e di libertà che è come
scoprire le cose di nuovo, nella loro realtà più vera. Qualcosa che potrebbe far pensare all’ infanzia
precisamente evangelica: “ Se non tornate fanciulli non entrerete nel Regno”.
Si tratta quindi non di restare bambini ma di “tornare” fanciulli: come dire che le bambinate non
piacciono nemmeno a te, o divino amico. Come dire: altro è la fanciullaggine, altro è la semplicità
“seconda”, la semplicità conquistata, che poi coincide con la giovinezza dello spirito e con la libertà
del cuore.
Ora io ho paura che questi nostri modi di festeggiare il Natale siano appunto delle bambinate, cui
nessuno crede; compreso il riferimento a certe cerimonie, e a certi discorsi che si fanno anche, a
volte, nelle chiese. E perfino il dono, il senso divino del dono, viene profanato, perché tutto è all’
insegna del commercio e dello scialo e non sono risparmiati neppure i simboli santi; anzi è di essi
che il commercio si serve per sedurre e incrementare gli incassi.
Costellazioni di luminarie impazzano per città e paesi fino ad impe3dire la vista del cielo. Sono città
senza cielo le nostre. Da molto tempo ormai. Ed è un mondo senza infanzia. Siamo tutti vecchi e
storditi. Da noi non nasce più nessuno: non ci sono più bambini tra noi. Siamo tutti stanchi; tutta l’
Europa è stanca: un mondo intero di bianchi, vecchi e stanchi.
Il solo bambino delle nostre case in questi giorni saresti tu, Gesù, ma sei un bambino di gesso!
Nulla di più triste dei nostri presepi: in questo mondo dove nessuno più attende nessuno.”
(Padre David Maria Turoldo, dalla “Lettera di Natale”, Editrice La Locusta 1992)