1968 aprile 21 Azzurri semifinalisti in Coppa Europa
1968 aprile 21 (Il Gazzettino)
Con un gol per tempo eliminata a Napoli la tenace Bulgaria
Azzurri semifinalisti in Coppa Europa
Dopo la prodezza del solito Prati punizione-bomba di Domenghini
La rete milanista ha aperto quasi subito la strada al successo ma non ha propiziato un
soddisfacente gioco da parte degli italiani che hanno comunque fornito un’altra prova di
carattere – Una spaccatura all’attacco – Più squadra la Bulgaria –Urss o Ungheria prossimi
avversari
Italia-Bulgaria 2-0
MARCATORI: 1.t.: 14′ Prati; 2.t.: 10′ Domenghini.
ITALIA: Zoff, Burgnich, Facchetti, Ferrini, Guarneri, Castano, Domenghini, Juliano, Mazzola,
Rivera, Prati.
BULGARIA: Simeonov, Scialamanov, Dimitrov, Gaganelov, Penev, Zecev, Popov, Bonev,
Asparukov, Jakimov, Dermendiev.
ARBITRO: Dienst (Svizzera)
NOTE : Giornata di sole. Spettatori 90.000, paganti 86.000, per un incasso-record di 142 milioni
(più 15 pagati dalla Tv per la ripresa). Incidenti: al 20′ del 2.t.: Castano atterra Popov che riporta
una forte contusione e vasto ematoma alla gamba destra, rimanendo menomato per il resto
dell’incontro. Angoli 3 a 3.
(DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE)
Napoli, 20 aprile
L’Italia è semifinalista di Coppa Europa. Sommando i due risultati, di Sofia e di Napoli, ha
eliminato la Bulgaria per quattro a tre. Adesso deve aspettare i risultati del 4 e 11 maggio, per
conoscere il suo avversario: o la Russia o l’Ungheria. E’ un risultato di grande prestigio, al quale da
molto tempo il curriculum azzurro sembrava assolutamente negato.
L’Italia a Napoli partiva da meno 1. Un gol, uno soltanto le sarebbe bastato per andare allo
spareggio di Parigi. Ha dribblato anche questo, ma la vittoria non è lo specchio di un incontro
facile.
Il due a zero, a nostro avviso, è perfino eccessivo. Da ciò che si è visto, a noi sembra che una
vittoria di misura dell’Italia, e quindi lo spareggio a Parigi, avrebbero sicuramente aderito
maggiormente alla graduatoria dei valori. Sul piano del gioco collettivo, dell’impostazione, la
Bulgaria è anzi sembrata più squadra della nostra. Più organizzata, anche se meno aggressiva;
dotata di una manovra meno avventurosa e occasionale di quella espressa dai nostri giocatori.
Quando la squadra di Asparukov ha lasciato il campo in fila indiana, c’era nel pubblico la gioia
illimitata di chi ha ottenuto un risultato sofferto, ma anche la sensazione che forse avevamo ottenuto
un « qualcosa in più ».
Valcareggi ha confessato alla fine che dieci minuti prima dell’inizio della partita, i nostri
giocatori erano in preda ad un nervosismo che superava il livello di guardia. Si riassumeva in questa
situazione un complesso di elementi, ma soprattutto il terrore di non farcela e di confermare la
lunga teoria di risultati negativi in appuntamenti che valgono qualcosa.
Per annullare questo nervosismo, questo terrore, era necessario che l’Italia riuscisse in una
operazione decisiva: andare in vantaggio subito o quasi. Riuscire insomma a « trasformare » il
previsto forcing iniziale: l’unica vera arma italiana in condizioni ambientali ideali, dal momento che
il pubblico napoletano, dopo aver fatto una prova generale con colossali petardi, si è letteralmente
scatenato nei primi minuti. I più importanti.
La miccia è stata un dribbling sensazionale di Mazzola, dopo due minuti: sembrava che fosse
concepito apposta a scopo propagandistico. L’urlo era battente e continuo. Dopo 60″ ancora Prati
scagliava un sinistro di assaggio; ma i bulgari, che si rendevano perfettamente conto di dover
superare questa specie di handicap iniziale, erano tatticamente e agonisticamente pronti. Con
Dermendiev e Asparukov riuscirono anche a dare un po’ di respiro alla difesa. All’Italia serviva
un’invenzione, un numero che uscisse dalla routine e dalla logica per vincere un duello che, sul
piano del gioco, era tutt’altro che vinto.
Jakimov, tutto spostato sulla sinistra, stava Facchetti che non aveva un’ala da mancare dal
momento che il numero undici Dermendiev era retrocesso a centro campo. In questo settore dunque
i due marcati erano i due cervelli. Le mezz’ali di spola effettiva si tenevano rigorosamente in zona:
Dermendiev-Juliano e Ferrini-Bonev non erano costanti, ma in continua variazione. Su questi
quattro uomini, a seconda che l’azione fosse in mano agli italiani o ai bulgari, interferivano tanto
Jakimov quanto Rivera.
Un centro campo dunque molto intasato, con posizioni rigorose, come quella di Ferrini tanto per
fare l’esempio più lampante, che non è quasi mai avanzato e quando, rarissimamente l’ha fatto, è
rientrato in zona con rapidità.
I bulgari, avevano due punte: l’asso Asparukov e l’ala destra Popov, entusiasmante nei suoi rush
prolungati a doppia marcia sui quali Burgnich era quasi sempre in difficoltà. I bulgari avevano
rinunciato a Zekov e Kotkov, inserendo un libero di grande esperienza dietro (il trentatreenne
Dimitrov) e il centrocampista Bonev (numero otto) che rientrava dopo mesi di assenza per un grave
infortunio. A nostro avviso i bulgari hanno sbagliato a rinunciare a due punte contemporaneamente:
con l’ottimo Kotkov di Sofia forse i nostri problemi si sarebbero aggravati.
Dopo il sensazionale vantaggio di Prati e l’evidente rilassamento nervoso degli azzurri, la
mancanza di una terza punta si fece sentire per i nostri avversari. Ciò nonostante, dopo una lunga
pausa generale di venti-venticinque minuti, alla fine del primo tempo ci fu un lampo offensivo,
distribuito alla pari. 1) Bonev sulla destra smarca a Popov sul dischetto del rigore, ma l’ala destra,
con un attimo di riflessione in più, non riesce a girare in gol; 2) su punizione, Prati scaglia una
autentica sassata, violentissima: la palla colpisce il portiere che respinge d’istinto, senza rendersi
ben conto; 3) Rivera sulla destra lancia in corridoio Domenghini che calcia malissimo a otto metri
dalla porta; 4) Asparukov riceve una palla alta da Gaganelov: la fa, rimbalzare sul petto e di sinistro
colpisce al volo; Zoff alza da campione sopra la traversa l’esecuzione-capolavoro. Queste quattro
azioni, dal 40′ al 44′.
All’Italia, a questo punto, è riuscita la cosa più difficile, quella del vantaggio iniziale con una
prodezza, ma non riesce, su quel vantaggio a costruire un gioco offensivo. Domenghini e Mazzola
scambiano tra loro. Rivera e Prati pure: ma fra i quattro non c’è molta intesa. E spesso non « si
vedono ». Alle loro spalle, Ferrini è ordinato, ma senza spinta offensiva, mentre Juliano accumula
un numero impressionante di chilometri, ma a testa bassa, senza aperture degne di questo nome.
Nel secondo tempo anche la stanchezza colpisce qualcuno: vediamo inciampare subito sulla
palla Jakimov e Domenghini, che però si riprenderà. Le e palle-gol si alternano, quasi alla pari,
anche nella ripresa. Al 6′ Popov (sempre lui) brucia tutti con uno scatto stupendo, entra in area ma
sbaglia la conclusione facile; al 7′ Prati va in gol sulla sinistra e il portiere lo blocca con un’uscita
suicida. I bulgari hanno un gioco più lineare; gli italiani, spinti dal pubblico, vivono di folate in
forcing.
C’è lo stesso equilibrio sostanziale del primo tempo. E’ un altro episodio particolare, un calcio di
punizione, che lo rompe per la seconda volta dando all’Italia la semifinale di Coppa Europa. Al 10′
l’arbitro (sempre più di casa col trascorrere dei minuti) fischia il gioco pericoloso di Bonev su
Junano al limite dell’area. Barriera compatta e lontana: Rivera tocca a Domenghini che calcia un
destro-bomba, secondo costume; palo interno, tiro imparabile che schizza in gol. E’ il due a zero.
La Bulgaria vedeva sfuggire la semifinale. Dermendiev andava all’ala destra. Facchetti lasciava
Jakimov per marcarlo. In tre minuti di furore, Asparukov sparava tre volte a rete. Solo al 20′, su
azione Mazzola-Domenghini (in notevole crescendo) la reazione bulgara veniva interrotta, ma
Popov imperversava nonostante Burgnich. Su un inserimento velocissimo, Castano commetteva un
fallo da espulsione che, con un colpo al fianco e alla gamba, metteva Popov k.o. per il resto della
partita. Su questo episodio era praticamente concluso tutto.
L’Italia è in semifinale di Coppa Europa. Sul piano collettivo e anche individuale ha mostrato
scarso amalgama e incertezze. Ma ha un grande alibi che dà a questa giornata, un valore positivo:
tutti i giocatori sul piano agonistico hanno dato il loro maximum. In previsione di Urss o Ungheria,
ciò che rimane soprattutto di Napoli è questo.
Come hanno giocato gli italiani?
Il più bravo è stato Facchetti
Burgnich: una partita da dimenticare
(DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE)
Napoli, 20 aprile
Come hanno giocato gli azzurri?
ZOFF — Dicevamo che era un freddo, che la convocazione dell’ultima ora non l’avrebbe
impressionato. Giusto: lo ha confermato in campo. Soprattutto nelle uscite su un pivot di
eccezionale bravura e altezza come Asparukov non ha accusato incertezze. Tra i pali non è stato
impegnato se non allo scadere del primo tempo quando ha messo sopra la traversa un tiro forte e
improvviso del centravanti. Sarebbe potuto essere il pareggio prima di rientrare negli spogliatoi: il
momento peggiore, dunque.
BURGNICH — Il grande terzino ha giocato una partita da dimenticare. Popov, piccolo, veloce,
specialista nel tenere la palla sul fallo laterale, ha rischiato di rovinargli la reputazione. Troppe voli;
superato sullo scatto, si salvava con l’esperienza, con il mestiere e soprattutto con una serie quasi
ininterrotta di falli, non mai cattivi però.
FACCHETTI — La marcatura di Jakimov (durata 60′ Arca) gli ha concesso qualche divagazione
offensiva alla quale non era più abituato in Nazionale. La preoccupazione del contropiede di
Jakimov lo faceva però molto cauto nel lasciare la zona. Per funzionare come punta, Domenghini
avrebbe dovuto fargli da « velo » sulla destra: la zona era invece il più delle volte scoperta e quindi
Facchetti, più che per la conclusione in area, di testa, era disponibile come ala per il cross. Nel
secondo tempo, dopo il due a zero, ha marcato Dermendjiev. Il suo voto è un 8 pieno.
FERRINI — Si diceva: Bertini, con la sua spinta, era il mediano ideale per Napoli. Giocando
Ferrini, ci si aspettava una recita altrettanto decisa in questo ruolo. Ferrini invece solo dopo
trentasette minuti è avanzato piazzando un tiro. Ha mantenuto la posizione di distributore a piccolo
cabotaggio, con ordine e senso della posizione. Si è mantenuto in sostanza a interdire i
centrocampisti bulgari e a smistare i rilanci della difesa. Non è stato molto appariscente, ma
positivo.
GUARNERI Asparukov (lo ha dimostrato nella girata al 44′) è geniale oltre a possedere grandi
mezzi fisico-atletici. Guarneri lo ha tenuto lottando su ogni palla. Contrastandolo in elevazione, per
impedirgli l’invenzione acrobatica. Asparukov in un paio di occasioni avrebbe potuto segnare, ma
nel complesso non ha avuto spazio e ha cercato la libertà retrocedendo. Guarneri non ha sbagliato
dunque partita.
CASTANO — Molto atteso, molto osservato. Sicuro, autoritario, preciso. Non ha fatto
rimpiangere Picchi. Ha coperto bene il settore sinistro dove Burgnich non ce la faceva con Popov.
E’ proprio su quest’ultimo che il libero azzurro è stato protagonista dell’unico neo: un fallo brusco,
violento che, in trasferta, gli sarebbe probabilmente costata l’espulsione.
DOMENGHINI — Nel primo tempo ha girovagato senza molta misura ed equilibrio. Lasciava lo
spazio a destra (dove entravano raramente Rivera o Facchetti) ma non era pronto a inserirsi al
centro. Nel secondo tempo, dopo aver dato una prima sensazione di stanchezza, è uscito alla
distanza, in progressione. Ala destra vera, è stato il miglior attaccante nella ripresa. La punizione-
gol sul palo interno non l’avrebbe parata nemmeno Zamora.
JULIANO — In panchina c’era… Bulgarelli e molti pensavano a lui. Ha corso come un ossesso,
impegnandosi allo spasimo davanti al suo pubblico, ma non è riuscito a organizzare il centrocampo
né a dialogare con continuità con Rivera.
MAZZOLA — Aveva minimo due uomini, se non tre addosso. Penev, Dimitrov e un
centrocampista rientrante a turno. Non è in gran forma: basta osservare il fatto che non ha fatto un
solo tiro. Ma si è dimenato, entrando sempre, senza riserve mentali. Le sue cose migliori sono state
dei passaggi smarcanti per Domenghini sulla destra.
RIVERA — Per sessanta minuti ha dimenticato di essere Rivera giocando come un uomo
qualunque, senza preziosismi. Per trenta è stato Rivera con aperture che da sole mettevano in moto
la squadra. Tipico il lancio per Prati. A nostro avviso, è calato alla distanza e a volte, per cercare
sempre Prati, ha trascurato altre punte.
PRATI — Il gol antologico, tante difficile e raro. E poi? Una punizione tanto forte da essere
quasi invisibile per il portiere. Dice: se non avesse fatto gol… Ma se non avesse fatto gol,
rispondiamo, non sarebbe Prati. Ne vorremmo dieci in Italia come lui.