1965 marzo 8 La Russia di Josè
1965 marzo 8
La Russia di Josè
« Il brasiliano è a letto con la russa! ». « Allora non lo disturbi! ». Non è il dialogo di un film di
Roger Vadim, ma l’inizio di una conversazione telefonica finita sul nascere. Avevamo composto al
telefono il numero « segreto » di Altafini, per saper qualcosa di più sulle ragioni sanitarie che
avevano trattenuto a casa (all’inizio della settimana) il centravanti di Viani da Bruxelles, per
l’amichevole con l’Anderlecht. Era lunedì: diagnosi, via-Stipel, letale, decorso del male, incerto. Se
fosse accaduto l’anno scorso, avremmo «temuto» fortemente per la presenza di Josè… al derby! Ma
c’è stata di mezzo una fuga-separazione, un lavaggio del cervello, un ritorno in pompa. Josè
Altafini è veramente un altro personaggio. Lo ha dimostrato giocando con grinta, rabbia e
precisione dal giorno della sua trasvolata (soprattutto a Bergamo, come a Torino del resto).
Mercoledì ne abbiamo ricevuto una casuale conferma. Verso le 14, con il ricevitore all’orecchio:
« E’ ancora a letto il signor Altafini? ». « No, si è alzato oggi, ma è partito per Milanello ad
allenarsi! ». Chiamiamo Milanello: « Qui non si è visto: sono tre giorni che non viene più nessuno
ad allenarsi ». « Quindi non ne sa niente! ». « No, mi dispiace ». Alle 18 rifacciamo il prefisso di
Milanello: « Nessuno? ». « Sì, sì! E’ piombato qua verso le tre, ha messo giù la macchina, si è
cambiato senza dir niente a nessuno ed è uscito in campo. E’ rientrato dopo due ore e mezza ed è
partito in fretta! ».
Josè Altafini, edizione di lusso 1965. Quando Viani lo saprà, gli scenderà (forse) una lacrima.
Soprattutto perchè era assente da Milano. Immerso fitto al collo nella quiete di Nervesa, per
sfuggire (dice lui) all’agguato dell’epidemia milanese, ma in realtà per caricarsi, con qualche battuta
di caccia al fagiano, a pochi giorni dalla corrida con don Helenio. Viani sulle colline venete,
Passalacqua e lo staff milanista nel regno di Van Himst. Altafini, solo, soccombe per due giorni alla
febbre, ingoia palate di penicillina e, in dodici ore di convalescenza, passa dal lenzuolo al prato
verde! Sono lontani i tempi (non remoti) dei malanni « giallorosa » che facevano impazzire il Gipo
e appare ormai oleografico il ritratto di Altafini-coniglio-piantagrane. La voglia matta di non
perdersi il derby per una banale avventura con la « russa », ma soprattutto la voglia (affatto matta)
di arrivarci in forma, nonostante le pillole. Mario Corso che, dopo la sinfonia amburghese inferta ai
timpani di Fabbri, è il protagonista numero uno dell’assalto del Mago alla linea-Gipo, ci ha
dichiarato: « Prima di tutto occorrerà bloccare Altafini, perché ora il Milan gioca di nuovo tutto su
di lui: se toglieremo il faro, è probabile che perdano l’orientamento ». Nel primo derby della
stagione, l’altoparlante di San Siro non scandì il nome di Josè: erano i giorni del Palmeiras, del Can
Can, dello zio, di Riva e di tante altre cose. Il movimento rotatorio dell’attacco, impostato da Viani
come surrogato al cannoniere-puro che catalizzava l’azione sotto rete, schiacciò l’Inter-senza-
Corso. Ora Altafini sente che il ruolo di « primo nel cartellone » è suo. Proprio per quella assenza di
prima, proprio perchè solo lo scontro-finale con Herrera potrà chiudere (o aprire) per sempre il
discorso sul « nuovo » Milan, quello, per intenderci, del « suo » ricupero. La corsa a Milanello lo
testimonia. Prima ancora di ogni considerazione tecnica. Seduto, con alcuni amici, dinanzi al
televisore per la sepoltura del Resti ad opera dell’Eusebio Football Club, Josè Altafini ha detto: « Se
domenica mi marcasse uno come Germano, andrei in campo con una caviglia ingessata e sarebbe
sufficiente. Con Guarneri è diverso… ». Il tête-à-tête (a distanza ravvicinata) tra Altafini e Guarneri
sarà, per le sorti dei due supermaghi della panchina, altrettanto decisivo e determinante di quello
(più diluito nello spazio, ma altrettanto polemico) tra Corso e Rivera. Altafini deve ancora celebrare
il suo ritorno veramente. Per farlo una volta per sempre, ha cacciato la russa ed ha fatto tutto da
solo. Senza frusta.