1967 maggio 26 Herrera: “L’Inter è la nazionale”

1967 maggio 26

Herrera: “L’Inter è la nazionale”

MOSCA è stata la cavia della Nazionale italiana. Mosca, gelata dal vento nevoso degli Urali,
non lo sapeva, ma la Torpedo di Voronin era l’ultimo aggancio del calcio italiano con la realtà
internazionale. Era l’ultima speranza… azzurra dal famigerato martedì 19 luglio di
Middlesbrough. Se anche questo aggancio si fosse allontanato, se anche questa speranza fosse
stata tradita, l’Inter avrebbe dato il via al caos. I superficiali dell’ultima ora avrebbero
ridimensionato Helenio Herrera, comprimendolo nella misura di un Fabbri qualsiasi. L’Inter
soprattutto avrebbe perduto la guerra, prima sotterranea poi scoperta, che in quattro anni è
stata costretta a sostenere per scindere le proprie dalle responsabilità (o irresponsabilità)
azzurre. I vecchi dogmi disfattisti sarebbero tutti esplosi in un carnevale distruttivo: « Fabbri
non ha nessuna colpa: siamo un popolo atleticamente sottosviluppato. » « Con Herrera
avremmo fatto la stessa figura ai campionati del mondo. » « Il gioco dell’Inter non può dare
nulla di positivo alla nazionale. » « Giocatori come Picchi, Sarti e Corso stavano bene a casa:
come infatti aveva fatto Fabbri. » Questi sarebbero stati i dogmi abnormi se l’Inter, se
Herrera, non avessero saltato la Torpedo, la migliore espressione del calcio sovietico. Mosca
invece ha dato la vittoria. Ed il Mago ha subito proclamato: « L’Inter è la nazionale! ». Il
paravento-Valcareggi non bloccherà quella che Moratti ha definito la « svolta di Mosca ».

Un quarto d’ora dopo la fine della partita allo Stadio Centrale Lenin, la porta dello spogliatoio
interista si spalancò ed entrò Valery Voronin. Portava sottobraccio le maglie bianche che i
« torpedisti » volevano scambiare con quelle di Suarez e C. Voronin era travolto dalla fatica, la
eliminazione gli aveva cancellato il sorriso, ma, raggruppando tutte le energie rimaste, strinse la
mano uno ad uno agli uomini di Herrera. Qualche minuto dopo, appena uscito Voronin, tutto il
gruppo dei giornalisti sportivi di Mosca si presentava, con interprete, al Mago. Il capo del gruppo,
redattore della Pravda, augurò all’Inter la vittoria finale nella Coppa e sottolineò due volte che tale
vittoria sarebbe stata per i sovietici un grande « onore ». Questa era l’atmosfera negli spogliatoi. Il
giorno dopo, sulle pagine di tutti i quotidiani, mancava anche il minimo accenno polemico nei
confronti dell’Inter, mentre veniva sottolineata l’ « impotenza » della Torpedo a saltare il muro della
difesa interista. Il primo a puntare il dito su questa impotenza era proprio l’allenatore Marienkov.
Credo insomma che in nessun altro paese al mondo una squadra buttata fuori dalla Coppa al primo
tentativo in assoluto, sarebbe stata capace di dare una lezione del genere: una lezione di self control,
di pubbliche relazioni, di ospitalità, di maturità. Qualcuno è rimasto talmente choccato da questa
virile compostezza dei russi da ipotizzare la solita manovra politica, come se fosse umanamente
possibile che un atleta disfatto fisicamente e psichicamente possa tapparsi la bocca a caldo, sotto la
doccia, perchè… il partito gli ha ordinato di trattare on i guanti gli stranieri. No, è proprio la misura,
l’equilibrio collettivo dei russi che li ha fatti accettare senza discussioni un risultato che soltanto a
Milano avevano messo apertamente in discussione sommando i due pali colpiti da Brednev,
l’autorete di Voronin, il presunto arbitraggio casalingo.

Allo Stadio Centrale Lenin il cerchio si è chiuso. I russi hanno lasciato cadere ogni alibi perchè
si sono sentiti battuti sul serio. Ed era una sensazione « nuova » nei confronti di una squadra
italiana. La accettavano senza isterismi. Mai lo Stadio Lenin aveva visto un pubblico del genere ad
una partita di football: per ritrovare le stesse proporzioni bisognava risalire a qualche anno prima

per una partita del1’URSS contro la nazionale brasiliana di Pelé. Faceva, almeno per gli…
occidentali, un freddo cane, ma fuori dello stadio la polizia a cavallo era costretta a caricare
migliaia di persone in surplus che volevano entrare senza biglietto e i ragazzini, per averlo erano
disposti a portarci in albergo… il Cremlino! L’attesa di Mosca per la partita con l’Inter era cioè al
limite. E tutto, perfino la Torpedo aveva contribuito a ingigantirla. Marienkov infatti, asserragliato
con i suoi uomini nel quartier generale di Miacicovo (la parola russa significa « luogo della palla »),
ad una trentina di chilometri da Mosca, si era materialmente e verbalmente isolato dal mondo
avvolgendosi in un gigantesco « Niet! ». Un « Niet! » che, secondo i piani, sarebbe servito a
realizzare quella che era considerata proprio la specialità di Helenio Herrera: la concentrazione.

Mosca aspettava la vittoria della Torpedo, l’aspettava perchè a Mosca una squadra italiana non a
doveva « fare risultato », l’aspettava perchè Voronin, l’« Intellighenzia » della squadra, l’aveva
promessa e data per scontata.

“La Torpedo è l’URSS”

La verità è questa: l’isolamento e la pretattica spietata di Marienkov sommate alla composta
accettazione del pareggio-sconfitta servono da sole a dare la misura di quanto profondo e
deprimente sia stato lo choc prodotto dall’Inter. La verità che si scopre e della quale non si
sospettava l’esistenza: la possibilità cioè che, con un grande obbiettivo in palio, la forza del calcio
sovietico potesse piegarsi in casa alla determinazione di un club italiano. E’ stata questa la grossa
novità. La novità che è nata da un « confronto »: il confronto del club-Inter con la Nazionale-Italia.
E’ un confronto che ha travolto qualsiasi altra considerazione, in Unione Sovietica come in Italia.
Quando l’arbitro spagnolo ha fischiato la fine dei centottanta minuti di Inter-Torpedo, nessuno ha
pensato al turno eliminatorio superato, al prossimo avversario di Coppa. I discorsi si sono scatenati,
ma le conseguenze erano tutte « azzurre ». Lo ha ammesso Moratti, lo ha scandito senza mezzi
termini Herrera, lo hanno sottolineato con forza, quasi con asprezza, i giocatori dell’Inter,
soprattutto quelli che in una notte gelida di Mosca, a tre ore e mezza di turbogetto da… Coverciano,
si sono sentiti restituire tutto ciò che avevano perduto in quattro anni di gestione-Fabbri. E’ vero: la
cosa insensata, scandalosa di Inter-Torpedo è stata che si trattasse soltanto di un turno eliminatoria.
Adesso, meglio tardi che mai, hanno capito tutti la ingiustizia irritante di queste situazioni e infatti,
al prossimo consiglio della Fifa è già stata messa all’ordine del giorno la costituzione di « teste di
serie » nella Coppa dei Campioni. Ma questa ingiustizia « immatura » in fondo è servita come non
sarebbero serviti ottanta spareggi con il Real Madrid o con chiunque altro. Proprio in questo
momento; proprio nel periodo in cui i resti di quella che era stata la grande scoperta, di Pasquale, la
Fabbritalia, stanno per essere chiamati ancora una volta a rifarsi la reputazione in Coppa Europa per
Nazioni; proprio ora che un’amichevole con l’URSS (pur con tutte le riserve di una amichevole)
servirà a riaprire un discorso per l’Italia chiuso tre volte in tre anni (Mosca-Roma-Sunderland!), la
cavia-Inter è stata provvidenziale.

Helenio Herrera con la Nazionale aveva un vecchio conto da regolare. Il conto di una nomina a
C.U. rimangiata per una « incerta » contaminazione delle urine di Zaglio, Guarneri e Hitchens!!!
Herrera non ha mai dimenticato. Non ha dimenticato nemmeno le continue « provocazioni » di
Fabbri Edmondo protetto dall’Angelo Custode Federale. E ricorda benissimo il fallimento azzurro
in Inghilterra. La domenica precedente la partenza per Mosca Helenio Herrera oltretutto aveva
avuto un colloquio con Pasquale, presente Moratti. Un colloquio unico nel suo genere, durante il
quale, al nome… Valcareggi, Herrera non aveva battuto ciglio. Solo la fronte aveva avuta una

contrazione impercettibile. Il Mago aveva intuito subito che l’anguilla-Pasquale era voluta sfuggire
ancora una volta alle precise responsabilità; il Mago aveva capito anche che negli ambienti della ex-
Fabbritalia non si fidavano ancora di lui. Il curriculum inarrivabile di sei anni di esperienza italiana
non erano ancora una garanzia sufficiente per gente che aveva accettato per buona una credenziale…
mantovana. Helenio Herrera, il giorno in cui Italo Allodi gli aveva annunciato il sorteggio della
Torpedo, aveva solo un obbiettivo in testa. Dopo il colloquio con Pasquale tale obbiettivo era di-
ventato per lui il sangue di sei anni di vita: « So, — mi aveva detto in via confidenziale un giorno
mentre lo accompagnavo all’aeroporto di Linate dove sarebbe salito su un jet con destinazione
Mosca per osservare la Torpedo in campionato — so che cosa me giogo con questa eliminazione!
Io lavoro per l’Inter e el mio scopo è de far passare il turno in Coppa, ma questa volta, come me è
capitato ancora nella mia vita, questa volta l’Inter gioga anche per Herrera! Quando ho potuto fare
un discorso sulla nazionale senza avere multe, ho detto che l’Italia può e ha l’obligo de difendere il
proprio prestigio: i giogadori ci sono, basta sceglierli, prepararli, concentrarli. Non è vero che sono
inferiori: io devo dimostrare che el calzio italiano non è inferiore. Finora ho dimostrato con due
Coppe d’Europa, con due Coppe del inondo, ma sembra che non basta: no, digono che è el calzio
russo, el calzio atletico che è superiore: la Torpedo è russa! E’ la più forte squadra russa, ha Voronin
il più grande giocatore russo, ha Streltzov, il più forte centravanti ha tanti nazionali e gioga come la
Nazionale di Morosov! La Torpedo è l’URSS, l’Inter è non so se tutti hanno capito questo, ma io ho
capito! Per me sarà una grande o una cattiva giornata, come per el calzio italiano ».

Da Durham al “Lago dei Cigni!”

Questo mi aveva detto il Mago molti giorni prima. E dopo, dopo Mosca, Herrera ha detto
finalmente quello che aveva asciutto, aspro in gola, da tanto tanto tempo: « L’Inter è la Nazionale! »
Il Mago, anche quando è paradossale, sfiora sempre la verità, ma anche in questo caso, per giungere
a quella equazione, alla «sua» verità, Herrera ha disposto ed eseguito tutto alla perfezione. A Mosca
Herrera ha compiuto il suo capolavoro. Un capolavoro che, bastano alcuni particolari, getta una luce
sinistra sulla farsa di Sunderland. Ricordate l’isolamento, la prigionia assurda dei nostri giocatori in
Inghilterra? A Mosca alle 22 e 30 minuti di martedì, la notte prima cioè della partita, tutta l’Inter era
al Palazzo dei Congressi, sparsa tra i seicento italiani arrivati per il match e tutti presenti al favoloso
balletto « il Lago del Cigni » con Gomulka, Breznev e Kossighin in galleria. Alle 22 e 30!
Ricordate le povere, tremule conferenze stampa di Fabbri? Herrera ha spopolato a Mosca non
commettendo nessuna gaffe e alla fine è stato omaggiato dalla stampa sovietica come un capo-
delegazione satellite! Ricordate le incertezze sulla formazione azzurra a Durham, i foglietti semi-
anonimi che arrivavano sul tavolo di Fabbri? Herrera stava provando la formazione da quindici
giorni: chi giocava lo sapeva da quindici giorni! (Me lo ha confessato proprio l’escluso numero 1
Vinicio). Ricordate le gambe molli al Roker Park? Sia a San Siro che a Mosca l’Inter alla fine
correva di più. Ricordate le elucubrazioni tattiche di Fabbri fluidificante? Jair centravanti, Mazzola
centrocampista o quasi, Guarneri-Burgnich al centro dell’area per il gioco di testa: Herrera ha
raggiunto anche una elasticità tattica che molti gli negavano. A Mosca insomma l’Inter di Herrera
ha battuto la Nazionale di Fabbri e tutte le nazionali improvvisate. Questo va ricordato. E una cosa
ancora, last but not last. Ricordate i patteggiamenti per i premi a Durham, i discorsi fasulli per cari-
care i giocatori (confessati da Franchi)? A Mosca, prima della partita, ai giocatori ha parlato Angelo
Moratti. Ha esordito così: « Chi non se la sente di soffrire lo dica ora: resterà in tribuna! » Così ha
esordito Moratti. E quando, alla fine, Moratti ha parlato di « svolta di Mosca » non faceva un

discorso vago. L’Inter sta ora pensando a Vasas di Budapest, ma alla eliminazione della Torpedo
non è arrivata per caso. E’ stato un obbiettivo polemico fortemente voluto. Le conseguenze ovvie
debbono trarle gli altri. Il pubblico preso per il naso in Inghilterra non ha dimenticato che giocatori
come Picchi, Sarti, Corso e Riva sono stati « scartati ». Non ha dimenticato che giocatori come
Rizzo e Juliano non stati usati nemmeno in casi di estrema necessità. La gente non ha dimenticato
che giocatori di rendimento medio eccezionale non si reggevano in piedi. E che tutti, fatti salvi
Burgnich e Bulgarelli, forse non sapevano nemmeno di essere ai mondiali tanta era la
deconcentrazione generale. La gente non ha dimenticato nemmeno che, in tanta mediocrità, si è
trovato perfino il tempo di parlare di « trattamento economico ». La cavia-Torpedo è servita, si
spera, a far ricordare.

“Herrera ha sbagliato”

LISBONA. Eusebio ha assistito in silenzio al dramma dell’Inter. In caso di vittoria sarebbe sceso
negli spogliatoi a trovare l’Inter. Invece se ne è andato quasi subito, scuro in volto. « Il Celtic — ha
commentato brevemente — ha certamente meritato la vittoria, ma l’Inter gli ha dato una mano.
L’Inter di una volta, quel gol su rigore di Mazzola lo avrebbe difeso in ben altra maniera. In
contropiede, poi, sarebbe certamente andata ancora in rete. Forse questa volta Herrera ha davvero
sbagliato tattica: ha avuto troppa paura. E con la paura non si può vincere la Coppa dei Campioni.
Mi dispiace, però. Io, all’Inter ci sono affezionato! Nelle foto vediamo Eusebio col nostro inviato
Giorgio Lago (accanto al titolo), con la moglie Flora sulla spiaggia, dal barbiere e mentre mostra al
fotografo di Supersport la « Scarpa d’oro », un riconoscimento tributatogli recentemente in
Portogallo.