1973 dicembre 12 L’eclisse, da Rocco a Lo Bello
1973 dicembre 12 – L’eclisse, da Rocco a Lo Bello
A Roma, la scorsa primavera, durante Lazio-Milan, Lo Bello puntò
il piede sinistro sul prato e l’indice verso una panchina: poteva
essere il Dio che caccia Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre;
poteva essere John Wayne che indica ai pionieri le frontiere del
West. Dall’altra parte del dito di Lo Bello sedeva Rocco: Nereo si
alzò dalla panchina e batté le mani: la sua era la rivolta del povero,
il soccorso al sarcasmo visto che il Potere stava tutto in quel
biblico dito dell’arbitro.
Da quel giorno di primavera sono passati soltanto pochi mesi. ma
è cambiato quasi tutto. Rocco dimentica il rasoio per 48 ore e
ripete: “Sono stanco. Tocca ai giovani”. Lo Bello porta capelli
sempre più grigi, occhiaie sempre più scure.
Rocco cercava il decimo scudetto del Milan e lo sente invece più
che mai lontano. Lo Bello aveva promesso: “Chiudo la carriera a
Monaco, con i Mondiali” e si ritrova sui margini della Can, pizzicato
dalla moviola, fisicamente rallentato, ironizzato da chi non gli ha
mai perdonato di essere “il migliore”, sia pure per un fischietto tra
le labbra.
Rocco e Lo Bello sono finalmente fratelli. Non un allenatore e un
arbitro, ma due grandi personaggi al crepuscolo. Non sono
superati perché né i 60 anni né i 50 cancellano intelligenza e
talento. Sono soltanto logori, appassiti. Ci stanno ancora a
“produrre” football: eppure non ne provano più gusto perché lo
stress da baraccone incanta e brucia, esalta e infastidisce,
affascina e dà noia.
Sembrano loro, Nereo e Concetto, un mezzo viennese e un
siciliano, ad essere gli unici in crisi. Sembrano loro, con stanche
pagelle tecniche di fine ’73, i personaggi più malinconici del giorno.
In fondo la crisi e la malinconia tocca invece soprattutto noi,
spettatori qualunque di una generazione che, nonostante
orgogliosi colpi d’ala, va verso la pensione. Una generazione che,
andandosene, lascia più sciatto il nostro interesse, il nostro tifo, il
nostro lavoro.
Rocco e Lo Bello non vanno ancora archiviati. Ma è certo che in
questi giorni esporrebbero volentieri alla loro porta: “Prego, non
disturbare”. Che qualcuno, sotto sotto, ne sia felice, dimostra
quanto meschino possa essere anche lo sport.