1966 marzo 14 Sivori Salvanapoli
1966 marzo 14 (Supersport)
Sivori Salvanapoli
Napoli 1
Bandoni 6
Nardin 6
Girardo 6
Ronzon 6
Panzanato 8
Emoli 6
Canè 7
Juliano 8
Altafini 5
Sivori 10
Tacchi 5
Cudicini 6
Carpenetti 7
Ardizzon 7
Carpanesi 6
Losi 8
Benaglia 6
Leonardi 6
Tamborini 7
Da Silva 5
Spanio 7
Barison 6
Roma 0
Arbitro: Lo Bello 10
Reti: Canè 82’
NAPOLI – Omar Sivori ha battuto la Roma. Così come aveva battuto il Milan. Il gol è
statisticamente di Canè, ma è tutto del cabezon. Come il gioco, come la carica, come il furore di
vincere per non perdere la ruota di Helenio Herrera. Mettete al posto di Sivori uno qualsiasi degli
altri ventun giocatori in campo e nessuno al mondo avrebbe potuto spostare il mattone deludente
dello zero a zero. Proprio sabato sera ci diceva Omar: « Non vedo l’ora di finire la partita con la
Roma per andar via una settimana e riposare, riposare: sono proprio stanco! ». Sulla stanchezza di
Omar era d’accordo anche Pesaola e ne era preoccupato e turbato più di lui. Ma Sivori ha voluto
volare agli « ozi del giusto » dopo aver dato ancora una volta l’immagine del fuoriclasse-facchino.
Dell’uomo che lavora e inventa, dell’atleta che sente partita e classifica. Con questo Sivorissimo il
Napoli ha potuto togliersi di dosso il virus della crisi. Ha cancellato Bergamo. E può guardare
ancora oltre la sosta « internazionale ». Il miracolo continua: i corvi, per almeno quindici giorni,
dovranno rimanere appollaiati sul ramo.
Il sesto anno « napoletano » di Juan Carlos Tacchi è cominciato male. Tacchi, l’uomo di Rio, che fu
già del Torino e dell’Alessandria, ha trentatré anni. Non giocava in prima squadra dalla quintultima
giornata dello scorso campionato. Esattamente dalla partita contro la Triestina. Aveva segnato sette
gol. Ma aveva cominciato soltanto a… novembre. Ci aveva detto Stenti, qualche giorno fa: « Tacchi
è ancora forte, apposto fisicamente: qualche volta ritorna al vizio del dribbling, ma se gli vengono i
dieci minuti, vince la partita da solo ». « Mi bastano quei dieci minuti, dico dieci, non voglio niente
altro da Juan! – sottolinea José Altafini sabato sera – sono molto nervoso, non so perché, ma la
Roma mi ha messo addosso un nervosismo insolito. Spero in Tacchi… ». « Ti giocherà di spalla? »,
chiedemmo a José. « No, lui va largo, è veramente ala e mi sta bene così, perché finalmente spero di
vedere gioco largo per il… sottoscritto che in area non trova mai un centimetro di spazio ».
Sogni, speranze e nulla più. Tacchi non ha avuto i dieci minuti. José Altafini non ha trovato
spazio. Il gioco del Napoli non si è aperto. Anzi, mai come contro la Roma, abbiamo visto il Napoli
serrarsi tutto al centro, tic-toc, e tentare l’affondo proprio dove un Losi spericolato, acrobatico,
vertiginoso non ha perso una palla che sia stata una. E’ questa la ragione numero uno del gioco
lentigginoso e lacrimevole del primo tempo. Tacchi avrà toccato si e no tre palle utili in tutta la
partita, ma in quelle rare circostanze ha dato anche la misura e la chiave del suo disagio: nessuno lo
ha cercato con sufficiente continuità, mai si è visto il Napoli piegarsi dalla sua parte.
Bruno Pesaola aveva scelto l’argentino perchè era l’unica ala vera a disposizione. Ha scelto un’ala
vera per fare un gioco vero sulle ali. Ma a che cosa poteva servire in pratica se nessuno lo cercava?
A nulla. E’ bastato (era il trentesimo del secondo tempo!) che Tacchi fosse servito una volta e
potesse scattare sul fondo perchè ne nascesse un cross perfetto che metteva una palla-gol sul sinistro
(scentrato) di Canè. Tacchi non è stato servito e Tacchi non ha fatto nulla per cercare il gioco.
Risultato scontatissimo.
E Altafini? E’ un pezzo che lo stanno aspettando tutti: il pubblico, i giocatori, Sivori, Pesaola. Ma
Altafini non arriva all’appuntamento. Sembra sempre che debba spaccare il mondo e poi… Losi se
lo piglia sottobraccio, lo lega, non gli fa toccare palla. « Una giornata balorda, di quelle che non si
spiegano! » lo ha giustificato Sivori. Forse anche per ringraziarlo del passaggio che a otto minuti
dal termine (era 1’82’) gli ha permesso di tappare tutti i buchi di un Napoli bloccatissimo da Don
Oronzo: Josè riprendeva un suo passaggio respinto dalla difesa romanista, controllava e toccava al
centro a Sivori, sul limite dell’area. Omar, con la rapidità di un ragazzino e l’intuizione del
fuoriclasse, roteava su sé stesso e sparava dl sinistro, senza meditazioni. Cudicini intuiva il tiro e si
buttava a sinistra: sembrava che avesse neutralizzato l’azione, ma la sagoma del… pallone
sgusciante sotto le braccia chilometriche lo smentivano: aveva soltanto frenato la palla sulla linea: il
tiro non sarebbe entrato, ma arrivava Canè che con tutta la forza del Brasile scaraventava in gol da
venti centimetri!
Ancora una volta il Napoli chiudeva una partita con K.O. tecnico, quando le premesse
sembravano irrimediabilmente condurre ad un verdetto di parità. Oronzo Pugliese avrebbe
sostenuto più tardi che la sconfitta della Roma era « immeritata ». Lo sarebbe stata, è vero, se la
partita si fosse chiusa al quarantacinquesimo. Per tutti quei minuti, c’era stato equilibrio perfetto in
campo un tiro di Barison e uno di Spanio per la Roma. Uno tagliatissimo di Canè ed un colpo di
testa di Altafini su Cross di Canè per il Napoli. Quattro tiri per due squadre. E il gioco? Migliore
quello della Roma, più ordinato, senza affanno, equilibrato, affatto distruttivo.
La svolta si è avuta dopo il quarto d’ora d’intervallo fischiato da un Lo Bello tanto perfetto da
diventare quasi irritante. Padrone di sé, della partita, padrone e anche attore ma piacevole,
divertente. Personaggio che sfrutta la scena per frenare spigolature preoccupanti: arbitro che arbitra
a Madrid come a Napoli, che arbitrerà a Londra, dove sarà forse il « migliore » in campo degli
italiani! La svolta della partita, dicevamo, si è avuta dopo l’intervallo. Omar Sivori, che per tutto il
primo tempo aveva cercato invano di far muovere le punte dell’attacco; Omar Sivori, constatata
l’impossibilità di sfruttare i « dieci minuti » di Tacchi e il « minuto » di José, decideva di fare tutto
da solo o quasi. Il quasi sta per… Canè, con il quale il cabezon ha condotto le operazioni davanti
alla porta di Cudicini. Al 12′. 13′, 15′, 20′, 29′, la Roma ha rischiato di chiudere la partita: addirittura
clamoroso un salvataggio di Cudicini che, uscito dai pali a respingere, si vedeva la respinta ritornare
dietro con un perfetto colpo di testa di Juliano! A supersonica marcia indietro la giraffa romanista
arrivava giusta sotto la traversa a mettere in corner!
La Roma non esisteva più. Bloccata in avanti da un Panzanato insuperabile, la difesa non
riusciva ad avere respiro. Sivori non lanciava più i compagni, ma ogni volta che aveva la palla,
partiva petto in fuori alla ricerca del gol. Ogni volta cercava l’ultimo scambio, ogni volta tentava o il
tiro o l’ultimo passaggio, quasi sempre a Canè. Non era gioco ragionato, sembrava arrembaggio
inconcludente. Eppure si sentiva nettamente, si intuiva che soltanto un uomo in campo poteva
risolvere la partita. Quell’uomo aveva la maglia del Napoli. Quell’uomo si agitava come un
forsennato, partecipava a nove azioni su dieci. Era trascinatore e trascinato. Omar si batteva con
accanimento incredibile perchè pensava alla classifica. Non si spiega in altra maniera. Nessun altro
giocatore napoletano « sente » la classifica come Sivori. Questa è la verità.
E la classifica (del Napoli) aveva bisogno di una vittoria. Su questo erano d’accordo proprio
Sivori e.. Pugliese. « Il Napoli non ha perso tutte le speranze, — diceva don Oronzo “prima” — ma
ha bisogno di vincere dopo Bergamo, perchè il campionato è fatto così per chi occupa le poltrone
alte: una battuta d’arresto come Bergamo, per esempio, non vuol dire niente, è vero, come l’Inter a
Catania, no? Ma con una ricaduta, quando mancano dieci partite, è finita! ».
Sivori pensava la stessa cosa. Per questo è uscito dal sottopassaggio deciso a giocare un secondo
tempo « favoloso ». Per questa determinazione è riuscito nel miracolo di nascondere ancora una
volta i limiti innegabili di una squadra sbucata fuori pochi mesi fa dalla serie… B!
E’ marzo: con una difesa che è quasi tutta quella dello scorso campionato, con un centrocampista
fatto in casa come Juliano, con un… Tacchi che ritorna, con le alternative di Bean e Postiglione, con
due « scarti » come Omar e Josè, chi onestamente pensava che il Napoli entrasse ancora nei discorsi
delle grandi? E’ marzo, non scordiamolo. Mancano nove partite alla fine. E il Napoli c’è ancora.
Questa è la verità e questa verità l’ha confermata proprio lo « scarto » numero uno, marcatissimo
ma inutilmente, da Tamborini, che Lo Belio alla mezz’ora aveva ammansito opportunamente.
Questa è una verità.
Ma ce n’è anche un’altra. E’ marzo, non scordiamolo: Chi avrebbe dato alla Rometta la classifica
che ha: settima? Nessuno. I più ottimisti parlavano di salvezza. Oronzo Pugliese ha smentito tutti.
Anche contro il Napoli, nella fossa del tifo più chiassoso della penisola, Oronzo ha tenuto duro.
Prima ha dimostrato di poter giocare, poi, invaso da Sivori, ha tentato di resistere a oltranza. Non ce
l’ha fatta e non ha nemmeno visto il… gol, perchè proprio in quel momento stava segnalando ad uno
dei suoi che mancavano soltanto otto minuti! Un settimanale del « Corriere della sera » ha condotto
di recente un referendum calcistico ponendo a ventimila tifosi romanisti questa domanda: « Volete
che Pugliese resti alla Roma? »
Su ventimila, più di diciottomila furono i voti-sì, un migliaio i voti-no e alcune schede-nulle
(pro-Herrera?). Un trionfo per Don Oronzo, l’insultatissimo « mezzadro » che a colpi di piccone ha
raso al suolo e ricostruita la Rometta molle e sciroccata dei cafè-society. Evangelisti gli ha già
offerto il contratto per il prossimo campionato: manca soltanto mezza firma.
Pugliese: il “miracolo” è Omar
NAPOLI – « Il Napoli è vivo! Questo è il risultato della partita, tutto il resto non conta ». Se non
conoscessimo a fondo Bruno Pesaola, la sua forza, la sua « resistenza », diremmo che lo dice con
amarezza, con il nodo alla gola. C’è in quel « vivo » tutta la ribellione di un uomo che si vede
gettato nella polvere ad ogni sbandamento della squadra, come se il miracolo napoletano,
perlomeno tanta parte di esso, non portasse anche il suo silenzioso, ma valido « Copyright ». Dopo
la vittoria sulla Roma, il Petisso viveva ancora… a Bergamo. Con tutti i veleni che erano cominciati
a infiltrarsi sotto la sua panchina. E ne parla, il Petisso, con l’aria malinconica e polemica di chi ha
già manifestato propositi di abbandono netto e inevitabile a fine campionato: « Mi fa piacere che
l’Atalanta abbia battuto la Lazio! E’ stata la vittoria della mia tesi, la dimostrazione che non vendo
fumo e che tutte le mie preoccupazioni di allora, il presunto difensivismo, non erano balle, paure,
terrori. Comunque tiriamo avanti, domani è un altro giorno e la vita continua…» ma fino a quando?
Sembra chiedere il Petisso. Vorremmo girare l’interrogativo al presidente, ma Roberto Flore ha già
superato di slancio… Bergamo ed è tutto sbilanciato in avanti: « Abbiamo vinto con un primo
tempo alla pari con la Roma, ma con un secondo tempo nettamente superiore: il Napoli è ancora
una volta uscito alla distanza ».
« Ha eliminato i timori di crisi? ».
« Non li ha eliminati perché… non esistevano! La vittoria dell’Atalanta ha dimostrato qualcosa,
no? ».
« E gli altri risultati, quelli che contano per la classifica, che cosa hanno dimostrato? ».
« Che le avversarle dirette, il Bologna come l’Inter, non perdono un colpo che è uno, quindi
anche noi avremo da ora in poi l’obbligo dl vincere, l’obbligo insomma di rischiare di più! ».
« E’ una dichiarazione polemica?».
« Per carità, è una constatazione tecnica! ».
« Come giudica, per il Napoli, la sosta internazionale? ».
« E’ forse le prima volta che una sosta farà bene! Almeno per quanto riguarda il Napoli.
Abbiamo fatto venticinque partite tirate, cambiando un paio di uomini soltanto, senza rotazione
quindi ».
« Sarà un riposo totale? ».
« Nooo, anzi per modo di dire: fra pochi giorni giocheremo a Belgrado contro la Stella Rossa per
la Mitropa. E quindi è più che altro una sosta psicologicamente distensiva ».
« Io, — interviene Ornar Sivori che, con una insolita rasoiata di capelli, sembra retrocesso —
conto tutto su questa sosta, voglio andarmene in un posticino a respirare un po’! »
« A respirare o a pensare all’Inter? ».
« No, ti dico sinceramente, per me l’Inter è un capitolo chiuso… quasi chiuso! ».
« E’ troppo forte? ».
« E’ forte e oltretutto sta seminando gli avversari. A me personalmente dispiace moltissimo che
la Lazio abbia battuto il Milan nel ricupero: se il Milan avesse vinto avrebbe potuto e voluto
impegnare di più Herrera! Avremmo avuto insomma due squadre, Bologna e Milan, che lavoravano
per noi! E il Bologna è la più in forma di tutte secondo me ».
« Allora, il Napoli? ».
« Andiamo avanti così, come dice Pesaola, e stiamo a vedere…».
* * *
« E’ stata una sconfitta immeritata quella della Roma. Questo è il punto primo, è vero. Il secondo
è che il vero vincitore non è il Napoli, ma questo pubblico incredibile, favoloso, commovente.
Adesso ho capito chi ha fatto tutti i punti che ha il Napoli! O quasi tutti, perchè con quel gioco non
si può avere quella classifica! ».
« Le brucia questa sconfitta, signor Pugliese? ».
« Sono meridionale e Dio mi fulmini se non sarei contento che li Napoli vincesse lo scudetto,
però questa è stata una fregata, è vero: prima di quel gol anche Panzanato tremava di paura… e poi
pazienza è arrivato Sivori…! Ma la Roma non doveva perdere ».
« E’ arrivato Sivori, dice lei, è forse anche questo il miracolo del Napoli ’66 ».
« Questo è vangelo, è vèr, il Napoli sta sulla strada giusta, è vèr, con tutta l’impostazione, ma
quello che è di miracoloso è che hanno ingaggiato due giocatori che davano per finiti, soprattutto
Sivori! E questi sono risuscitati. Qualcuno ci credeva e qualcuno no: loro hanno detto: rischiamo…
Sivori soprattutto ai è dato da fare, è vèr, e ha smentito tutti con il carattere! Questo io credo che è il
miracolo napoletano. Pesaola ha fatto un buon lavoro e anche se non vince il campionato è un
grande successo e chi ha sale in zucca non si aspettava mai questo risultato, soprattutto questo
Sivori, mannaggia! ».
« Lo stesso discorso vale per la Roma? ».
« La situazione della Roma è ben diversa da quella del Napoli, è vèr, ma senza togliere nulla, è
vèr a quello che ha fatto il Napoli, io dico con tutta sincerità perché io dico cosi, che le Roma è un
miracolo ancora più grande! »
« In che senso Don Oronzo? »
« Non per dire, è vèr, ma quando sono arrivato io l’ambiente era distrutto economicamente,
finanziariamente e come squadra. Adesso i giocatori sono un complesso preparato nel fisico e nel
morale, con una tattica pratica, è vèr, e vengono anche pagati sempre regolarmente! Il presidente è
un uomo coraggioso e i frutti si sono ottenuti. Adesso gli incassi sono saliti di molto, di molto sa?, i
pubblici sono tutti uguali, anche quello romano ed era scoraggiato, per anni e anni è stato deluso.
Me con un po’ di tempo e con un po’ più di soldi in più… la Roma può entrare nel grande giro… Ho
capito questo, è ver, perchè quando ho avuto un periodo di sbandamento, è vèr, non posso
dimenticare che i dirigenti e soprattutto i giocatori mi hanno aiutato a superare tutti gli ostacoli. Ed
erano tanti, è vèr! ».
« Davvero tanti? ».
« Dicevano la dolce vita, il pubblico che sfotte, il clima dl scirocco… ho superato tutto, ho vinto
tutto, dolce vita, scirocco, tutto: adesso ho venti uomini che fanno a gara per superarsi nell’impegno.
Sarà il mio modo di pensare, è vèr, di condurre, ma questa è la situazione: ho più di cinquant’anni e
io li tratto come figli miei, ma se uno se ne approfitta, zac!, giù il sipario, manteniamo le distanze, è
vèr! ».
« E’ vero Don Oronzo! Ma voi credete di essere simpatico alla gente? ».
« Sì, credo di essere simpatico: anche la stampa è sempre buona con me e questo mi ha aiutato, è
vèr, non sarò simpatico a qualche interista… Sa in quattro partite con Herrera ho preso cinque punti,
tra Foggia e Roma! Allora è naturale… sa con l’Inter ho segnato sette gol e ne ho subiti sei e due
erano rigori! Allora è naturale… che non sono simpatico a qualche interista. Ma voglio dire una
cosa, è ver: qualcuno ha detto che sarebbe contento se nel campionato italiano non ci fosse posto
per Pugliese Oronzo. Io dico, e mi scusino il piccolo sfogo, che se uno è cosciente, obiettivo e
sereno deve ammirare Pugliese! Perchè tutti devono sapere la vita di Pugliese Oronzo. Prima di
parlare male di quest’uomo, è vèr, uno deve pensare settantamila volte ».
« Qual è stata la sua vita? ».
« Sono partito da zero, da zero! E ho lavorato, lavorato e lavorato. Mi sono guadagnato il pane
con sacrificio, ho fatto di tutto nella mia vita, non sono arrivato come un falco in serie A, ma
passando in tutte le divisioni, è ver, dalla Z alla A! E quando ero alla Z ho cucito le mutande dei
giocatori, ho tatto il calzolaio, ho attaccato i tacchetti, tutto ho fatto! Come si fa a parlare male di
quest’uomo? ».
« Me lei saprebbe guidare una grande squadra dove non serve fare il calzolaio? ».
« Sincerità per sincerità, non temerei di guidare nessuna grande squadra al mondo! Perchè se uno
riesce a ottenere i risultati che ho ottenuto io, dovunque, con i… mezzi che ho avuto io, sono sicuro
che non fallirei con giocatori migliori e mezzi più forti. Posso fare l’allenatore in tutte le serie! E il
calcio e chi è capace sono uguali dappertutto: he ragione l’amico Viani che he detto alla Tivvù che
le A e le B sono uguali! Se uno sa fare… e io so fare il mio mestiere! Mi scusino questo piccolo
sfogo… ».
« Dato che è uno sfogo, non ci dice niente di Herrera? ».
« Grazie della domanda, è vèr, perchè voglio smentire una voce: io non odio Herrera, io… odio
tutti gli avversari fino alle quattro e mezza della domenica, poi voglio bene e tutti. Le mia panchina
a San Siro non c’entra… ma io stimo Herrera e le sue capacità, ma anche la generosità di Moratti, è
vèr! Qualsiasi avversario mi dà fastidio, sempre: per fortuna che non ho ancora l’unica cosa che mi
manca… »
« Che cosa? ».
« Lo scudetto! E’ l’unica cosa che Pugliese Oronzo non ha ancora, è vèr, ma… ».