1966 La paura dell’Inter
1966 (Supersport)
La paura dell’Inter
TORINO – Helenio Herrera, sabato: « Vogliamo battere la Juventus per mantenere il primato in
classifica ». Heriberto Herrera, sabato: « Contro l’Inter, dimostreremo che il nostro gioco è valido,
che gli ultimi risultati sono bugiardi e frutto di miracolismi ». Né Helenio, né tantomeno Heriberto
hanno colpito il bersaglio. L’Inter non è più sola al comando della classifica. La Juventus è più che
mai avviluppata nella spirale decadente iniziata contro il Milan, precipitata a Brescia, non assorbita
contro il Mago. E’ stata la grande partita delle intenzioni, è stata la povera partita del gioco. Alla
Juventus mancava Chinezinho. All’Inter, completa, è venuto a mancare quasi subito l’apporto vero
del mulatto Jair, lussato alla spalla destra (maciullata in una partita « antica », contro il Borussia).
Assieme alle due palle-gol (Corso e Menichelli) sono queste le due uniche annotazioni della partita,
nel più pulito e deserto taccuino che ci sia mai capitato di sfogliare: quello di Juventus-Inter,
edizione ’66! Protagonisti due panchine impaurite, due tattiche conformiste, due difese senza pietà,
due attacchi avari.
La tattica. Contro il Bologna, a san Siro, il Mago si era sbizzarrito come non mai. Tutte le
marcature tradizionali erano state rivoltate, rinnegate quasi. L’anno nuovo ha riportato la
disposizione tattica dell’Inter all’antico! Facchetti non ha fatto né il finto centravanti, né l’ala
simulata, né il mediano, ma soltanto il terzino. Ha marcato, incenerito Dell’Omodarme: una volta
soltanto si è trovato nelle condizioni di tirare scattando a rete a larga falciata come sa, ma il tiro,
leggermente in ritardo, non è stato preciso. La posizione ortodossa di Facchetti è stata bilanciata da
quella non meno ortodossa di Leoncini dall’altra parte. Leoncini, il Facchetti dell’Inter, ha marcato
infatti Jair e non l’ha mollato neppure quando si è accorto che il mulatto non poteva disporre
liberamente di una spalla (la sua spalla destra lussata). Helenio ha bloccato Facchetti, Heriberto
Leoncini per ragioni tattiche di equilibrio difensivo, ma soprattutto per motivi e sottofondi di
carattere psicologico. C’era troppa paura in entrambi.
Paura di incassare. E nessuno ha osato spostare decisamente l’asse tattico dalla parte rischiosa:
quella dell’attacco. Burgnich del resto ha curato Menichelli e Gori, il polmone Gori, non ha mollato
Corso. I due stopper hanno incontrato una giornata riposante, fatte le dovute proporzioni con la noia
pachidermica che si è abbattuta sul campo per novanta minuti. Guarneri teneva Traspedini, il più
sgusciante, anzi l’unico, degli avanti bianconeri. Ha faticato molto e spigolato parecchio per
difendersi dalle entrate-limite di Traspedini. Salvatore aveva l’incubo che Bobo Gori segnasse il
suo secondo gol anti-Juve e lo ha pedinato diligentemente, ma il Bobo è centravanti che se ne va al
largo e spesso ha messo in difficoltà « laterali » il suo uomo. In una circostanza lo ha beffato anche
facendosi applaudire: per non perdere la palla che stava irrimediabilmente uscendo lungo la linea e
non potendo fermarla per sé, la colpiva in corsa all’indietro, di tacco, facendola carambolare sulle
gambe dell’attonito Salvadore e guadagnandosi così la rimessa! I due liberi, Castano e Picchi, non
hanno polemizzato… sul ruolo, rinunciando categoricamente alla fluidificazione. Anche perché il
centrocampo era intasato da tre marcature-base: Bedin su Del Sol, Mazzia su Suarez, Gori (quello
juventino) su Corso.
Tre marcature senza furore, senza scontri preistorici, senza dinamite. Del Sol, tradizionalmente
accanito contro l’Inter, era smontato, molle e remissivo: irritato anche dal contrasto disinvolto di
Bedin. Spesso succedeva l’inversione delle due marcature-base e allora i due spagnoli, Suarez e Del
Sol, s’incontravano… senza salutarsi. Sul piano della tattica quindi assoluta regolarità, nessun
sensazionalismo. Inter e Juve disposte con i numeri al posto giusto: soltanto la mancanza del gioco
e dei gol hanno contraddetto le posizioni dettate dalle panchine-della-paura.
Lo Bello. La partita della noia ha avuto il Concetto Lo Bello un arbitro in rodaggio pre-
mondiale. Un primo tempo dominato con sicurezza assoluta, impeccabile. Un secondo tempo
elevato anche se il « principe siciliano » è stato ripetutamente beccato dalle schiere bianconere per
presunto filo-interismo nella concessione di tre calci di punizione. Lo Bello era in posizione
eccellente per giudicare tutti e tre i falli, anche quello discusso di Traspedini su Guarneri, che
aveva… regalato a Mazzia la palla buona per andare in gol. Mazzia del resto non si era fermato al
fischio e aveva insaccato a Sarti « capovolto ». Non c’era bisogno di addormentare una partita nata
stanca, ma Lo Bello, ad ogni buon conto, con un paio di ammonizioni e di avvertimenti ex cathedra,
aveva chiaramente fatto intendere a tutti quale vento tirava. Un grande arbitro per una piccola
partita. A smentire il suo filointerismo basta il dopo-partita di Giacinto Facchetti che si è lasciato
andare ad uno sfogo personale: « Non capisco perché Lo Bello ce l’abbia con me! ».