1969 ottobre 10 Nella “bomboniera” nervi ancora più saldi
1969 ottobre 10 (Il Gazzettino)
Nella « bomboniera » nervi ancora più saldi
L’equilibrio critico è conquista dura; applicato al football, durissima e forse impossibile. Il giudizio
di massa sull’Estudiantes appare esempio tipico. « Prima » della partita: se sono i campioni del
mondo in carica, se vinsero battendo il Manchester, vuol dire che il telaio è solido; poco palleggio,
tanti bulloni, trovate furbe, tattica senza barocco. « Dopo » la partita, cioè dopo il tre a zero di San
Siro: squadra lenta, picchiatori privi di tecnica, difesa allegra, eccetera. Fosse esatta la seconda tesi,
parrebbe logico il sospetto: allora, il Milan chi ha battuto, una squadra di brocchetti montati?!
San Siro ha offerto invece un’altra tesi: l’Estudiantes non è il Real, né il Santos né l’Inter della
leggenda mondiale; offre però un identikit preciso, di ottimo livello, dove soltanto la « licenza
d’uccidere » depone negativamente, soprattutto « per l’esportazione ». Mi pare esatto il giudizio
espresso a caldo, nell’urlo di San Siro, da Gualtiero Zanetti: « Giocatori (quelli dell’Estudiantes,
n.d.r.) atleticamente e tecnicamente dotatissimi ». Condannando più avanti il gioco intimidatorio
della squadra sudamericana, lo stesso Zanetti aggiunge: « Siamo convintissimi che se gli argentini
mirassero esclusivamente a giocare al calcio, sarebbero in vetta ai valori mondiali ».
Il Milan ha steso un avversario potente con tre knock-down tanto tempestivi che paiono usciti
non dal campo, ma da una tabella di marcia prevista alla lavagna, nei quieti pomeriggi della
campagna varesina, a Milanello. All’Estudiantes non è riuscito nulla, nulla per tentare il
contenimento della differenza-reti. Mi spiego:
1) Per qualsiasi trasferta del genere, programma minimo consiste nel neutralizzare il forcing
avversario nei primi venti minuti, periodo nel quale carica nervosa, freschezza atletica e spinta del
pubblico incidono al maximum. L’Estudiantes ha visto saltare il tema tattico, al quale era preparato,
dopo otto minuti;
2) l’Estudiantes era riuscito a riassorbire il disagio, anzi ricostruendosi a ragnatela, con maggiore
respiro offensivo. Fosse riuscito ad arrivare all’intervallo sull’uno a zero, l’allenatore Zubeltia non
avrebbe fatto una piega. Invece, secondo knock-down, quasi nel momento in cui stava suonando il
gong!, cioè al 45′. La « veronica » di Nestor Combin è stata in questo senso shoccante;
3) anche il terzo gol appare tempestivo, al momento giusto. Quando mancano soltanto venti
minuti alla fine del match, troppo poco per consentire all’Estudiantes di passare tutto dal catenaccio
al rilancio d’attacco; troppo poco anche perchè, a quel ritmo di combustione nervosa e atletica, gli
ultimi venti minuti imbastiscono muscoli e idee a tutti, persino a Rognoni, entrato in campo soltanto
dopo 65′ di gioco. Gol a parte, il Milan ha vinto, e meritato tutto il risultato, per nervi maturi, a
tensione esatta. Chi era spettatore in campo o chi ha televisto, pensi un attimo all’ipotesi: che cosa
sarebbe successo se il « Milan di Sormani » non avesse condizionato il « Milan di Rosato »? Se cioè
alla provocazione il Milan avesse risposto a bracciate, colpi di reazione, violenze sull’arbitro,
insulti? La partita non sarebbe finita e l’unico sconfitto era il Milan. Gli atleti sono Anquilletti, o
Sormani, o Burgnich, tanto per intenderci: gente dura, che cade, si rialza, entra con forza, vince non
sui polpacci ma sul terreno, senza reagire, senza subire mentalmente. Atleti non sono Rosato o
Poletti, giocatori capaci di un’antitesi di forza e basta, propensi piuttosto al piagnisteo con l’arbitro
o, quasi sempre, a fare giustizia da sé con entrate disarticolate, reattive, indisponenti.
E’ il Milan degli atleti (fra i quali non si è visto Gianni Rivera) che ha battuto l’Estudiantes. E
una squadra che non abbocca alla provocazione è sempre una grande squadra. In questo senso
anche l’arbitraggio di Roger Machin, un commissario dei pompieri di Digione, riflette logica. In
tribuna-stampa mi chiedevo se non fosse opportuna una espulsione dimostrativa. Non me la sento
però di essere tanto perentorio in questo senso perchè è impossibile prevedere quale piega avrebbe
preso il match una volta regalato agli argentini il pretesto del vittimismo (già al primo minuto
Aguirre Suarez, il più sinistro dei picchiatori, aveva cercato di « montare » il lancio di una
bottiglietta di plastica a qualche metro da lui). Machin si trovò subito davanti a una alternativa
difficile: colpire drasticamente o ammorbidire, fischiando tutto ma cercando di finire undici contro
undici. Smentito da Concetto Lo Bello per il quale era stato tutto regolare anche le gomitate in
bocca a Combin, l’arbitro Machin ha dichiarato nello spogliatoio: « Questo è rugby, non calcio »,
ma, tutto sommato, è riuscito a chiudere il match con il « minore dei mali ».
La Plata, città dell’Estudiantes, sta ad una cinquantina di chilometri da Buenos Aires: è città
costruita quasi tutta da italiani. Lo stadio è troppo piccolo per una finale mondiale e troppo
pericoloso: la recinzione con reticolati molto vicini al terreno di gioco. Perciò il retour-match di fine
ottobre si farà a Buenos Aires, nella « bomboniera » del Boca Juniors, una bomboniera che potrà
scoppiare in qualsiasi momento in mano a qualsiasi arbitro. La prova di forza morale del Milan
prevede ancora novanta minuti, perchè, se non accadrà un miracolo di ospitalità sportiva, a Buenos
Aires la rabbia per il mondiale perduto può essere capace di tutto.
Non dimentichiamo che gli Estudiantes sono bravi e ambiziosi e concentrano tutta la stagione
(dollari, prestigio, concorrenza interna, tournée) alla coppa intercontinentale: in campionato sono
ultimi e, in funzione-Milan, non hanno mai schierato la formazione titolare. Può succedere di tutto:
mi raccontava un giornalista argentino che, contro il National, Bilardo colpì violento tra le reni un
difensore in barriera provocandone lo spostamento: proprio nell’improvviso vuoto, passò il match-
ball su calcio di punizione! Capito? Per allora ci vorrà ancora l’abnegazione di Angelo Sormani, di
Prati, di Lodetti, di Anquilletti. Rivera che si scansa con la manina sull’anca forse aveva ragione (il
Milan ha bisogno delle sue gambe), ma è il Rivera che non convincerà mai e che, soprattutto, piace
all’avversario, Estudiantes o altri che sia.